A Genova un collaudato quadretto di famiglia universitaria

Salvatore Ganci

A Genova è iniziato il processo contro Gennaro Schettini, docente universitario ed ex direttore del Dipartimento di Neuroscienze, accusato con altre sette persone (una bella famigliola come d’obbligo nei nostri atenei)  di falso in atto pubblico, truffa e concussione. Tradotto in soldoni: avrebbe taglieggiato anche giovani ricercatori ricchi solo di gioventù e di intelligenza (ma bisognosi del suo avallo per essere  “confermati”).  Oramai i casi  di mala università stanno diventando comuni come quelli di mala sanità. Ma è una mala sanità spirituale e morale di tutto uno Stato l’aspetto più preoccupante. Il divario tra chi lavora, produce e rimane un “senza carriera” magari perseguitato dal suo “chiarissimo” preside di facoltà e chi delinque sia intellettualmente che secondo lo stile di cui Gennaro Schettini ci fornisce un fulgido esempio. Quanto più semplice, pensiamo, quasi per una sorte di par conditio, deve essere il ricatto o la riduzione al silenzio (o, peggio, alla fame) di bravi ricercatori in atenei dove si odono strani tintinnii che non sono certo dovuti al dondolio dei campanellini delle renne di Babbo Natale. Ma si sa, esistono atenei dove si diventa ricercatori senza uno straccio di pubblicazione e, quindi, quelli che sono capaci di pubblicare  tanto e su primarie Riviste diventano una implicita minaccia per “i figli di...”.  Questa è l’Italia nella quale dovremmo fare vivere e studiare i nostri figli.  Nell’udienza dei giorni scorsi, però, la maggiore sorpresa è venuta dal  ministero dell’Università che  non si è costituito parte civile, come invece  hanno fatto invece sette coraggiosi ricercatori, nonostante i tanti proclami e le denunce di Maria Stella Gelmini contro i “baroni” (quelli che una volta erano appellati “chiarissimi”). Eppure, quella di costituirsi parte civile in tutti i processi del genere, era ormai una linea consolidata del ministero, annunciata da Fabio Mussi (castigatore di costumi che lasciò fare come tutti gli altri). Imbarazzo anche dalle parti dell’Avvocatura dello Stato, che evidentemente è da sguinzagliare solo contro la Consulta quando c’è da difendere il lodo Alfano e altre analoghe piacevolezze. Ma Maria Stella,  dopo una bella entrée (ci avevo quasi creduto) una simile caduta di stile … ma che delusione, tu quoque … Mala tempora currunt.,,

 

3 pensieri su “A Genova un collaudato quadretto di famiglia universitaria

  1. Mala tempora currunt.. già, caro Prof. Ganci. Gli atenei nostrani sono ormai gestiti da persone che, una volta in carica, non si degnano più di scendere. E i risultati si vedono.

    Che ne penserebbe Lei di un personaggio che, proprio all’approssimarsi del rinnovo della massima carica di un ateneo qualsiasi, brigasse per modificarne lo statuto, in modo da restare in carica per altri svariati anni? E non una volta, ma ben due. E, dopo aver fatto ciò, vedersi riconfermato nella carica a pieni voti?

    E di un altro che, nell’assordante tintinnio che Lei ben descrive, fa in modo che il proprio rampollo diventi ricercatore senza nemmeno una pubblicazione a suo attivo, in un concorso a candidato unico, magari collocato a ridosso del ferragosto?

    Penserebbe che tutto ciò sia una vergogna, lo so. Mi creda, però; qui tutto ciò non fa arrossire più nessuno, mentre la caccia alle streghe da Lei così minuziosamente descritta va avanti tutto a danno del Sapere e degli studiosi, nell’indifferenza complice degli istituti di controllo della legalità.

    Ma questi sono gli anni che stiamo vivendo, questi gli uomini, questi i fatti.

