Primo giorno di Scuola in 12 regioni italiane

 Salvatore Ganci

Il giorno in cui, ritornata l’abitudine di esporre le tre bandiere fuori dall’Istituto, i “primini” troveranno una Maestra con un cestino di caramelle per rendere meno amaro il distacco da mamma e papà (sempre che la vita non li abbia già scafati con una famiglia “allargata”). Il giorno in cui tanti docenti entreranno insofferenti e un po’ timorosi nell’atrio, già stanchi delle programmazioni “… che tanto non servono a niente” essendo diventati oramai “piacevolmente insensibili” sia al materiale umano che stiperà le loro classi quasi come in un Liceo tedesco (e li obbligherà ad un nuovo modo di lavorare se vogliono tenere dignitosamente un corso ed assicurare a tutti almeno due prove orali) sia alla sorte di tanti nuovi colleghi a tempo determinato . Sarà, appunto,  il giorno della rabbia di tanti giovani Colleghi a tempo determinato che perderanno il loro tempo in cortei, manifestazioni, azioni di protesta, ma che si troveranno illusi e mazziati o, meglio,  “mazzolati”. Ed è amaro essere illusi per un decennio buono … senza sapere a chi dire “grazie”. Temo che questa volta non ci saranno cedimenti e che dovranno riconvertirsi (ormai la scuola è una sorta d’azienda). Nel frattempo i sindacati sono silenziosi come un paesino montano d’inverno. E’ il giorno in cui nelle regioni della Padania bergamasca qualcuno enfatizzerà le “radici mai perse” non con il dialetto dei paesini montani della Presolana ma con un “bergamasco cittadino” (ad hoc!) che però è un bel po’ diverso da quello delle “radici” E sarà un bel problema nella estesa provincia di Brescia dove il dialetto di Bòvegno in val Trompia è incomprensibile a quelli di Pontevico,  al confine con Cremona e vi assicuro che in questi due luoghi ci sono stato a insegnare. Non è il giorno delle certezze ma delle contraddizioni, è il giorno in cui si percepisce sulla pelle quanto siano profonde e di lunga data tutta quella serie di errori che, anziché consentire di estirpare un tumore alle radici del “sistema”, ne hanno prolungato la sopravvivenza con provvedimenti inadeguati, ma soprattutto illudendo i giovani con la “fabbrica del precariato” rappresentato dalle S.S.I.S.  e da tanti corsi di Laurea senza sbocchi. Ma … la presenza in Parlamento di tanti “universitari” non è, per caso, una presenza strategica atta a difendere gli interessi di casta e fregare alla grande tanti giovani illusi? Domani si ricomincia “arrabbiati” perché nella “turistica Liguria” qualcuno ci rimette dei soldoni e vorrebbe una scuola che iniziasse a ottobre: è questo il senso di una  Lettera di un acuto anonimo apparsa su “Il Secolo XIX” di ieri. Insomma, domani sarà un giorno in cui nessuno sarà contento, a partire dagli studenti che hanno interessi “più alti” che imparare qualche inutile carme di Orazio, e magari tradurlo “a crudo”,  pronti a scioperare se la prof. proverà ad esigerne la lettura in  metrica… Ma allora, se domani, dopo un golpe notturno come in sud America, si chiudessero scuole e università, qualcuno se ne accorgerebbe? Qualcuno se ne dispiacerebbe?