Università, via libera alla riforma: variazioni sul tema
E’ sempre un buon esercizio di ironia trattare dei vizi e delle virtù delle università del Bel Paese. Negli 88 Atenei (se non conto male) a volte sdoppiati o quadruplicati con le sedi decentrate, lavorano molti Uomini di Scienza giovani e sottopagati e, nonostante la “Didattica” lasci a volte a desiderare, capaci di “generare” altri giovani ricercatori che, non trovando le giuste chiavi per aprire le porte dei piani alti, trovano posto fuori Italia. Limitandomi alla Fisica, il fenomeno migratorio è massiccio per i Fisici Teorici mentre per gli “Sperimentali” è più contenuto. E sono sempre i “Teorici” quelli che rimangono Ricercatori fin quasi alla pensione. Stiamo tranquilli: Maria Stella ci assicura che non sarà più così (e chissà perché sento un ché di sinistro in questa negazione …). Le Istituzioni del “Sapere” sono l’indice del progresso civile (e sociale) di un paese. Abbiamo un alto indice di progresso civile e sociale? Vediamo prima gli aspetti “qualitativi”: tutti i concorsi sono pilotati, sulle ammissioni a Facoltà a numero chiuso esistono vere e proprie organizzazioni, Presidi di Facoltà e Rettori attaccati con il cianoacrilato alle rispettive poltrone (e non importa se qualcuno ha una posizione processuale non risolta). La “casta” fa quasi rima con “cosca” (se sono eletti con tale accordo globale è la corporazione che ha da tenere); docenti al di fuori di ogni controllo (non esistono Ispettori nel tempio dei “galantuomini”), un docente universitario di prima fascia è autoreferente e indiscusso della propria didattica, dei propri orari e dell’uso con cui dispone delle “risorse umane” che con lui collaborano. Ma lasciamo l’ironia del “qualitativo” e andiamo ai dati OCSE. Il “quantitativo” è noioso ma è serio e non fa ridere per nulla. 5500 (cinquemilacinquecento!) corsi di laurea “attivi” di cui un 10% con meno di 15 studenti (nella scuola secondaria con 15 studenti non si fa una classe). Ma essendo un popolo di poeti, santi e navigatori eccelliamo con 170000 insegnamenti universitari contro una media europea di 90000. Perbacco! Dovremmo essere Maestri di “specializzazione” nella dotta Europa! … ma com’è che sta venendo di moda mandare a specializzarsi all’estero i nostri figli? E poi perché il 55% degli universitari molla prima della laurea? Forse perché “studiare” male si coniuga con il suonare nella band e nel contempo spassarsela? Non sarebbe meglio cercare di darsi ad attività produttive? E’ il fenomeno della dispersione (sono cinico se affermo che è un falso problema?) aveva preoccupato qualche Ministro del passato, ma Maria Stella ha uno strano movimento del naso quando si toccano temi afferenti all’alta spesa che tanti studenti fannulloni causano a quel carrozzone cigolante da secoli. Finiscono i concorsi “locali”. Cesseranno i “ricercatori a vita”: dopo due contratti triennali o si diventa “Associati” o si va a fare dell’altro. E’ un peccato che Maria Stella non abbia avuto un maggiore riguardo e sensibilità per i ricercatori più sfortunati (a volte le cause non stanno nelle capacità) ripristinando utilissimi ruoli come quelli di “tecnico laureato”: c’è un po’ di disparità di trattamento se pensiamo che la scuola del 97% di bilancio solo a pagare docenti non perde rami secchi. Chiedo a Maria Stella chi farà “vedere” un po’ di fenomenologia in Fisica preparando qualche esperienza d’aula? Il docente? Il ricercatore? uhm, qualcosa non funziona … Tante buone intenzioni ma una incompleta conoscenza che il Sapere è molto aiutato da una buona Didattica. C’è da sperare che Maria Stella consideri utile sopprimere quel settore delle cosiddette “Scienze Umane” che è un diplomificio di illusi. Che ci fanno ancora le “Scienze della Comunicazione” e le “Scienze della Formazione Primaria”? Ma poi, soprattutto, 88 atenei non sono un po’ tanti? E perché non accentrare maggiormente abolendo l’autonomia? Se i concorsi sono tutti pilotati, se i professori sono tutti imparentati, se la tessera di partito fa il “primario” se la tensione indotta la vedi nascere solo sulla lavagna, allora l’unico servizio universitario che funziona bene (da sempre) è la mensa,“gaudeamus igitur”
… “tutti i concorsi sono pilotati, sulle ammissioni a Facoltà a numero chiuso esistono vere e proprie organizzazioni, Presidi di Facoltà e Rettori attaccati con il cianoacrilato alle rispettive poltrone (e non importa se qualcuno ha una posizione processuale non risolta). La “casta” fa quasi rima con “cosca””…
Ebbene, prof. Ganci, quella da Lei descritta a me sembra una situazione disastrosa. Qualche risposta a questi “inconvenienti” (diciamo così!) viene forse data dal DDL sulla riforma universitaria. Eppure, chi ha visto rinnovata la propria carica a partire dal 1 Novembre 2009 (ovvero oggi) “regnerà” tranquillo per altri quattro anni.
