Problema tutto italiano: mancato diritto al lavoro!
Giuseppe Lembo
Agli italiani, dall’Italia sempre più dismessa, viene negato il diritto al lavoro, cancellando quell’impegno costituzionale che all’articolo 3 della Carta Costituzionale, pone il diritto al lavoro come diritto di tutti gli italiani. Siamo, così facendo ad una Costituzione di carta; sempre più di carta è anche il diritto universale alla vita, così come sancito dalla Carta Universale dei diritti fondamentali dell’uomo. Per tanti italiani non è per niente così; nelle condizioni da diritto negato, sono quattro milioni ed oltre di italiani, ma non solo, in quanto ci sono anche quelli della sopravvivenza, soprattutto anziani che, di fronte alle tante difficoltà di vita italiana, considerato il basso reddito e l’assillo usuraio delle tasse da pagare, sopraffatti dal malessere Italia decidono di abbandonare il suolo italiano e di andare a vivere nei paesi dell’Est Europa, dove le poche risorse a disposizione di una pensione medio-bassa, permettono una vita dignitosa e senza l’affanno quotidiano del come faccio di fronte a spese da non poter pagare; a spese che, purtroppo, sottraggono sempre più spesso, anche il minimo delle risorse necessarie alla sopravvivenza, facendo a tanti, maledire il giorno in cui sono venuti al mondo, per vivere in lacrime, il proprio essere sulla Terra, fortemente caratterizzato dal solo nascere per soffrire. Purtroppo, in questi tristi scenari italiani crescono, anche per effetto degli egoismi di chi vive da privilegiato, le sempre più gravi sofferenze del proprio vivere italiano. Sono tali e tante, soprattutto al Sud, da decidere di andare a vivere altrove, creando così il comune e diffuso sentire dell’Italia negata; dell’Italia nemica degli italiani che, amandola sempre meno, se ne fuggono (giovani e vecchi) per vivere altrove la loro vita umanamente possibile e nel dovuto rispetto dell’insieme antropico che deve, a tutti i livelli, rappresentare in sé l’armonico paesaggio umano dell’umanità d’insieme, un’umanità che deve avere alla base quel passato sociale rispettoso dell’uomo, che caratterizza in sé il grado di civiltà di un popolo. L’Italia, con il suo sistema che non funziona, in quanto arrugginito, perché disumanamente arrugginita è la politica ed i politici che la governano, è sempre più un Paese dal futuro negato; un Paese dismesso dove prevale lo spirito della vecchiaia diffusa in tutte le età; soprattutto al Sud, anche i giovani sono “giovani-vecchi” nei comportamenti, essendo influenzati nella loro quotidianità dai comportamenti dell’età adulta e non di giovani che devono necessariamente saper sognare ed affidarsi alla speranza del nuovo esistenziale, un nuovo non da favola e/o da sole false promesse, ma dalla certezza del fare, progettando ed investendo per realizzare le attese di sviluppo, in mancanza del quale, c’è solo l’amaro protagonismo della dismissione italiana, con alla base lo sviluppo negato. In tutte le negatività italiane, in primo piano, ci sono, tra l’altro, precise responsabilità della famiglia italiana e della scuola italiana che hanno abortito un modello di società ammalata, senza solidarietà, con i soli riferimenti negativi dell’avere e dell’apparire e con un’indifferenza suicida per l’Essere. Le prime e più gravi responsabilità sono nella mancanza di ascolto e nell’indifferenza per il mondo giovane sempre più inascoltato ed inopportunamente abbandonato a se stesso, ad un punto tale da farne un mondo senza speranza e dal futuro negato dove, soprattutto al Sud, si pensa ancora al posto fisso ed alle dipendenze dallo Stato padrone, come obiettivo salvifico del proprio vivere la propria vita in Italia, purtroppo, sempre più difficile da vivere.