    Mala tempora currunt…

  2. Gentile Commentatrice,
    no, non ho alcuna difficoltà a ribadire in termini espliciti cosa ne penso. Evidentemente questo Rettore si sente in qualche modo indispensabile al vostro ateneo che non brilla tra quelli virtuosi, nonostante qualche ricercatore eccella per produzione scientifica. Ma un Rettore poco potrebbe fare da solo nel modificare lo statuto per autopolungarsi sine die il mandato. Si vede che c’è un gruppo di potere compatto e coeso fin quando c’è questo Rettore. Quindi è la solita casta nella quale brilla anche un non troppo chiarissimo preside di facoltà (Ingegneria)o sbaglio? e come è andata a finire a questo signore? Sono certo che la casta regge come regge a Macerata e in altri luoghi. Saranno brutti tempi in Italia quando l’aggressività che molti reprimono per ovvi motivi (anche di opportunità) sfocerà in rivolta contro i privilegi che sono all’antitesi della nostra Costituzione. Del figliolo divenuto ricercatore non entro nel merito. La stampa ha trattato ampliamente il caso e i cinque concorrenti “assenti” al concorso hanno dato prova di essere della stessa pasta di questa bella compagnia che regge l’ateneo di Salerno. E’ quanto si legge nella relazione della Commissione che è preoccupante … persone che non hanno neppure coscienza che stanno scrivendo conclusioni in contraddizione logica con le premesse. Sono anche convito che al di sotto di un certo parallelo (geografico e morale) nessuno arrossisce e nessuno si scandalizza, anzi farebbe un patto con il diavolo per entrare nelle grazie della casta. Le posso assicurare che, idoneo a concorso a professore associato, ho inviato richieste di possibile chiamata a moltissime università del nord del centro e della Sardegna ma nessuno mi potrà “contestare” di avere inviato qualche richiesta a Napoli e a Salerno. I miei “nemici” del luogo non potranno che confermare.
    A lei auguro di “sopravvivere alla meglio” se fa parte dell’ateneo salernitano (io, speriamo che me la cavo!). In ogni caso apprezzo il suo coraggio di esporsi. Mala tempora currunt …

  3. Ringrazio per i suoi auguri e per l’apprezzamento circa il mio coraggio. Sa, prof. Ganci, i Don Abbondio “abbondano” da queste parti. E, in effetti, Lei ha ben individuato il problema dell’incedibilità dello scettro.

    Mi sovviene, a tal proposito, il contenuto di un famoso romanzo di Primo Levi. Le torture, in alcuni ambiti, sono possibili solo perché vi è l’accondiscendenza incondizionata e l’omertosa collaborazione di un’ampia fetta di sottoposti. Uno schifo, Lei direbbe. Uno schifo, Le risponderei.

    Tornando per un attimo a quell’episodio riprovevole, premiato con un consenso senza precedenti alle ultime elezioni (vede come va il mondo?) mi chiedo che cosa possa essere un’università se non si apprezzano le persone dai lavori (immagino che i ricercatori a cui fa riferimento pubblichino molto e ad alti livelli) ma dall’appartenza ad un “clan” familistico di potere (mi lasci dire!). In questi casi, secondo il mio modestissimo parere, siamo di fronte ad un contesto in cui l’associazione delle persone non viene perseguita per la crescita culturale degli studenti. E forse il tintinnio a cui Lei fa cenno ne è una plastica prova. Come lo è la Sua mancata chiamata, a cui fa cenno nella Sua cortese risposta. Eppure, mentre a latitudini morali diverse qualche “errore” (per non dire “orrore”) viene punito, qui si blandisce il potente di turno per ricevere magari un posticino per il figliolo in età di lavoro. “Così fan tutte” (le caste).

    E forse, per quanto detto sopra, Ella avrebbe dovuto ingraziarsi qualche “clan” prima di aspirare a svolgere la Sua funzione di docente e di scienziato in qualche ateneo nostrano, nonostante molti l’apprezzano (in ambito non nazionale, soprattutto) e nonostante sia risultato idoneo (non credo per miracolo) ad un concorso pubblico. Le tecniche sono le solite, e immagino che Lei lo sappia, così per decenza ometto di descriverle. Ma non si reputi sfortunato nel non aver potuto prendere parte a questi teatrini dell’invidia e della vanagloria. La situazione oggi sembra alquanto insanabile, perché, nel frattempo, oltre agli allegri tintinii, e come naturale conseguenza di ciò, si incominciano a udire i versi di splendidi esemplari di onagro in modo forte e chiaro.

    Mala tempora currunt…

    P.S. Mi sono informata sul “chiarissimo” a cui Lei fa riferimento nella Sua risposta. In effetti sembra che, dopo un non brevissimo periodo di restrizione della libertà personale e di interdizione dai pubblici uffici, sia tornato in servizio e sia stato rieletto nella carica proprio di recente e con ampio consenso, a riconferma di quello che Lei va affermando. Nel tripudio di tutti, naturalmente.

    Auguri di Buone Feste.

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