Viaggio al termine della notte
Si intitola così il più bel romanzo di Louis-Ferdinand Céline, medico e scrittore francese del secolo scorso, ‘vagabondo’ tra Africa e America dalla fine della prima guerra mondiale in poi. Collaborazionista dei tedeschi nel secondo conflitto bellico mondiale e fortemente antisemita, fu costretto ad abbandonare la Francia dove nel frattempo era tornato, per riparare poi in Danimarca dove visse in esilio fino al 1951. Poco più che una decina i suoi romanzi. Ma il vero capolavoro fu proprio il primo, cioè quel suo “Viaggio al termine della notte” del 1932. E’ un’opera fortemente autobiografica, che ben si inserisce tra i capolavori della narrativa europea del Novecento; un romanzo che, allo stesso tempo, scolpisce come nel marmo una scultura dell’uomo e del mondo drammaticamente messi a confronto tra loro. Per una perdita di valori conseguenti alla definizione sempre più vaga tra il bene e il male; per una distinzione che tra loro quasi scompare nell’amalgama pericoloso e distruttivo che imbriglia uomini e cose, la società, il mondo di cui essi stessi fanno parte. Una fusione completa, insomma, all’interno della quale gli inevitabili chiaroscuri di origine si appropriano di una entità promiscua e dannosa insieme.Tutto, per Céline, gira intorno allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo nelle colonie francesi; così come in quello non meno perverso ed invasivo del capitalismo americano. Per una povertà collegiale che accomuna in un unico destino gli uni agli altri. Si inasprisce, in conseguenza di ciò, la povertà degli uni e degli altri per un universo dominato dalle brutali leggi della sopravvivenza, una povertà che quegli uni e quegli altri contrappone inevitabilmente tra loro. Leggi della giungla, quindi, o del circo, o dei recinti di borgata all’interno dei quali cani ringhiosi all’uopo addestrati vengono contrapposti in orrende e proficue gabbie della morte di un’epoca cosiddetta moderna, all’interno delle quali vive e prolifica, identificandovisi, l’uomo contemporaneo al servizio delle potenti lobbies del potere malavitoso.
Con l’unica differenza, rispetto a Céline, che, mentre il grande francese riusciva a mescolare riso e dolore, comicità e tristezza, turpiloquio e sublime per un affresco umano superiore nel segno inconfondibile della eterna letteratura, l’atrocità dei nostri tempi incalzanti e crudeli, simbolicamente disegnati da piombo e malaffare promiscui e devastanti nella comune identità che li associa, spopola apertamente sull’intero territorio del paese. Di tutto ciò ci viene resa, da settimane ormai, grande abbuffata televisiva e mediatica in generale, focalizzando sui teleschermi e nei giornali questa variopinta e disgustosa querelle sull’eterosessualità del principe o sulla trans-sessualità dell’avversario. Per un viaggio nella notte senza termine, le cui ombre dipingono sui volti smarriti dei ‘poveri’, della gente comune, confusione ed incertezza, miseria e disgusto, desolazione e sconforto. Fuor di metafora, il quadro politico che viene fuori negli ultimi tempi è a dir poco noioso e devastante in tutti i suoi effetti. La povertà della gente non ne riduce fortunatamente le capacità critiche, la miseria del quotidiano non le impedisce di collocare sullo scanno degli imputati entrambe le forze politiche più importanti del paese. Se il PD, nel suo complesso di forza incapace a suo tempo di riformare tutto ciò che criticava e condannava, ha subito il giusto verdetto degli elettori, anche il PdL degli ultimi tempi vivacchia in più casi nella casupola mai troppo ospitale ed affidabile della ambiguità e della contraddizione. Ne abbiamo avuto un altro esempio, né più né meno che una conferma nel caso specifico, relativo alla questione del Comune di Fondi in provincia di Latina. La trasmissione di Santoro di giovedì scorso ha messo un dito insanguinato dentro una piaga che poteva essere curata, mentre così non è stato. Perché, quando