L’orrore quotidiano
Giovanna Rezzoagli « L’orrore che molti provano oggi all’idea di costringere altri esseri umani a lavorare sotto lo schiocco della frusta, come un tempo era costume in molte parti del mondo, è un orrore sincero, e un ritorno a quella pratica, nelle attuali condizioni sociali, non sarebbe mai approvato; ma non si prova alcun orrore all’idea di costringere un cavallo a lavorare a colpi di frusta, spettacolo a cui, anche in quest’epoca illuminata, si assiste in tutto il mondo civilizzato. Solo quando la fustigazione del cavallo-schiavo sarà universalmente e risolutamente messa al bando come quella dell’uomo-schiavo si potrà dire che la società sta davvero iniziando ad accorgersi di cosa realmente la crudeltà implichi, e qualche speranza della sua definitiva scomparsa sarà concepibile. »George Riley Scott. Lo storico e medievista Scott, autore di un libro dai contenuti molto crudi intitolato “Storia della tortura”, esprime nel proprio pensiero alcuni concetti meritevoli di riflessione. Egli parla di epoca illuminata e di mondo civilizzato, sottolineando una stridente incongruenza nel vivere quotidiano dell’uomo moderno. E’ vero che oggi molti, non tutti, proverebbero orrore di fronte ad evidenti maltrattamenti nei confronti di un proprio simile, almeno in un contesto pubblico. La schiavitù esiste ancora in molte zone del mondo e costituiva una pratica socialmente accettata sino a circa due secoli or sono anche nell’occidente. Può cambiare la natura umana in così poco tempo? La psicologia sociale ha dimostrato, attraverso numerosi esperimenti, che l’uomo agisce in modo differente se consapevole di essere osservato o meno. Egli tende a manifestare scarsa aggressività in contesto sociale, mentre può compiere gesti anche molto crudeli se ragionevolmente sicuro di non essere individuato o se può attribuire la responsabilità delle proprie azioni ad altri. Scott afferma che il maltrattamento di un cavallo non desta alcun sentimento di orrore nella nostra società. Possiamo generalizzare il concetto estendendolo a maltrattamento degli animali in genere. Può dunque esistere questa dicotomia nell’animo umano? Apparentemente esiste. La realtà può essere diversa. L’uomo medio è crudele. Non si preoccupa di nascondere questa incongruenza quando sa di non incorrere nella riprovazione sociale, altrimenti si ingegna per non essere individuato. Quanti sono i rispettabilissimi italiani che in patria godono di stima sociale e poi si concedono vacanze in luoghi ove violentare un bambino è facile come visitare un monumento? Quanti uomini che appaiono cortesi e gentili in pubblico, in famiglia si “trasformano” alzando le mani come se fosse un comportamento del tutto normale? Le statistiche dicono che purtroppo sono tanti. La crudeltà può dunque scomparire? Solo quando si estinguerà l’uomo? La mia personalissima risposta è: temo che sia così. Non tanto per pessimismo quanto per realismo. Troppa indifferenza al dolore altrui. Troppa accettazione e, forse rassegnazione, di fronte al male. Essendo da sempre pacifista convinta ed eticamente convinta che tutte le creature abbiano diritto alla vita e siano meritevoli di rispetto, più volte l’orrore che viene descritto da Scott lo ho condiviso profondamente e confesso di sentirmi spesso profondamente sola nel mio sentire.
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