Sud amaro
Giuseppe Lembo
Il Sud, il nostro grande maltrattato Sud d’Italia, unitamente a tutti i “disperati” Sud del mondo, vive silenziosamente le sue profonde disperazioni e le sue angosce che gli vengono regalate dagli uomini della sua Terra. Dagli uomini, senza differenza di genere, che si ostinano a farsi male, maltrattando la Terra del Sud ed il suo mondo antropico oggi in una condizione veramente triste; in una condizione sempre più triste, dove domina la solitudine ed una disperata indifferenza per l’altro verso cui non c’è alcuna umana attenzione. In questo Sud di povertà crescenti, di indifferenza e di una inarrestabile fuga biblica, per colpa dell’uomo, siamo di fronte ad un destino amaramente segnato. In questo Sud c’è l’angoscia della solitudine; c’è, soprattutto, l’angoscia della fuga che, in modo inarrestabile, va desertificando i territori abbandonati al loro triste destino di vuoto umano e di crescente fragilità e degrado. Di questo Sud, che ha tanto, ma veramente tanto, non capito e non opportunamente apprezzato dalla sua gente e soprattutto da chi governa da padre-padrone i territori, bisogna cambiarne il corso; tanto per evitarne la fine e farlo morire sena alcuna possibilità di resurrezione. Le peggiori angosce e le più gravi difficoltà umane del Sud sono il frutto di una rassegnazione dalle radici lontane; una rassegnazione antica che porta la gente del Sud al falso convincimento del “così è”, del “così deve essere” e del “non c’è niente da fare”.
Una vera e propria emergenza umana; un totale rifiuto di ogni possibilità di saper guardare con fiducia al domani; tanto, perché così si vuole; tanto, perché così deve essere.
Tanto perché un bene assolutamente necessario per tenere unita una società ammalata; una società insofferente a tutto; una società in forte ed accelerata disgregazione che non crede più a niente e che rassegnata, accetta da generazioni l’amaro destino dell’inevitabile fuga biblica.
Tanto, per non morire; tanto, come necessaria opportunità per guardare con fiducia al domani.
Chi può cambiare il destino amaro del Sud, facendo avverare anche i sogni di uomini e donne meridionali, soprattutto giovani, che ormai non credono più a niente? Il protagonismo di un nuovo Sud c’è o meglio, ci potrebbe essere. È, nell’uomo del Sud; nell’uomo del Sud che deve uscire dalla sua condizione dannata di solitudine e di indifferenza per gli altri. Questo, possibile protagonista meridionale, un “uno, nessuno o centomila” è l’UOMO del Sud che, liberandosi del fardello dell’indifferenza deve impegnarsi, lottando con tutte le forze possibili, per cambiare il suo destino ed il destino degli uomini del Sud, da sempre traditi da falsi profeti, capaci solo di promettere a parole il paradiso, che nei fatti concreti ha il volto amaro e sempre più dannato dell’inferno terreno, causa diffusa di tanta umana disperazione e sempre più spesso, anche di morte dei tanti che si arrendono e rinunciano alla vita, in quanto considerata inutile, perché impossibile da vivere.
Il primo maldestro responsabile dei mali del Sud, è l’uomo del Sud, con la sua indifferenza e la sua disponibilità alla sudditanza che esclude ogni possibile forma di protagonismo, si è disumanamente svenduto ai “potenti” del momento che lo hanno utilizzato abusandone, con il suo consenso silenzioso, per fare sporcamente ed unicamente gli affari propri, del tutto indifferenti ai problemi della gente ed ai diritti che sono così diventati “diritti negati”, negando così il futuro ad intere generazioni, vittime di insanabili tradimenti.
Oggi più che mai il Sud è indifferente alla classe dirigente del Paese; è cancellato completamente dalle agende di Governo; il mondo della politica, sempre più distratto sui problemi della gente, non ha idee ed una strategia possibile a medio ed a lungo periodo per affrontare, così come si conviene, la crisi del Sud, favorendone quello “sviluppo possibile” da sempre atteso, ma negato perché “così si vuole”; perché non è negli obiettivi del Paese Italia, essere finalmente un Paese unito, senza la storica divisione che viene da lontano e che si identifica nelle due o più Italie, con un Nord sviluppato, anche oggi dinamicamente in crescita ed un Sud sottosviluppato che continua a piangersi addosso ed a subire la pesante cappa di un crescente sottosviluppo che lo allontana dal mondo sviluppato, spingendolo e con forza, verso il terzomondismo di un sottosviluppo che rende disumanamente triste le condizioni della gente, costretta a scappare per non morire.
Il Sud è l’amara vergogna italiana. Continua nella sua corsa inarrestabile verso il declino.
Nel solo periodo 2001 – 2013 circa un milione di meridionali ha lasciato il Sud.