E mi piacerebbe qui ribadire il concetto che quanto oggi viene fatto, sia in termini di pubblicazioni scientifiche, sia in termini di malefatte nel contribuire al nepotismo o ad altri disastri sociali, ormai non conta più in questa nostra società alla rovescia.
Si riesce a diventare ricercatore senza aver mai dato prova di saper pubblicare alcunché; e questo è visto come cosa normale: basta un certificato di nascita che comprovi l’appartenenza alla “casta” per superare un concorso. Ne abbiamo visti di “casi del genere”! C’è un intero libro dedicato a “casi del genere” (“Parentopoli” di Nino Luca, Ed. Marsilio, 2009).
E pensi che, a volte, se si pubblica troppo e, così facendo, si infastidisce qualcuno, allora non c’è scampo: la carriera, paradossalmente, è finita. Vi sono “casi del genere” un po’ ovunque. Conosco ricercatori che, nonostante abbiano pubblicato interi tomi di altissima qualità, recensiti anche su quotidiani a tiratura nazionale, restano ricercatori per una vita. Quindi ci sbarezzeremo finalmente di loro? Immagino che questo sarà un bene per la crescita culturale di questa nostra “povera Patria”…
Teniamoci stretti, però, amici e parenti dei reggenti: verrà così finalmente esaltato il senso di “appartenenza” e di “famiglia”. Ed Ella ha tuttavia ben specificato, nel suo godibile scritto, il vero, profondo senso di questi due concetti, dai quali non è più possibile prescindere in molti atenei meridionali. E tutto questo avviene mentre le stelle stanno a guardare, immobili, fisse nella impertubabile e lontana volta celeste.
Cordiali saluti,
Ilaria Stambelli
Gentile Commentatrice,
innanzi tutto la ringrazio per la considerazione che rivolge ai miei scritti. Nel suo commento c’è una “riscoperta” di un movente antico quanto il mondo: l’invidia. Ecco perché conosco Ricercatori di livello internazionale perseguitati nell’ambito della Facoltà. Più dimostrano operosità (l’operosità presuppone ingegno e solidità di preparazione) e più sono osteggiati in mille modi anche tramite innominabili meschinità. E’ chiaro che nelle mie affermazioni c’è l’occhio puntato su Genova e dintorni, ma anche a Salerno e dintorni mi sembra che non si scherzi. Da quanti lustri è Rettore il vostro Pasquino? Evidentemente va bene alla quasi totalità del “carrozzone”. Sbaglio ad affermare che, da voi, c’è un Preside di Facoltà che la stampa nazionale indica come persona che avrebbe compiuto un falso? E’ sempre a dirigere la Facoltà? E non ha il buon gusto di dimettersi? La Facoltà, nella quasi totalità, ha quel che si merita. E meno male che il termine “Chiarissimo” è diventato desueto perché farebbe ridere non poco. Quando un modesto Ricercatore viene invitato a Convegni internazionali e i suoi diretti “prima fascia” non superano il “filtro” dell’allegro simposio nazionale, sicuramente qualcosa non funziona. Maria Stella non ha ancora il coraggio di fare cadere qualche testa eccellente e se la prende con i poveri Ricercatori che dopo sei anni di angherie e umiliazioni o slagono ai piani alti o sono buttati nella rumenta. La mensa universitaria, per fortuna, mi dicono che (almeno a Genova) funziona sempre molto bene … quindi consoliamoci: almeno un aspetto dell’università è immune da critiche.
Cordiali saluti
Salvatore Ganci