Roccapiemonte: la voce di Scampia tra i giovani del Liceo “B.Rescigno”

Don Aniello Manganiello, definito “il parroco anti-camorra” per il suo impegno civile e sociale, ha tenuto una sentita conferenza al liceo B.Rescigno di Roccapiemonte parlando ai ragazzi con il cuore in mano. Dopo aver esposto brevemente quella che era stata la sua esperienza per ben 16 anni in una delle zone più degradate del Mezzogiorno, Scampia, ha sensibilizzato i giovani sul delicatissimo tema della malavita e della criminalità organizzata radicata ormai in gran parte anche tra i minori. Uno dei numerosi meriti che vanno attribuiti sicuramente a questo uomo di fede è quello di aver strappato dagli affari malavitosi e dalla tossicodipendenza circa 280 ragazzi, offrendo loro vitto, pane e Vangelo. Durante l’incontro don Aniello ha, inoltre, denunciato un fenomeno più preoccupante di tutte le mafie: la legge del silenzio. L’omertà, infatti, è il terreno fertile per la camorra che si insinua più facilmente nei luoghi in cui vige il silenzio e l’incapacità di alzare lo sguardo. Allo stesso tempo, però, don Aniello ha ammonito tutti coloro che spendono parole nobili, ma che tuttavia si fermano a semplici disquisizioni e non affrontano in modo risolutivo il problema. Sicuramente la sua voce così significativa è stata di grande insegnamento e di esempio e ha riacceso molte delle speranze su quella che un giorno si potrà realmente definire “legalità”. Concetto molto importante e costantemente presente nella vita degli esseri umani. Sin dagli albori della civiltà, l’uomo ha cercato di realizzare un modello sociale basato su regole volte a garantire i diritti fondamentali di tutti. Certo il cammino dal Codice di Hamurrabi e dai Dieci Comandamenti è stato lungo e difficile, ma oggi sicuramente  “lo stato di diritto” è garantito in quasi tutto il mondo. Proprio per questo diventa obbligatorio comprendere che per avere dei diritti bisogna avere il coraggio di vivere nella LEGALITÀ. I ragazzi del “B. Rescigno” hanno voluto approfondire il vero significato di questa parola grazie alla presenza di Don Aniello Manganiello, fondatore dell’associazione “Ultimi per la Legalità”, che racconta verità scomode per lo Stato, la Chiesa e la mafia. Prete a Scampia per 16 anni, ha rifiutato più volte il trasferimento per rimanere in contatto con la povertà e gli stenti che lo hanno reso sensibile e partecipe a problematiche davvero difficili. “Ho rifiutato la scorta perché è un’offesa alla mia vocazione. Avere la scorta per un prete, in certi ambienti, vuol dire intimidire le persone a non denunciare” dice Don Aniello. Cos’è effettivamente la legalità? La legalità la fa ognuno di noi, passo dopo passo, partendo da piccoli gesti come il rispetto per gli altri, anche se “diversi”; è una casa che va costruita mattone dopo mattone. Secondo l’illustre relatore, la legalità deve basarsi su due cardini: l’educazione di tutti i cittadini  fondata su  regole e norme da rispettare, non come un’imposizione, ma come un percorso positivo importante, per costruire una realtà dove ci sia il rispetto per gli altri e per l’ambiente e avere come obiettivo il bene e la crescita della comunità. Il secondo elemento è il principio di legalità che impegna le istituzioni, lo Stato e tutti gli Enti, pubblici e privati, che rappresentano lo Stato  sul territorio e  che hanno  il compito di assicurare il rispetto delle leggi da parte dei cittadini e il bene della comunità. Solo quando si ha ciò, lo Stato rispetta il principio di legalità, ma purtroppo avviene raramente ed è per questo che nascono le associazioni, per compensare le mancanze dello Stato, per mostrare ciò che le istituzioni fanno finta di non vedere. Bisogna tirarsi su le maniche, impegnarsi e lavorare per cambiare questo Paese. Ha voluto cominciare dal suo piccolo, restare a Scampia, andando contro il volere di tutti perché si è abituati a vedere solo il male delle cose, ma lui ha avuto la fortuna di vedere anche il bene presente in un posto dove nessuno crederebbe possibile. Ha superato la paura delle minacce perché aveva delle persone per cui combattere, che lo hanno spinto a non farsi abbattere e andare avanti a perorare la sua causa. Le persone che vivono in quel posto e che nonostante tutto, nonostante ci sia il 75% di disoccupazione e molti ragazzi non hanno avuto la possibilità di vivere come uomini maturi che sono in grado di portare avanti una famiglia, vivono nell’onestà; ha avuto la fortuna di vedere persone che si sono pentite e convertite. “Non esistono gli irrecuperabili, chi pensa ci siano, lo è lui stesso” e con questo ha voluto far capire che non bisogna mai arrendersi perché nulla è perduto, tutto può cambiare.  Il rinnovamento deve partire da ognuno di noi, evitando gli imbrogli e non aggirando le difficoltà, ma affrontandole. Don Aniello ha detto che per combattere la legalità si deve iniziare dal proprio piccolo, dalla propria famiglia e dalla scuola, soprattutto da essa, che è la prima comunità in cui vengono immessi i ragazzi. Ha concluso dicendoci che “trasformare dei sudditi in cittadini è un miracolo che solo la scuola può compiere”. Non è stato un messaggio semplice quello che il relatore ha  voluto trasmettere ai giovani  liceali, ma l’entusiasmo di alcuni, sicuramente non molti, lascia ben sperare, ricorrendo ad una metafora calcistica, che la palla resterà in campo e i giocatori della prossima partita saranno proprio questi giovani consapevoli del loro ruolo.

Lucrezia Califano- Bove Anna-Ferrentino Ausilia -Russo Francesca-Foto Pasquale Greco