Maji, acqua
Padre Oliviero Ferro*
E’ la cosa di cui sentivo più bisogno in Africa. E’ segno di pulizia, di freschezza, di vita nuova. Averla nella propria casa o almeno nelle vicinanze, era il sogno di tante persone. Mi ricordo ancora le mamme che, al mattino presto, passavano vicino alla missione per andare al fiume ad attingere l’acqua. Dovevano scendere, attingere con un bidone di venti litri e poi risalire per andare a casa. Spesso si fermavano a fare quattro chiacchiere con i bidoni in bilico sulla testa. Sembrava che non sentissero la fatica. Certo si erano abituate da piccole a portare il loro bidoncino sulla testa. Ora lo facevano per la vita della famiglia. L’acqua era utile per fare da mangiare, per le pulizie di casa. Per lavarsi, spesso, lo facevano al fiume in luoghi diversi: gli uomini a valle e le donne a monte. Naturalmente si approfittava per lavare i panni e anche le stoviglie. Il fiume portava via tutta la sporcizia. Tornate a casa, si cominciava ad utilizzarla. Spesso bisognava ritornare altre volte al fiume. Magari si mandava la figlia più grande, mentre la mamma cominciava il lavoro. Quando poi si cominciò a pensare a fare l’acquedotto con tante fontane, tutte cominciarono ad essere felici. Ho saputo che finalmente l’hanno realizzato. Quanta fatica in meno e quanta gioia in più.
*missionario saveriano