Il flusso emigratorio, una valvola di sfogo per mettere a tacere tutte le possibili tensioni meridionali, continuerà in modo inarrestabile la sua corsa, portando sempre più ed inevitabilmente, il Sud alla disperata frontiera del disastro annunciato; un disastro che nei prossimi cinquant’anni, vedrà tanti altri meridionali (ben cinque milioni), soprattutto giovani, partire dalla Terra dei padri, perché Terra di dolore e di sofferenza, sempre più negata al futuro possibile di chi si ostina a vivere nella disperata rassegnazione di sempre.
Mentre gli italiani del Sud cercano altrove pane e lavoro, in tante terre abbandonate, si assisterà ad una crescente ed inarrestabile pressione immigratoria che andrà a sostituire con altre razze, la razza italiana, in fuga per non morire.
I mali del Sud indifferenti ai poco saggi governanti di questo nostro malcapitato Paese, di fatto, in senso più generale, sono i mali d’Italia; rappresentano in sé il fallimento Italia, con una dualità che non giova all’insieme italiano, un insieme sempre più disunito e maldestramente rappresentato da una geografia umana e territoriale, a macchia di leopardo, dove alle zone sviluppate si alternano le tante zone profondamente sottosviluppate.
Quello che sta succedendo al Sud sa assolutamente di assurdo.
Siamo di fronte ad un fallimento di fatto e da tempo annunciato; un fallimento che coinvolgerà, tutto e tutti, facendo male, facendo tanto male, al Paese Italia, ormai ridotto a Repubblica delle banane, dove succede di tutto e di più.
Dove l’illecito, in modo ossessivo in tutto il Sud, è fortemente prevalente sul lecito; dove l’illegalità diffusa la fa sempre più da padrona sulla legalità, un frutto proibito del moribondo mondo meridionale, dove regna sovrana la sofferenza uomo-uomo ed uomo-natura-ambiente, tragicamente in crisi per effetto di un’umanità sempre più disumana.
Il Sud sta morendo soprattutto per colpa dell’uomo meridionale che, cammin facendo, ha rinunciato al suo responsabile ruolo di umanità, di socialità, di valori, di rispetto della Terra e dell’ambiente, con un suo uso-abusato da violenta aggressione, del tutto indifferenti al proprio dovere di custodi da usarla senza abusarne, per poi consegnarla al futuro, offrendola nelle mani dei propri figli per i propri nipoti e per tutti quelli che verranno.
Quali le colpe antropiche della gente del Sud? Prima di tutto l’indifferenza diffusa per i saperi, per la conoscenza e per quell’insieme solidale alternativo al familismo amorale.
Il vuoto assordante dei saperi, della conoscenza, dell’attenzione all’innovazione ed al ruolo di una società veramente democratica e coesa, non ha permesso al Sud di creare insieme quello sviluppo possibile, recuperando e rilanciando una Terra veramente meravigliosa e tra l’altro ricca di storia, di testimonianze uniche di un passato importante e di fascino per quel mondo del mito che appartiene a tante realtà meridionali.
Al Sud l’uomo del Sud non ha saputo fare il suo dovere; la gente comune ha subito in silenzio le arroganti volontà di decisori che, con la logica di sempre, hanno pensato solo a se stessi, con un fare assolutamente indifferente per il bene comune, inteso socialmente come bene di tutti e per questo ostinatamente negato da chi ha governato egoisticamente il Sud.
Al Sud è mancata quella fabbrica delle idee per progettare il futuro come forte volontà di insieme; in mancanza di questo c’è stato il falso impegno di un percorso progettuale assolutamente sbagliato, in quanto privo dei presupposti necessari allo sviluppo possibile.
Quali le tragiche conseguenze? Una assordante stratificazione di un sottosviluppo umano e territoriale, con danni insuperabili per una società che non ha saputo trovare, prima di tutto antropologicamente, la via giusta per vivere bene insieme.
Ci si è affidati sempre, sbagliando e facendosi male, agli uomini della Provvidenza che, con le loro false promesse di un cambiamento fatto di sole parole, di fatto non hanno mai permesso di cambiare niente, creando così i presupposti di un’arretratezza sistemica, oggi assolutamente difficile da smantellare, rendendo così possibile, la tanto attesa rinascita meridionale.
Il Sud piagnone è, purtroppo, distante, molto distante dal Nord produttivo ed efficiente; una distanza abissale, così come si può rilevare da alcuni importanti parametri che ne fanno la differenza e che evidenziano come il Sud si va staccando in modo incontrovertibile dal Nord.
