“Che cos’è che non va?” atto secondo

Salvatore Ganci

Nel settore Fisico-Matematico, l’insegnamento ottimale si dovrebbe ricevere nel Liceo Scientifico per numero di ore e per “caratterizzazione” della Scuola Media Superiore scelta, come si suppone che l’insegnamento ottimale delle discipline umanistiche si ottenga nel Liceo Classico. Eppure l’anno successivo  il fatidico 1968, in un allegro clima di egualitarismo, è sufficiente avere compiuto un corso quinquennale di studi per potere accedere a qualunque corso di Laurea. Così uno studente uscito da un Liceo “Socio-Psico-Pedagogico” (che sostituisce il vecchio “Istituto Magistrale”) potrebbe benissimo iscriversi e frequentare con profitto un corso di Laurea dove il settore Fisico-Matematico è la base di tutto il percorso formativo. I sostenitori ad oltranza della “bontà” di tale Legge adducono l’ottimo argomento che lo Studente “motivato” vince sempre, indipendentemente dalla Scuola (che ci fa una parte non carina)  e Antonio di Pietro ne è senz’altro un buon esempio visto che ha studiato Giurisprudenza ed è diventato magistrato nonostante abbia frequentato un Istituto Tecnico. Corretto e condiviso. Ma se esaminiamo il problema sui grandi numeri, all’interno della deviazione standard della popolazione di Studenti, siamo tutti concordi che iscrivereste in un Istituto professionale (perché si trova “sotto casa”) vostro figlio che, dotato di buone motivazioni, buone proprietà linguistiche e logiche, è già propenso a volere studiare “Medicina” ? Eppure le matricole universitarie, sono impreparate su tutta la linea del sapere (questo dicono i dati OCSE) in qualche caso ignoranti al punto che gli Atenei avranno l’alibi di impiegare lo trasbordante set di “risorse umane” per “rimediare le malefatte della scuola”. Anche chi proviene dal Liceo Scientifico (anche se ha seguito un corso di studi privilegiato) sente di dovere ripartire da zero. Sull’onda del “si potrebbe dimostrare che” ha acquisito un invidiabile bagaglio di conoscenze che bonariamente potremmo chiamare “La Fisica alla Madame de Staël” visto che al primo impatto con il problem solving lo Studente prende atto che il Teorema dell’Energia, il Teorema della quantità di moto e il Teorema del momento angolare (sempre che, al Liceo, lo si sia trattato!) sono stati liquidati come una bagatella in due o tre ore per lasciare spazio all’imperante retorica del laboratorio (virtuale), e alla nuova religione dell’informatica. Guai a considerare mistificatori e astratti questi approcci didattici: avrebbe oggi lo stesso “cattivo gusto” con cui negli anni ’70 un Docente si fosse trovato a criticare l’approccio “insiemistico” alla Matematica o al “lavoro di gruppo” nelle varie discipline. Avrebbe cantato fuori dal coro. Oggi vedo nel libro di algebra di mio figlio lo stesso “retrivo approccio” dei miei tempi e tra me dico: “per fortuna …”. Tacendo sul mio personale “calvario” nel subire la violenza di dovere adottare “il libro di testo”, osservo (e non mi trovo isolato in ciò) che sono in uso, e in qualche caso godono di un vasto e duraturo successo,  libri di testo per i quali un provvedimento ministeriale di ritiro dal commercio sarebbe doveroso. Ma, Maria Stella non ha i suoi “Esperti” sempre “statici in Roma con disappunto, magari, del suo collega Brunetta? Perché non compie l’opera meritoria di fare leggere con attenzione a questi “Ispettori Esperti” qualche testo di Fisica e di Matematica? Magari si convincerebbe che lo studente che arriva all’università, anziché ripartire da zero, potrebbe ripartire da un livello più alto e propedeutico, pure riducendo i contenuti (davvero ambiziosi se vanno dal sasso che cade ai quarks). Magari riduciamo l’ambizioso e tuttologico salotto di Madame de Staël  che va dal sasso che cade ai quarks,  ad un’aula dove il sasso lo si fa cadere davvero e si prova a stimare (o misurare) il tempo di caduta. Basterebbe sostituire  i  si potrebbe dimostrare che” con il  concreto “dimostrando” quelle poche cose che servono davvero e soprattutto assicurando la concretezza di “vedere”  in laboratorio. Altro che “software di simulazione”. Che può fare il povero Docente quando la maggioranza delle “Prime Donne” preferisce il più “semplice” XXX al più “complicato” YYY e il laboratorio virtuale a quello reale perché manca un Tecnico a tempo pieno?  (“… ma lo sai che definisce il Lavoro tra A e B con l’integrale? …). Ma cara Collega, se spieghi al ragazzetto di terza che l’integrale è la somma di tanti pezzettini, (perché, punto per punto le cose in generale cambiano) credi che questo concetto non lo capisca? In tanti anni un ragazzetto così “tanardo” non mi è mai capitato, ma forse non ho accumulato sufficiente esperienza … o sono stato particolarmente fortunato. Sicuramente qualcosa non va, ma da molti decenni. Ora che mi trovo fuori dalla scuola, ascolto con una attenzione rinnovata le chiacchiere degli altri genitori, il più delle volte di critica gratuita, ma in qualche caso dirette a pilotare l’iscrizione dei propri figli in una sezione rispetto ad un’altra o alle sezioni dell’Istituto Superiore dove iscrivere i figli dopo la terza media. E sebbene i discorsi siano sull’onda sbagliata del “sentito dire”, si sente un problema di “serietà” del “sapere”. Lo si sente sull’onda dell’aver preso atto che,  fuor d’ogni dubbio, ci è stato dimostrato dall’OCSE quello che ci chiedevamo da sempre: “che cos’è che non va?”. Senz’altro il problema del “reclutamento” dei Docenti  riceverà molta più attenzione e considerazione rispetto al passato. Speriamo che la scuola di qualche decennio a venire abbia risorse umane di “lavoratori a tempo pieno e pieno stipendio” invece dello storico ruolo di “lavoratori a mezzo tempo e mezzo stipendio”.