Maiori: “Approdi e naufragi” ricorda alluvione ’54
L’Assessorato alla Cultura del Comune di Maiori, guidato da Mario Piscopo, organizza un’intensa duegiorni per venerdì 24 ottobre e sabato 25 ottobre prossimi per ricordare rispettivamente il LX anniversario dell’alluvione del 1954 e per l’inaugurazione della mostra “Approdi e Naufragi – La costruzione dello sguardo per artisti tra il XX e il XXI secolo”. Il convegno, in programma, venerdì 24 ottobre, alle ore 17.00 – moderato da Sigismondo Nastri – dopo un filmato ed una mostra fotografica delle scene disastrose dell’alluvione del 1954, si apre con l’inquadramento storico a cura di Donato Sarno, Presidente dell’Associazione La Feluca. Seguiranno gli interventi di Aldo Cinque, già ordinario di geomorfologia dell’Università degli Studi Federico II di Napoli; di Giuseppe Foscari, ordinario di Storia dell’Europa, dell’Università di Salerno e di Grazia Francescato, giornalista e scrittrice. Le conclusioni sulle problematiche connesse al rischio idrogeologico ed alla sua prevenzione sono affidate all’Assessore Regionale alla Protezione Civile, Edoardo Cosenza. Dopo una messa solenne in onore dei caduti, domenica 26 ottobre sarà deposta una corona di alloro ai piedi della lapide, posta nell’androne di Palazzo Mezzacapo, che ricorda le 37 persone decedute in occasione dell’alluvione di 60 anni orsono. Sabato 25 ottobre, alle ore 18.00, presso le sale di Palazzo Mezzacapo, è prevista l’inaugurazione dell’interessante mostra “Approdi e Naufragi”, ideata da Raffaele D’Andria e Marco Alfano e realizzata in collaborazione con la Provincia di Salerno. Non v’è dubbio infatti che la Costa d’Amalfi, la complessa e stretta trama dell’immaginario che ne segna il profilo e lo ha reso tra i territori più fertili della mitologia moderna, sia stato fonte d’ispirazione, meta di viaggio, “luogo” magico dove la cultura artistica europea ha affinato le sue ragioni ed identità. È possibile dunque seguire lo sviluppo di questo immaginario disegnando una possibile fenomenologia di “approdi e naufragi”: di esperienze, di incontri, di scoperte, ma anche di segni, di colori, suggeriti da un territorio fertile di memorie immaginative, che da Vietri sul Mare giunge alle assolate spiagge di Positano, dall’antico approdo di Maiori alle ville di Ravello, e tramite il passo di Chiunzi, si spinge fino ai territori vesuviani. Il tema centrale è la “formazione” (Bildung) dello “sguardo” degli artisti di fronte al “visibile”, al sorprendente scenario della Costa, intendendo quest’ultimo quale intreccio inscindibile tra i valori dell’ambiente “naturale” e quelli segnati dall’intervento umano; “spazio”, peraltro, non solo descritto, “narrato” nei caratteri esteriori, piuttosto pensato, o meglio “intuito” anche nella struttura interna, “invisibile”. L’itinerario espositivo si apre con le tracce “moderniste” che affiorano sulla Costa già nella prima metà del XX secolo: dalle declinazioni postimpressioniste di Antonio Ferrigno e Luigi Paolillo, alla “facile” rapidità coloristica di Luca Albino, ai paesaggi “verticali” di Manfredi Nicoletti e Guido Gambone, fino all’espressività arroventata di un Giovanni Zagoruiko; prova a rileggere la ceramica del “periodo tedesco”, con le opere di Richard Dölker e Irene Kowaliska, riconsiderandone il debito nei confronti delle faenzere vietresi, ad altri protagonisti quali Guido Gambone, Salvatore e Giosué Procida, Giovannino Carrano. Il campo d’indagine si è esteso nel considerare tangenze e coincidenze con l’arte attuale, focalizzando l’attenzione sugli artisti operanti negli ultimi quarant’anni: dalla multiforme esperienza creativa (è tornato a scriverne nel catalogo Pasquale Persico) di Ugo Marano – al quale non solo la mostra è dedicata, ma del cui spirito utopico-immaginativo è profondamente intrisa – all’esperienza dei Vasai di Cetara, dalla “divina” vasaia Monica Amendola, scomparsa prima del