Cava de’ Tirreni: una targa per la strage di Balvano
La Città di Cava de’Tirreni e l’Amministrazione Servalli, ricordano l’ultimo superstite della strage del treno della morte a Balvano, Raffaele Bellucci, che si è spento venerdì, 28 ottobre 2016, a Cava de’ Tirreni, all’età di 89 anni. “Raccogliendo l’invito che storici e studiosi, in modo particolare, Patrizia Reso e Franco Bruno Vitolo, hanno espresso – afferma il Sindaco Vincenzo Servalli – in occasione della prossima ricorrenza della tragedia, sarà posta una targa a memoria delle circa 600 vittime, delle quali trentasei cavesi, presso la stazione ferroviaria di Cava de’ Tirreni”.Raffaele Bellucci, sopravvisse alla spaventosa strage avvenuta il 3 marzo del 1944, quando il treno a vapore Potenza-Napoli, si ingolfò nella Galleria delle Armi, presso Balvano, causando, con le esalazioni del carbone, la morte di quasi seicento passeggeri, quasi tutti cittadini dell’asse Napoli Battipaglia, ancora sofferente per la guerra, in cerca di provviste alimentari per loro e le loro famiglie. Quel giorno, allora diciassettenne, sul treno era in compagnia del fratello Giuseppe. Nel convoglio, sovraffollato, si sistemarono alla meno peggio tra un vagone e l’altro, ma in posizione tale da poter scendere e salire anche col treno in movimento. Prima di ogni galleria, infatti, erano soliti slanciarsi a terra per prendere un pugno di neve e creare così una sacca di ossigenazione durante l’attraversamento, che era sempre pericoloso proprio per le esalazioni di ossido di carbonio. La neve, in quell’occasione, salvò la vita ai due giovani, mentre il grosso rimase intrappolato e fu intossicato fino alla morte. Raffaele Bellucci era diventato una pagina vivente di storia. L’ultima uscita pubblica è avvenuta nel marzo scorso, quando, in occasione dell’anniversario dell’evento, aveva incontrato a Palazzo di Città gli allievi delle scuole superiori di Cava de’ Tirreni per raccontare la sua vicenda, emblematica di una condizione di disagio e di povertà tipica di quei tempi drammatici. Sue testimonianze dirette si ritrovano in un réportage di televisioni locali ed in alcuni volumi, tra cui “Senza ritorno” di Patrizia Reso, che rievoca la tragedia e dettaglia le singole storie dei cavesi che erano sul treno.