Il naufragio di Renzi
Angelo Cennamo
Chissà se Francesco Schettino – fresco della lectio magistralis alla Sapienza – sia in grado anche di tranquillizzare i mercati internazionali dopo le dolenti note sul Pil italiano, diffuse dall’Istat proprio lo stesso giorno in cui abbiamo appreso la notizia della sua clamorosa performance nell’ateneo romano. Il panico è uno stato d’animo che genera angoscia, terrore, e la metafora del transatlantico che affonda tra i flutti dopo aver impattato lo scoglio ricorre spesso nella letteratura economica di questi anni, fatta anche di baratri e precipizi, oltre che di abissi oceanici o di mari meno esotici come quello del Giglio. Schettino ha gestito il panico scendendo dalla nave, Renzi la nave non la molla e chiede 1000 giorni per invertire la rotta. #cambiaverso è stato l’hashtag che ha accompagnato la sua lunga campagna elettorale dalle primarie del Pd alla scalata di palazzo Chigi. Prima di varcare quella soglia, il sindaco di Firenze era riuscito ad affermarsi per il suo stile fresco ed innovativo, fatto di slide e twitter e di una buona dose di cinismo. Renzi ha rivoluzionato lo schema della sinistra trasformando il Pd in una squadra, più o meno coesa, al servizio di se stesso, secondo la logica berlusconiana del partito padronale che D’Alema e compagni hanno sempre criticato. Quella dell’uomo solo al comando, per la sinistra, è un’esperienza nuova, che disorienta, ma si è rivelata vincente. Almeno fino ad oggi. Il patto del Nazareno, stretto a doppia mandata con il Cavaliere, sembra reggere agli scossoni più duri. Quello sì che potrebbe andare in porto. Ma le sorti di un governo si decidono altrove e i segnali che giungono dall’Istat non sono affatto incoraggianti. L’Italia, scrivono i giornali, è tornata in recessione. La verità è che l’Italia, dalla recessione, non è mai uscita dal gennaio del 2012 ( premier Mario Monti). Da allora abbiamo assistito ad un susseguirsi di decreti salva-Italia, risorgi-Italia, riprenditi-Italia, e ad una frenetica attività legislativa che non ha fatto altro che aumentare la spesa, la pressione fiscale e generare altro debito. Se diamo un’occhiata ai dati macroeconomici del 2011 ( governo Berlusconi – ultimo esecutivo eletto dagli italiani) ci accorgiamo che le condizioni del Paese allora non erano certamente favolose, ma il pil – nonostante tutto – era preceduto dal segno più, il debito contenuto sotto il 130% (oggi è al 135%) e la disoccupazione al 8,5% ( al di sotto della media europea del 9% – oggi è al 12,7%). Qualcuno eccepirà che lo spread in quelle settimane di trepidazione era salito alle stelle, ignorando tuttavia che fino al mese di giugno il differenziale tra bund tedeschi e btp viaggiava intorno ai 200 punti, e che l’impennata di novembre era scaturita essenzialmente da una serie di complotti nazionali ed esteri, solo successivamente resi di dominio pubblico grazie al revisionismo di alcuni autori (Friedman, Bini-Smaghi, Geithner e Zapatero). Insomma, verrebbe da dire : stavamo meglio quando stavamo peggio, ma si tratterebbe di una magra consolazione. Renzi fino ad oggi ha navigato nella bonaccia delle sue promesse vacue e dei suoi imperiosi progetti costituzionali ( anche quelli discutibili) avallati da Berlusconi. Ma adesso le acque si stanno agitando, il mare comincia a farsi grosso. Ce la farà il giovane premier ad invertire la rotta del suo transatlantico senza farsi prendere dal panico? Schettino, si tenga pronto. foto tgLa7.it
Chissà se Francesco Schettino – fresco della lectio magistralis alla Sapienza – sia in grado anche di tranquillizzare i mercati internazionali dopo le dolenti note sul Pil italiano, diffuse dall’Istat proprio lo stesso giorno in cui abbiamo appreso la notizia della sua clamorosa performance nell’ateneo romano. Il panico è uno stato d’animo che genera angoscia, terrore, e la metafora del transatlantico che affonda tra i flutti dopo aver impattato lo scoglio ricorre spesso nella letteratura economica di questi anni, fatta anche di baratri e precipizi, oltre che di abissi oceanici o di mari meno esotici come quello del Giglio. Schettino ha gestito il panico scendendo dalla nave, Renzi la nave non la molla e chiede 1000 giorni per invertire la rotta. #cambiaverso è stato l’hashtag che ha accompagnato la sua lunga campagna elettorale dalle primarie del Pd alla scalata di palazzo Chigi. Prima di varcare quella soglia, il sindaco di Firenze era riuscito ad affermarsi per il suo stile fresco ed innovativo, fatto di slide e twitter e di una buona dose di cinismo. Renzi ha rivoluzionato lo schema della sinistra trasformando il Pd in una squadra, più o meno coesa, al servizio di se stesso, secondo la logica berlusconiana del partito padronale che D’Alema e compagni hanno sempre criticato. Quella dell’uomo solo al comando, per la sinistra, è un’esperienza nuova, che disorienta, ma si è rivelata vincente. Almeno fino ad oggi. Il patto del Nazareno, stretto a doppia mandata con il Cavaliere, sembra reggere agli scossoni più duri. Quello sì che potrebbe andare in porto. Ma le sorti di un governo si decidono altrove e i segnali che giungono dall’Istat non sono affatto incoraggianti. L’Italia, scrivono i giornali, è tornata in recessione. La verità è che l’Italia, dalla recessione, non è mai uscita dal gennaio del 2012 ( premier Mario Monti). Da allora abbiamo assistito ad un susseguirsi di decreti salva-Italia, risorgi-Italia, riprenditi-Italia, e ad una frenetica attività legislativa che non ha fatto altro che aumentare la spesa, la pressione fiscale e generare altro debito. Se diamo un’occhiata ai dati macroeconomici del 2011 ( governo Berlusconi – ultimo esecutivo eletto dagli italiani) ci accorgiamo che le condizioni del Paese allora non erano certamente favolose, ma il pil – nonostante tutto – era preceduto dal segno più, il debito contenuto sotto il 130% (oggi è al 135%) e la disoccupazione al 8,5% ( al di sotto della media europea del 9% – oggi è al 12,7%). Qualcuno eccepirà che lo spread in quelle settimane di trepidazione era salito alle stelle, ignorando tuttavia che fino al mese di giugno il differenziale tra bund tedeschi e btp viaggiava intorno ai 200 punti, e che l’impennata di novembre era scaturita essenzialmente da una serie di complotti nazionali ed esteri, solo successivamente resi di dominio pubblico grazie al revisionismo di alcuni autori (Friedman, Bini-Smaghi, Geithner e Zapatero). Insomma, verrebbe da dire : stavamo meglio quando stavamo peggio, ma si tratterebbe di una magra consolazione. Renzi fino ad oggi ha navigato nella bonaccia delle sue promesse vacue e dei suoi imperiosi progetti costituzionali ( anche quelli discutibili) avallati da Berlusconi. Ma adesso le acque si stanno agitando, il mare comincia a farsi grosso. Ce la farà il giovane premier ad invertire la rotta del suo transatlantico senza farsi prendere dal panico? Schettino, si tenga pronto. foto tgLa7.it