suo Maestro, a Sergio Scognamiglio; dai maestri “storici” Enzo Caruso e Salvatore Autuori all’ “artigiano-artista” Lucio Liguori ai più giovani Federica D’Ambrosio e Pierfrancesco Solimene. La mostra ha inteso scorgere una continuità nelle ricerche “ambientali”, anche negli attuali intenti poetici, in artisti di quella generazione che inizia sulla metà degli anni Settanta, come Antonio Davide e Giuseppe Rescigno, che formarono con Marano, su sollecitazione di Enrico Crispolti, il Gruppo Salerno 75: una delle formazioni artistiche italiane che ebbe maggiore fortuna a livello europeo tra gli anni Settanta e Ottanta. L’indagine ha dunque rivolto l’attenzione, avvalendosi della rigorosa lettura di Massimo Tartaglione, a quei territori di “transito” che dal margine settentrionale dei Monti Lattari, si precipita fino ai paesi vesuviani, con un protagonista dell’arte italiana quale Angelo Casciello, e Raffaele Sicignano, anche quest’ultimo formatosi sulla traccia dell’Officina di Scafati. Il percorso si è arricchito delle opere di altri artisti salernitani, nei quali s’intravede un più ricco confronto tra versanti linguistici diversificati: dalla ricerca pittorica di Lucio Afeltra e Vincenzo Ruocco alla sperimentazione grafica di Francesca Poto e del giovane Bonaventura Giordano, alle fotografie di Michele Calocero e Nicola Guarini. La coincidenza della mostra Approdi e naufragi con il 60° anniversario dell’alluvione del ’54, ha determinato le condizioni per un serrato dialogo che ha coinvolto il Comune di Maiori, quale committente, curatori ed alcuni artisti, in tre progetti site-specific, anche in vista dell’entusiasmante progetto culturale, di grande coraggio politico, di candidare il piano nobile di Palazzo Mezzacapo quale sede di un costituendo Museo Regionale d’Arte Mediterranea: dalla monumentale e straordinaria “vela dipinta” da Paolo Bini nel Salone degli Affreschi, alla videoinstallazione, dal titolo Mare nostrum, di Pier Paolo Patti, fino all’ambiente multimediale Maelstom (Maiori 54), firmata da Pasquale Napolitano, introdotta in catalogo da un’attenta riflessione socio-antropologica di Maria D’Ambrosio. La mostra si chiude con alcuni “nuovi approdi” di alcuni artisti stranieri che hanno scelto quale proprio punto di osservazione questo lembo meridionale d’Europa: dalle ceramiche della finlandese Leena Lehto e dell’iraniana Sharareh Shimi alla ricerche socio-ambientali della brasiliana Lìvia Moura.
Avevo tre anni,la notte dell’alluvione a Maiori. Vivevo con la mia famiglia, nei locali della caserma della Guardia di Finanza, attigui alla chiesa di S. Francesco, perchè mio padre era il comandante della caserma suddetta. Rivivo quella notte, come se fosse accaduto appena ieri.Ricordo che mentre dormivo, mia madre mi prese dal letto dove dormivo e mi portò al piano di sopra,forse per maggior sicurezza, avvertii la paura negli occhi degli adulti e la “paura” pervase anche me. Sentivo il rimombo del mare, fulmini, tuoni e una pioggia fortissima, sembrava che tutto stesse per venire giù. La mattina, con il chiarore della luce lo “spettacolo” fu allucinante: il mare azzurro e luccicante, era color cioccolata, pieno di animali morti, alberi, mobili e vettovaglie,insomma c’era purtroppo di tutto, forse anche poveri uomini o donne, trasinati dalla tremenda alluvione. E’ un ricordo indelebile ,perchè il mare, tanto amato dalla “bimba”, non lo vedevo più come amico, compagno di giochi, ma come un “mostro cattivo”.Maiori è nel mio cuore e lo resterà per sempre, con i ricordi brutti di quella notte,e viceversa con tantissimi belli, pieni di sole, del colore smeraldino del mare, con la mamma che mi portava per mano,le passeggiate sul lungomare e il gelatino al limone da dieci lire, mangiato al bar con tutta la famiglia.Spesso, quando posso, vengo a Maiori, sulla mia costiera, per respirare i luoghi dell’infanzia e ritrovare la bimba felice di un tempo.