L’Italia dal malessere infinito
Giuseppe Lembo
A ben considerare gli scenari italiani, l’unico settore che per lungo tempo ha vissuto al di sopra delle proprie risorse è quello pubblico; non altrettanto le famiglie e le imprese che, molto parsimoniosamente hanno sempre risparmiato accumulando ricchezza che ancora oggi riesce, anche se tra mille difficoltà, a tenere in piedi una barca che ormai sta inevitabilmente affondando. A ben considerare le condizioni italiane bisogna riconoscere i tanti vizi pubblici, per niente compensati da altrettante virtù né pubbliche e tanto meno private. Il settore pubblico italiano ha costantemente assorbito più risorse di quante ne abbia concretamente prodotte; con un fare assolutamente poco virtuoso, si è costantemente allargato, spendendo molto di più di quanto prodotto. Un fare poco saggio che ci ha consegnato e va consegnando soprattutto al futuro italiano, un’Italia in forte crisi da cui non è per niente facile uscirne, risalendo la china, così come sperano in tanti, o ritrovando il giusto e saggio cammino di un popolo che non vuole assolutamente morire di presente. Il male, il primo grave male italiano, è dato dall’indebitamento pubblico. Occorre necessariamente ridurne il peso; è un’emergenza vitale; tanto, per non morire. Tanto, per salvare dal disastro questo nostro malcapitato Paese. Il debito pubblico pesa sulle nostre spalle; è un peso assolutamente insostenibile; ricade interamente sulle famiglie e sulle imprese. Nel nostro Paese abbiamo avuto, da una parte, il mondo virtuoso delle famiglie e delle imprese che hanno saputo risparmiare accumulando ricchezza; dall’altra, l’insaziabile domanda di risorse da spendere, da parte di un settore pubblico, in crescente ed inarrestabile espansione di spesa; una spesa che è cresciuta sempre di più ed è ormai assolutamente insostenibile, in quanto fuori controllo e non garantita da entrate certe. Una spesa fatta sempre più spesso di sprechi e di ruberie. Prima di tutto occorre cambiare le tante cose che non vanno; occorre riformare l’insieme del sistema Italia, purtroppo bloccato ed assolutamente incapace di dare quella spinta vitale per fare funzionare le istituzioni ed il rapporto con i cittadini, un rapporto che si è ormai logorato; che così spento com’è, non esiste più e non porterà assolutamente da nessuna parte. Occorre, prima di tutto, riformare il sistema politico, poco credibile ed assolutamente poco capace di pensare al futuro italiano. Insieme alla politica occorre riformare la pubblica amministrazione fatta di un apparato elefantiaco che chiede sempre maggiori risorse ai cittadini ormai con il culo per terra, senza garantire, come si conviene, i servizi di cui necessita il sistema Paese, non tanto per vivere una vita di qualità, ma almeno per sopravvivere nella dignità umana che di diritto appartiene o meglio dovrebbe appartenere, a tutti gli uomini della Terra, ridotti sempre più, come da noi, dei senza diritti. Occorre riformare la scuola affinché diventi un centro di sapere capace di produrre cultura e conoscenza; tanto per migliorare le condizioni dell’essere, purtroppo offuscato da un sempre più invadente apparire per i cittadini italiani, ridotti a sudditi o peggio ancora a veri e propri schiavi di un sistema che gira intorno a se stesso ed ha come nuovo obiettivo solo quello di alimentare i consumi, facendo falsamente credere che, quanto più si consuma più si è; più si appare e si dà visibilità al proprio vivere terreno, più si è felice del proprio vivere così. Occorre, per cambiare l’Italia che ormai non funziona più, dare un significato vero alla giustizia, da intendere esclusivamente come diritto a tutela dei cittadini che devono sapere e potere credere nel sistema giudiziario, un sistema che deve avere come unico obiettivo quello della legge uguale per tutti e della sovranità del popolo di fronte alla legge. Occorre ridare fiato ad un’economia che deve avere per obiettivo dichiarato la crescita del Paese e prima di tutto il lavoro a chi non ce l’ha, preoccupandosi prioritariamente dei giovani, un mondo di traditi che non crede più a niente; che non crede neppure nella speranza di un futuro possibile, da sempre e solo falsamente promesso. Occorre all’Italia una sana politica che deve pensare a garantire il futuro del Paese, liberandolo, prima di tutto, dai suoi gravi mali di un presente che ha in sé, tutte le negatività umanamente possibili che sono in forte contrasto con gli interessi di lungo periodo del Paese.
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