troppe verità vengono rivelate, quella autentica giace nei cassetti di sicurezza dell’indicibile. Finisce come è finita. Con i misteri oscuri ed infiniti della squallida vicenda-Marrazzo senza che nessuno si sia ancora chiesto a chi appartenga l’appartamento di tanti incontri trans-focosi. E con un ministro dell’Interno smentito dai vertici del suo comando, quello politico (la Lega) e quello istituzionale (il governo), che rinuncia, per intimo compromesso, a fare l’unica cosa per lui credibile e vantaggiosa. Dimettersi. Anche perché le verità delle parti così come emerse nella lunga trasmissione di “Annovero” non hanno certamente alterato i convincimenti liberi del libero pensiero della gente comune, del popolo, dell’uomo della strada. Che a Fondi ha perso la democrazia, che un provvedimento autorevole e deciso del governo, per uno scioglimento dall’alto di quella amministrazione comunale, a quella democrazia tanto sbandierata nei discorsi ufficiali di tutti avrebbe restituito forza, credibilità e fiducia nella politica e nelle istituzioni.Così non è stato. A testimonianza dell’unica verità che non si può rivelare. E,cioè, che, al momento opportuno, la Mafia vince sempre il suo round nei confronti di uno Stato dai pantaloni allentati. E compromessi. Il che è decisamente peggio. Rendendo lungo e interminabile questo triste viaggio di Céline, in una notte sempre più favorevole alla promiscuità del bene e del male, come amaramente scriveva il grande intellettuale e romanziere francese in un tempo lontano. Eppure a noi vicino, tanto vicino!
Davvero un bellissimo articolo degno di plauso se non fosse che, ogni qualvolta che si “tratta” Cèline, v’è sempre la solita insopportabile sottolineatura del Cèline Antisemita e per di più, con inqualificabile leggerezza, attribuendogli sommariamente la qualifica di collaborazionista.
“Collaborazionista dei tedeschi nel secondo conflitto bellico mondiale e fortemente antisemita (…)”.
Trovo questa sua frase l’ennesimo tentativo tendenzioso e che puzza tanto di bottega “politically correct”; se così non fosse, sarebbe chiaro che conosce ben poco l’uomo Cèline così come le sue opere ma soprattutto “Bagatelle per un massacro” (1937) e ancor di più le motivazioni per cui lo scrisse (evitare una seconda guerra…) e che gli costarono le accuse (cominciarono già l’anno prima con “Mea Culpa” in cui accusa Stalin di genocidio) più infamanti di tutte quelle brave persone dell’èlite “politically correct” dell’epoca che promulgarono un’ideologia che è costata la morte di più di 20 milioni di persone nella sola Russia! e continuarono ad attaccarlo (e continuano) per coprire le loro ambiguità, le loro menzogne, e successivamente la loro vergogna a permettere che l’Olocausto potesse accadere.
Pertanto prima di affermare cose di una così gravità, così infamanti, la invito a documentarsi… per esempio, potrebbe con la lettura di questa lettera: Marina Alberghini http://louisferdinandceline.free.fr/indexthe/opprobr/alberghini.htm
v’è anche:http://lf-celine.blogspot.com/
Cordiali saluti.
Silvian
La storia ha le sue verità (”Per il suo collaborazionismo e per alcuni suoi scritti violentemente antisemiti, nel dopoguerra” (Céline, N.d.A.)venne arrestato e successivamente condannato in contumacia,…”; così come la critica letteraria ha le proprie, nella sua costante ed auspicata evoluzione (cfr. il “fascista” Ezra Pound ieri e quello rivalutato di oggi.)
A proposito, firmato Michele Ingenito
Salve,
antisemita si può discutere, “collaborazionista” proprio no. A meno che lei non abbia documenti che non conosciamo (e intendo documenti comprovanti una posizione attiva di Céline al fianco degli occupanti tedeschi, non una citazione al volo della sentenza del 1950… che sa tanto di tribunale dei vincitori, come direbbe Benedetto Croce).
Comunque, citare il Voyage parlando dell’onorevole presidente del consiglio e del PD mi sembra fuori luogo, povero Céline! 🙂
Cordialmente,
Andrea Lombardi