Positano: “Architetture ingannevoli”

“Architetture ingannevoli” a Piazza Rampa Teglia, spazio antistante la Chiesa di Santa Maria dell’Assunta  domenica 19 luglio 2015 con inizio ore 21.00. Nel 2015, nella notte d’estate del 19 e 20 luglio, in piazza Rampa Teglia, l’illusionistica e visionaria Positano di oggi desidera riappropriarsi di una Storia persa nel tempo. Gli affreschi, faticosamente liberati dalla gelosa custodia della terra, sono ora proiettati sulle nude pareti della nostra modernità. Diversi gli strumenti, diversi gli spazi, immutabili lo stupore e l’ammirazione per quanto prodotto dall’Umanità nel corso dei secoli. Uno specchio d’acqua cristallina nel quale si riflette il verde della costa senza tempo, il profumo di limoni avvolge l’aria e la brezza marina accarezza la pelle del viso, con lo sguardo perso in profondità, nel blu. Un teatro naturale, nel quale, oggi come in passato, l’uomo è protagonista di un’opera in cui il lusso è godere dell’ozio, del vivere circondati dalla Bellezza. Non stupisce quindi scoprire che tra l’età sillana e l’età augustea, l’insenatura di Positano venne scelta dall’aristocrazia romana come luogo ideale per la costruzione di lussuose dimore sul mare, per farne “un centro d’intensa vita culturale, di otia artistici e letterari, qui più facilmente coltivabili che non a Roma. (…) un vero e proprio teatro di arte e cultura”. Ma, come in ogni tragedia messa in scena, i giorni di spensieratezza vennero offuscati da un evento nefasto : l’eruzione del Vesuvio. Nel febbraio del 62 d.C. un violento terremoto colpisce Napoli e Pompei preannunciando la catastrofe del 79 d.C. che qui a Positano travolse la villa del ricco proprietario (tuttora romanticamente ignoto), ancora in costruzione. L’eruzione mutò profondamente il paesaggio, spostando il corso dei torrenti e facendo avanzare la linea di costa. Cumuli di lapilli e fanghi piroclastici solidificati seppellirono la struttura: la natura aveva ispirato la sua origine e la natura stessa ne decretò la rovina con l’abbandono dell’intera area.  L’uomo, non ancora abbrutito dal facile e rapace guadagno, conservava una memoria immaginifica eppure reale. Una vita lontana, mai completamente celata o dimenticata nutriva i racconti delle famiglie artigiane ancora legate a un’appartenenza collettiva e al gusto del Bello. Colonnati, muri divelti, marmi e pareti “ingannevoli” affrescate, spazi nascosti e svelati affiorarono con la violenza di uno squarcio mai realmente ricomposto, come una ferita non rimarginata, alla presenza dei cavatori di durece che, aprendo i corridoi sotterranei di cava, si trovarono catapultati attraverso una macchina del tempo, in un passato che da leggenda si trasformava in dolorosa testimonianza. È questo lo stato d’animo anche degli archeologi: partecipare al lutto di una storia interrotta bruscamente e contemporaneamente provare l’euforia nel restituire la vita a qualcosa che si pensava perso, o peggio, dimenticato. I primi scavi nel 1900 e dopo quasi mezzo secolo, le prime interpretazioni di Amedeo Maiuri, archeologo filologo. Il recupero e restauro del campanile e delle cripte della Chiesa Madre di Positano da parte dell’Amministrazione Comunale e della Soprintendenza Archeologica portò alla scoperta di uno degli ambienti di rappresentanza della sontuosa villa marittima. Una sala aperta verosimilmente su un atrio oltre il quale il mare offriva una veduta di una bellezza difficilmente raggiungibile anche dagli affreschi di IV stile pompeiano più realistici, che decoravano (e decorano ancora) i muri, in una sorta di magnifica competizione fra le potenzialità artistiche dell’uomo, dell’Arte come mimesis, e quelle offerte dal panorama incorniciato, come d’altronde le pitture, in architetture più o meno reali. Pitture, rilievi in stucco, contrasti cromatici, bordi ricamati, nature morte, paesaggi marini, architetture, edicole, elementi floreali, e poi volatili, grifi, ippocampi, figure mitiche come un Pegaso con amorini, un tendaggio barocco blu nella parete lunga e verde nelle pareti brevi, sono testimonianza di una ricchezza decorativa che gioca fra rimandi, realtà e illusioni percettive che dilatano lo spazio fisico e consentivano agli ospiti la fuga dai doveri e dalle angustie della politica. Ancora oggi Positano incarna un luogo fuori dal tempo, dove rifugiarsi e crogiolarsi nella ricchezza di colori, voci, profumi ed empori che oggi più che mai possiamo definire “eterni”.