L’angolo del cuore: Francesco Terrone, poeta non d’occasione
Rita Occidente Lupo
La recente produzione di Francesco Terrone, mostra ancora una volta come sia la sensibilità a coniare versi d’infinite essenze, palpitanti di vita. “Il piccolo Leonardo” sembra quasi scolpire i moti del cuore umano, oscillando tra vita ed eterno, vuoto e presenza. Il dolore, graffia una non comune sensibilità, che stringe il cursore dell’andare, a volte con tono mesto nel dipanare emozioni. Inneggianti al continuo rinnovarsi del miracolo vitale, che raccorda l’indissolubile amore materno, alla creatura fatta quasi evanescente assenza. Un singhiozzo dell’anima, tra petali di rose, a circondar la culla! Il poeta sembra quasi abbeverarsi a fonti di vita primordiali, che offrono generosi sorsi d’acqua al comune andare. “Come l’acqua nel deserto” sembra infatti rimescolare motivi lirici, da sempre cari ad ogni pennellata che Terrone pare quasi sospendere nei silenzi dell’anima, prima di riafferrare il contatto pregnante con una vita che si rinnova attimo dopo attimo, non desistendo dal rimandargli ulteriori conferme che il vago, pur esso sotteso alla ratio. Il poeta-ingegnere, non pone mai l’iperbole della ricerca prima interiore, filtrata da una ragione non sempre pronta a vivere un ruolo ancillare al sentire. Emozioni in pillole, sgocciolate da versi che sembrano calcare orme profonde tra dune dell’anima, inseguono il perenne anelito alla libertà senza mistificazioni. Nè contraddizioni, che lastricano l’universo umano, nel quale la girandola dei colori, risplende sotto i raggi solari. Per Terrone la poesia anche occasione favoleggiante, non mero esercizio conativo. Il ritorno all’infanzia, il desiderio di lasciarsi cullare da motivi antichi, come in un dolce refrain, recupera bandoli di memorie adolescenziali, in cui il gioco delle parti, coperto dalla maturità dell’uomo. Di qui le strie di solitudine, che amano la riflessione introspettiva, prima d’allungare il cannocchiale oltre i propri orizzonti. E così l’amore assurge a catalizzatore di nuova linfa, per rinvigorire l’animo proteso a cogliere lo stupore di albe sempre rinnovate, dallo sguardo incontaminato, che insegue oniriche presenze, cariche di note reminescenziali.