Cilento: quale futuro possibile per il Parco Nazionale?
Giuseppe Lembo
Tanto per non morire, soprattutto, dal punto di vista sia antropico che territoriale e paesaggistico. In questo territorio, la prima grande risorsa è la risorsa umana, una risorsa antica con le radici nel profondo di una Buona Terra che ha saputo sempre garantire una sana e saggia Buona Vita, con i contadini, i primi, insostituibili guardiani dei territori, sui quali, l’uomo ha vissuto sempre in simbiosi con la Terra, amandola, lavorandola, migliorandola per meglio conservarla al futuro, dopo averne compiuto il suo saggio dovere di custode affidatario. Il Cilento, soprattutto, il Cilento collinare con le sue tante piccole realtà umane, è stato nel tempo, tutto questo. Un mondo di sofferto lavoro in territori non facili, ma comunque e sempre voluti bene. Vissuti in un rapporto di forte amore degli uni per gli altri. Di generazione in generazione, coltivati migliorandoli e così sottraendoli ad una natura fortemente selvaggia; tanto, portandoli in coltivazione, per tanti buoni frutti ed utili anche per le minime risorse per vivere. E così, lo scosceso territorio della macchia mediterranea fatto di rovi, ginestre, erba sparto e tante, tante altre specie naturali selvagge, terrazzato e murato a secco (i muri a secco del Cilento e dell’Italia più in generale, sono prossimi al riconoscimento di patrimonio dell’umanità), grazie al sofferto lavoro umano fortemente spontaneo, murato e terrazzato, è stato lungamente, per tanti contadini cilentani, l’unica utile risorsa di vita. Un mondo contadino tristemente negato, con le tante Terre di fatto abbandonate, ostinatamente sottratte alla natura selvaggia e quindi sempre più spesso disumanamente coltivate ad esclusivo beneficio di chi ne aveva il solo formale diritto proprietario per molti versi innaturale, approfittando di un sempre più diffuso ed aggressivo “Stato di fame” che, in queste Terre amare, rendeva la vita di tanti difficile da vivere e/o semplicemente sopravvivere. Tanto nella storia di un Cilento, naturalmente diventato nel tempo, a partire dall’Unità d’Italia, una triste Terra di fuga; una Terra di sofferti abbandoni con un’emigrazione di massa che andava svuotando umanamente il Cilento, trasferendone altrove le tante braccia cilentane, da sempre abituate a lavorare duro, per cui, con grande forza d’animo e volontà del fare, altrove protagoniste senza saperlo, di percorsi di sviluppo, purtroppo, disumanamente negati in patria da un padronato poco umano ed indifferente al futuro. Ad un saggio e condiviso benessere d’insieme, con al centro, non gli egoismi del “tutto per sé”, anche se trattatavasi di un sé da “briciole inutili”, ma di un insieme solidale, pensato e fatto per l’uomo e non contro l’uomo, anche nelle amare Terre del Sud e nel Cilento in particolare, indifferente ai più, negati ai “diritti” e sempre più spesso, allo stesso diritto alla vita, un diritto dell’uomo che, nessuno può negare ai tanti uomini della Terra, in tante parti del mondo disumanamente sempre più abbandonati a se stessi. Purtroppo, nel tempo in cui viviamo, l’uomo, se parte della “marginalità” italiana e del mondo, è sempre più un uomo senza futuro; un uomo di “stato di fame” dai diritti negati. Cercare di cambiare, pensando ai valori della vita! Cercare di cambiare pensando all’UOMO ed ai suoi valori dell’ESSERE che, rigenerato, può aiutare il mondo e quindi l’UOMO a darsi una nuova dimensione umana, salvandosi da una catastrofe da tempo annunciata e sempre più vicina. Una grande risorsa per questo salvataggio umano è il CILENTO, in quanto Terra dell’ESSERE e di quei suoi valori rigeneranti, i soli che possono salvare il mondo, cancellando gli egoismi del fare umano fatto di un avere e di un apparire che si sono catastroficamente impossessati dell’uomo del mondo, deviandone il corso, ad un punto tale da creare situazioni senza ritorno da “fine del mondo”. Il Cilento ombelico del mondo per essere la “saggia Terra” dei saperi eleatici, non può vivere da indifferente; non può negarsi al futuro lasciandosi andare e negando, così facendo, tutto di se stesso. È un fare non-fare gravemente negativo. Un fare non-fare che non giova a nessuno; che non giova assolutamente a nessuno, anzi, carico di negatività del niente, così com’è, fa male, tanto male a tutti. Basta con la dismissione dell’Italia che si nega al futuro! Basta con la dismissione del Cilento che assolutamente, in modo poco saggio, si nega al futuro! Così facendo, non solo fa male a se stesso, ma al mondo che ha bisogno, tanto bisogno dell’universalità del suo ESSERE, un valore universale da cui dipende il futuro del mondo. Forte di questa sua responsabilità, il Cilento deve riprendersi il suo saggio ruolo di “ombelico del mondo”; tanto, ricordandosi si essere la “Terra dell’ESSERE”, centrale per il futuro del mondo. Centrale per cambiare il mondo che ha bisogno, tanto bisogno dell’ESSERE e dei suoi valori, per rigenerarsi dalle macerie di un falso mondo dell’avere e dell’apparire, ormai giunto al capolinea e prossimo ad una sua implosione che sarà per tutti, l’inizio di un mondo nuovo; il saggio inizio di un mondo umanamente nuovo, con alla base i valori dell’ESSERE, dominanti i falsi valori dell’avere e dell’apparire che hanno fatto credere al mondo che, l’UOMO può anche vivere indifferente all’ESSERE ed ai suoi valori. L’UOMO, come dimostrano le tante esperienze della storia umana, essendo ESSERE, ha assolutamente bisogno di vivere del mondo dell’ESSERE e dei suoi valori. Il mondo se non è questo, vive in una condizione di disumana sofferenza. In una condizione di sofferenza che fa umanamente male al futuro possibile, negandolo e rendendo l’umanità tristemente dal futuro negato.