Il Sud è sempre più vicino all’Africa per servizi, per stili e qualità della vita, per vie di comunicazione, per il suo mondo scolastico, fatto ancora di una scuola del trasmettere, assolutamente lontana anni luce dal suo giusto ruolo di scuola del sapere e della conoscenza attenta all’innovazione ed ai cambiamenti globali assolutamente necessari, perché funzionali, alla crescita ed al progresso che, così com’è il Sud oggi, è una chimera irraggiungibile, diventando di fatto, un progresso sempre più negato.
Inumanamente altri indicatori che ci vengono in aiuto per ben capire le cause profonde dei mali del Sud sono da vedere nell’assoluta e diffusa debolezza culturale dei tanti “mammasantissimi” che amministrano purtroppo, le amare terre del Sud.
Tutto questo è la causa prima e fortemente scatenante dei fenomeni crescenti di una inarrestabile disoccupazione, con livelli altissimi nel mondo giovanile; i più pensano di poter vincere la sfida partendo ed abbandonando le terre dei padri con un’emigrazione di sradicamento, sempre più spesso senza ritorno, in altre realtà lontane e non sempre amiche di cui accrescono le risorse ed un comune benessere diffuso.
Purtroppo, al Sud, il problema sviluppo e cambiamento è un “tabù”; un “tabù” che viene da lontano e di cui è assolutamente inutile parlare; tanto, perché non cambia niente, considerata la comune volontà di non cambiare, nel pieno rispetto di quella cultura della criminalità, ben messa in evidenza da Gomorra, un amaro resoconto di tante amarezze e tragedie umane della gente del Sud, vittima di violenze e di abusi, così come per volere malavitoso, un volere che sempre più spesso ha l’espressione del potere unico che costringe arrogantemente la gente a mettersi in ginocchio ; a supplicare, inumanamente, degradandosi per ottenere quello che ti spetta e che viene così contrabbandato come un “grande” favore da parte di chi è potente e comanda, nei confronti di chi è più debole ed ha il dovere di ubbidire in silenzio.
Il Sud, purtroppo, è andato indietro; continua ad andare indietro, staccandosi sempre più dal resto d’Italia.
Gli italiani del Sud non credono più a niente; hanno smesso persino di sognare.
Considerando gli attuali mali del Sud, c’è da gridare a viva voce che siamo messi veramente male; che è assolutamente tragica la realtà italiana.
È così tragica nella realtà, senza ricorrere al gufismo d’occasione, da doverla necessariamente considerare una sconfitta italiana per tutti.
Siamo ormai alla deriva. L’Italia, stando così le cose, soprattutto per le amare Terre del Sud, è dal destino negato. Va, inevitabilmente, alla deriva per colpa degli italiani e degli italiani del Sud in particolare, non avendo mai pensato o solamente immaginato un futuro diverso; un futuro con protagonisti capaci di cancellare le disumane incrostazioni di una sudditanza feudale che non ha permesso alla gente di diventare protagonista di futuro.
La mancata ripresa possibile, con grave danno per tutti gli italiani, a causa dei mali profondi di cui soffre la Terra meridionale, non diventerà mai ripresa italiana e tanto meno ripresa del Mezzogiorno d’Italia, costretto a pagare per colpe che vengono da lontano; per colpe che hanno prodotto solo mali ad un Sud, il grande dimenticato d’Italia.
Una conferma di tanto ragionato pessimismo, non certamente il frutto del cosiddetto “gufismo renziano” viene anche dalle valutazioni ISTAT che vede nero, facendo previsioni pessimistiche; tanto, per effetto di politiche sbagliate soprattutto da parte di una burocrazia meridionale ingessata ed assolutamente incapace di utilizzare al meglio le risorse esistenti.
Il Sud con i suoi 20 milioni di abitanti è una parte importante dell’Italia; chi no sa capirlo, diventa il vero “protagonista” responsabile di un disastro annunciato.
Mentre l’Italia è attraversata da significativi segnali di ripresa, il Sud rimane fermo; ormai stagnante e pietrificato vede dannatamente crescere i livelli di disoccupazione, di povertà e di disuguaglianza umana e sociale.
Una testimonianza crescente in tal senso ci viene dal rapporto annuale dell’ISTAT; il suo Presidente ha osservato che senza il Sud non potrà assolutamente esserci una vera ripresa italiana.
Ma intanto, il Sud è sempre più assente dalle priorità pubbliche del Paese; Renzi convintamente contesta quanto detto dal Presidente dell’ISTAT, per quanto riguarda il rapporto sviluppo italiano/sviluppo meridionale, considerata la diversa visione del “Sindaco d’Italia”, leader massimo, convinto più che mai dello sviluppo italiano anche di fronte ad un Sud arretrato ed abbandonato a se stesso, come sta succedendo oggi per effetto di una indifferenza istituzionale assolutamente ingiustificata e fuori luogo.
