Spiritualità: Sant’Antonio Maria Claret e gli angeli

 don Marcello Stanzione

 

  Il 24 ottobre nel calendario liturgico precedente la riforma voluta dal Concilio  Vaticano II era una data consacrata alla festa di san Raffaele Arcangelo e nel nuovo calendario c’è la memoria di sant’Antonio Maria Claret che era assai devoto a san Raffaele. Antonio Maria Claret era nato nel 1807 in Catalogna, Spagna, quinto di dieci figli in famiglia di tessitori, mestiere che egli fece fino a 22 anni quando entrò in seminario. Quello che è accaduto nel 1839 ad Antonio Maria Claret è  stupefacente. Il giovane sacerdote catalano – era stato ordinato nel 1835 – decide di recarsi a Roma per sollecitare la sua ammissione a Propaganda Fide, poiché egli si augura di diventare missionario.  Siccome gli rifiutano un lasciapassare. Egli prende il cammino dei contrabbandieri e dei clandestini fino a Perpignan, e da lì prosegue la sua strada fino a Marsiglia, che egli raggiunge alla fine del mese di settembre. E’ subito accostato da un passante che gli indica un albergo, così come pure l’indirizzo del consolato di Spagna, dove egli deve ritirare il suo passaporto. L’indomani, allorché cerca la via dove abita il console, lo stesso giovane lo avvicina: Non solamente mi indicò la via, ma mi ci accompagnò. Parlò al console e tutto si arrangiò tutto per il meglio, poi mi portò a visitare le chiese, il cimitero e tutto quello che la città conta di più prezioso in materia di edifici religiosi; mai mi parlò di stabili e di cose profane, né mi ci condusse.Infine, il 2 ottobre, Antonio Maria Claret deve imbarcarsi sulla nave Tancredi, che effettua la traversata da Marsiglia a Civitavecchia, racconta il santo riguardo ad un misteriosi personaggio: Poco prima, egli si presenta al mio albergo, prende il mio bagaglio e mi pregò in mille maniere di lasciargliele portare, e così noi andammo tutti e due al porto. Ci lasciammo davanti al battello. Durante quei cinque giorni, egli era stato con me in permanenza, mostrandosi così delicato, così attento, così amabile e così scrupoloso verso di me, che mi sembrò che il suo grande Signore lo avesse inviato per assistermi con la più grande cura; sembrava un angelo più che un uomo, così modesto, così allegro, e così pensieroso allo stesso tempo, così religioso e così fervente, portandomi sempre nelle chiese, cosa che mi piaceva molto. Mai mi propose di entrare in un caffè né in altro luogo similare, mai lo vidi mangiare né bere, poiché al momento dei pasti egli scompariva, per ritornare poi. Sant’Antonio Maria Claret ha sempre creduto che avesse beneficiato nella città focea dell’assistenza di un inviato di Dio, verisimilmente l’arcangelo Raffaele. Sovente nella sua vita, egli provò la protezione sensibile degli angeli, verso i quali egli nutriva una profonda devozione. Egli annota nei suoi scritti autobiografici che, più di una volta, essi lo hanno aiutato a ritrovare la propria strada quando si era perduto, che lo hanno liberato dai banditi di strada, che hanno svelato i tentativi di assassinio contro di lui quando egli era arcivescovo di Cuba, poi confessore della regina Isabella II di Spagna. Malgrado l’estrema discrezione di cui faceva prova per quello che riguardava la sua vita interiore, gli giunse di lasciarsi sfuggire alcune confidenze, e non poté nascondere a tutti le sue estasi, accompagnate talvolta da lievitazione e da manifestazioni luminose. Il sacerdote catalano  nutre da molto tempo una solida devozione verso gli angeli quando, nel 1850, con sua grande sorpresa viene nominato arcivescovo di Cuba. In alcuni anni, egli compì un’opera di apostolato immenso, solcando l’isola da parte a parte per visitare le sue parrocchie, pronunciando più di 11.000 sermoni e regolarizzando quasi 30.000 matrimoni. Egli lotta contro la schiavitù, si sforza di migliorare la condizione dei contadini e degli operai fondando le “case del lavoro”, soccorre le vittime del sisma del 1852 (ch’egli ha predetto), visita i malati degli ospedali al momento dell’epidemia di colera che ne consegue, non esitando a curarli con le sue mani. Questo zelo evangelizzatore gli vale l’odio dei ricchi proprietari terrieri che, a quindici riprese, tentano di farlo assassinare. Ogni volta, egli sfugge provvidenzialmente ai sicari lanciati sulle sue tracce: ora, è uno sconosciuto che lo informa dei loro funesti progetti, ora i colpi sono scartati da una mano invisibile. Fino al giorno in cui una voce interiore lo allerta del pericolo. Questa volta, egli non vi presta attenzione, poiché diffida dello straordinario: quando esce dalla chiesa di Holguin, un infelice ch’egli ha tratto di prigione si getta su di lui con un rasoio: deviata in extremis in modo inesplicabile, la lama sfiora il suo volto. Fino alla fine della sua vita avvenuta nel 1870 a Fontfroide in Francia, egli ne conserverà la cicatrice sulla gota sinistra. Non esiterà ad attribuire queste protezioni straordinarie al suo angelo custode. Le sue gesta suscitano gravi reazioni da parte dei nemici della fede cattolica e Antonio viene richiamato a Madrid. E’ la regina isabella a volerlo al suo fianco come suo particolare confessore. Durante la sua permanenza alla corte reale l’arcivescovo tra tantissime realizzazioni, fondò pure l’accademia di san Michele, una dotta associazione culturale di scrittori e artisti che avrebbero dovuto esercitare un apostolato attivo scrivendo libri, istituendo biblioteche e formando un’èlite cristiana nella società. Quando la regina, a causa della rivoluzione, venne esiliata, Antonio la seguì a Parigi. Anche lui continuava a subire minacce e la Rivoluzione gli si scagliò contro, costringendolo a rifugiarsi nel monastero di Fontfroide, dove morì, solo e malato. Fu beatificato nel 1934 e canonizzato nel 1950, la sua tomba si trova a Vic, vicino Barcellona.