Il Fisco adocchia anche le prostitute

Enzo Carrella

La lotta all’evasione è una delle priorità del governo  Renzi  e sarà sicuramente per tale motivo, unitamente a quello di “rimpinguare i forzieri statali”, che nel mirino dell’Agenzia  delle entrare potrebbero finire  in tempi brevi anche  le prostitute . Interrogativo d’obbligo:  Come riuscire a fare emergere questi  redditi  nascosti  all’occhio vigile a attento del “marpione/fisco”? Esiste ed è gelosamente custodito negli archivi pubblici  una maxi schedatura  delle prostitute di borgo a Bologna che qualche anno fa  fu  stata scelta come città-pilota per  la stima di un  primo, vero e circostanziato  “inventario” delle donne dedite al mestiere più antico del mondo. Taccuino in mano, i carabinieri coinvolti  nel  maxi  controllo,  setacciarono ogni dove della città emiliana per censire le prostitute  e naturalmente  anche i loro guadagni  ( fingendosi, magari, per clienti/utilizzatori)  oscillanti  dai 300 a 500  euro a notte. Dopo  poche settimane da tale  blitz  iniziarono   a diffondersi e  sviluppare  delle vere e proprie schede  di sintesi  con  numeri  e “presumibili”  volumi di affari del   settore della prostituzione. Il business/industria del sesso è risultato, pertanto, “fotografato” imprenditorialmente e, naturalmente, contabilizzato nei dettagli: 70 mila prostitute mediamente presenti quotidianamente
nel nostro paese  per  “accogliere e soddisfare ”  circa  9 milioni di utilizzatori/ clienti  ad  un costo medio per prestazione di 50  euro.  L’ammontare del relativo  giro d’affari, sicuramente per difetto, secondo tale indagine, è attestato sui  100 milioni di euro al mese con una proiezione annuale che supera  di gran lunga il  miliardo di euro». Se al “monte/imponibile  reddituale  si applicasse  l’aliquota media  al 26 % il fisco intascherebbe  circa  260 milioni di euro annui. Hot/tax, tra  fantasia  e  realtà?   Per spiegare la  legittimità di tale reddito è necessario proseguire per steps . Iniziamo a  spolverare  il  sacro principio dell’ art 53 della nostra  costituzione , laddove è stabilito che …tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.  Rientrerebbero, gioco forza,  in tale perimetro anche le  prostitute e escort . Come ?    L’art. 14, comma 4, della legge n. 537/1993 , precisa che …Nelle categorie dei redditi di cui all’art 6 ( che enuclea le diverse tipologie di reddito, nda)  devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale.  Stabilito ciò  i relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria : per le prostitute si aprirebbero , pertanto, i naturali  scenari di applicazione   del reddito di  lavoro autonomo ( al  pari dei  medici, ingegneri, notai , commercialisti, giornalisti  ecc)  agganciandosi, pertanto,  proprio al  principio su citato del l’art. 53 Cost., ( Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività). Da segnalare che proprio nel recente passato sua Maestà Fisco  ha già “pizzicato” una ignota (all’anagrafe tributaria) ma intraprendente giovane russa risultata  proprietaria  di  una fiammante  Porsche e alcuni immobili   in Emilia Romagna.   La tesi  difensiva sostenuta dall’avvenente e formosa donna era quella di dichiararsi  (con non poco vanto) “  esperta escort” e per quanto tale i proventi che da tale attività risultava “introitare” non dovevano essere dichiarati perché ricadenti nel perimetro della loro piena  illiceità, al pari di pizzo e  tangenti  tanto per intenderci.  Più precisamente la ragazza, dimostrando di conoscere le leggi italiane (che vieta  la prostituzione e di riflesso i proventi da essa derivanti), aveva tentato di ribaltare la sentenza in suo favore, provando la sua attività di prostituta con tanto di sito internet e foto osé. Tesi non condivisa  dai giudici della Commissione Tributaria di Rimini che hanno confermato la riconducibilità  di tali “introiti” a quelli di  «lavoro autonomo»  richiedendo all’avvenente “madame russa”  tributi con sanzioni  e interessi  per tutte le annualità non prescritte. Se non c’è sfruttamento (che resta reato per nostro codice) -questa la massima-  chi vende il proprio corpo  lo fà in maniera «autonoma», contrattando liberamente i compensi (al pari delle  tariffe professionali) e quindi il conseguente reddito  va tassato. Da ciò, quindi, si desume che chiunque svolga prevalentemente e continuativamente  una  professione (come quella di escort)  ha l’obbligo di segnalarsi al Fisco ( attraverso la partita Iva) per tutti gli adempimenti  consequenziali (versamento tasse   all’erario) e adempimenti formali (rilascio ricevute/parcelle e scontrini). In quest’ultimo caso le violazioni  ( omissioni di rilascio delle prescritte certificazioni) coinvolgerebbero anche i committenti /clienti