Tanto, anche per i fondi europei (ciclo 2007-2013, circa 20 miliardi di euro), risorse importanti da destinare a concreti obiettivi di sviluppo riprogrammando gli interventi utili al territorio ed alla gente del Sud, partendo dall’innovazione che dovrà essere assolutamente centrale in una riprogrammazione radicale del nuovo ciclo di fondi 2014-2020, alla base una strategia fatta unicamente da politiche di coesione assolutamente indirizzate ad interventi funzionali allo sviluppo, nel pieno rispetto dei territori.
Fare questo, così come è assolutamente necessario fare, significa cambiare; significa avere l’intelligenza del fare, finalizzata al buon fine di valorizzare le risorse locali da troppo tempo maltrattate ed abbandonate a se stesse.
In attesa, per il mondo meridionale, ci sono risorse da spendere per circa 100 miliardi di euro.
Occorre, fare presto e bene, per non perdere anche questa occasione importante; tra l’altro, può essere l’ultima occasione per cambiare gli scenari del Sud; in virtù di questo occorre assolutamente fare presto e bene.
Tanto, sempre che, chi deve capire capisca e nei limiti delle risorse umane disponibili faccia il proprio saggio dovere; tanto, e finalmente al servizio di un Sud maltrattato ed abbandonato a se stesso, con i tanti ultimi disperati che decidono, giorno dopo giorno, di abbandonare il Sud al proprio destino, sempre più convinti che proprio non c’è niente da fare per cambiare le sorti del mondo meridionale, mortalmente ammalato di uomo.
Speriamo che, in questa ultima occasione, si sappia avere al Sud un ruolo utilmente funzionale ai fini dello sviluppo possibile, utilizzando al meglio la nuova Agenzia per la coesione territoriale, istituita nel 2013.
Anche se la speranza è l’ultima a morire, considerate le cose del Sud, c’è da fidarsi poco di quel sistema Sud che fa di tutto per farsi male, rifiutando sistematicamente tutte le buone occasioni di sviluppo e di progresso possibile, abbandonando, in modo infame, le tante realtà meridionali al proprio destino di miseria e di sottosviluppo, ancora oggi funzionale agli egoismi di chi usa il pubblico italiano solo per i propri fini, del tutto indifferenti al bene comune, un bene tradito dai tanti portatori di caratteristiche umane di una razza antropologicamente considerata per fini innominabili, “razza inferiore”.
Per il mondo meridionale occorre pensare ad un nuovo progetto di vita; ad un progetto con al centro, prima di tutto, i servizi primari al cittadino come diritti di cittadinanza e non espressioni strumentali di elargizioni falsamente benefiche.
Ha ragione Carlo Triglia ex ministro per la coesione territoriale a dire che il Mezzogiorno è nella palude; nella palude delle complicazioni burocratiche e procedurali, finalizzate da sempre al perseguimento di interessi frammentati e settoriali; una palude questa, strumentalmente cara soprattutto alla politica territoriale e regionale.
Che fare? Bisogna guardare necessariamente avanti.
Al Sud bisogna spendere non per raggiungere effetti assolutamente modesti; al Sud bisogna utilizzare le risorse disponibili per creare sviluppo e nuova vivibilità umana per i tanti che se ne fuggono per non morire di Sud.
L’ultima occasione può essere proprio quella del nuovo ciclo di fondi comunitari 2014-2020.
C’è da sperare in una inversione di tendenza. C’è da pensare ad un vero e concreto approccio di sviluppo per cambiare il Sud, mettendo in atto correttamente le strategie necessarie che devono partire, prima di tutto dal Sud, per un Progetto Sud finalizzato al suo concreto cambiamento e sviluppo, partendo dai servizi fondamentali, nel pieno rispetto di quei diritti di cittadinanza da sempre calpestati; da sempre negati e considerati un frutto assolutamente proibito.
In virtù di questa triste ed attualissima condizione meridionale, io, pur augurandomi il miracolo, non credo nel cambiamento del Sud che da tempo ha ormai scelto la sua strada che è quella e solo quella del sottosviluppo e della povertà diffusa, con l’inevitabile conseguenza del degrado inarrestabile dei territori sempre più abbandonati a se stessi; sempre più desertificati per effetto della volontà di uomini traditi che, da citatdini del mondo, preferiscono esercitare i loro diritti di cittadinanza in terre lontane, ma umanamente amiche, riscattandosi da una condizione di sudditanza e di diritti negati che offendono in ogni angolo della Terra l’UOMO, usato sempre più per soli fini innominabili da parte di un disumano potere, sempre più, dal volto di pietra.
Aveva proprio ragione Eduardo De Filippo quando gridava al mondo che al Sud tutto dorme;tutto, maledettamente dorme come prima e come sempre.