Shoah dei disabili: incancellabile!

Al termine della seconda guerra mondiale si è parlato tanto dello sterminio ebraico, ma a volte ci si dimentica della Shoah dei disabili perpetrata nel regime nazista. Lo sterminio dei disabili nel 1939-41 fu la prima operazione di omicidio tecnologico di massa attuata direttamente in Germania dal regime nazista. Già subito dopo l’avvento al potere di Hitler lo Stato discrezionale nazista aveva  scatenato la persecuzione contro gli oppositori politici, che a decine di migliaia erano stato rinchiusi nei campi di concentramento e sottoposti a brutali maltrattamenti, torture e uccisioni al di fuori di ogni tutela giuridica. In seguito, parallelamente al varo di una legislazione discriminatoria sempre più radicale a danno degli ebrei e anche degli zingari, la popolazione dei campi si era allargata ad altre categorie di “esclusi” dalla comunità popolare, come i Sinti e i Rom, gli omosessuali, i testimoni di Geova, i cosiddetti “asociali” e  anche determinati criminali comuni. Tra i perseguitati “estranei alla comunità” un posto privilegiato fu riservato alla categoria dei disabili fisici e mentali, che una teoria eugenetica molto diffusa tra medici, psichiatri e antropologi definiva una “razza degenerata”. Già negli anni ’30 persone soggette a veri o presunti disturbi mentali e comportamentali, ad alcoolismo o a malformazioni fisiche in numero di 300.000 erano stati sottoposti a sterilizzazione forzata in nome di una asserita “purificazione” della razza e dell’asserito sgravio alle finanze dello Stato che sarebbe derivato dalla futura estinzione di questi soggetti.

Con l’aggressione alla Polonia e lo scatenamento della guerra prese tuttavia avvio l’operazione T4. Su ordine di Hitler si costituì a Berlino un ufficio segreto, del tutto al di fuori della legge, guidato da burocrati della cancelleria del Führer e dal suo medico personale Karl Brandt, con il compito di procedere allo sterminio delle cosiddette “vite non degne di essere vissute”. Si procedette a una schedatura sistematica di tutte le persone già ricoverate in ospedali, case di cura e di riposo in ambito pubblico e privato e se ne organizzò il trasferimento, a scaglioni, in sedi di “transito” e poi in cinque sedicenti istituti sanitari ( Grafenek, Hartheim, Sonnenstein, Bernburg, Hadamar) dove queste persone furono uccise collettivamente in numero di 80.000 con il sistema delle camere a gas, che vennero qui per la prima volta sperimentate, corredate da appositi forni crematori.

L’operazione avrebbe dovuto rimanere segreta all’opinione pubblica e agli stessi parenti delle vittime, a cui veniva comunicato il decesso dei congiunti insieme alla disponibilità delle ceneri. Commissioni di medici, con l’avallo dei direttori delle singole strutture sanitarie, procedevano alla schedatura dei malati, con poteri di vita e di morte sui pazienti, alle pratiche di trasferimento e alla redazione di falsi certificati che ne attestavano la morte per asserite “cause naturali”. L’operazione ebbe inizio con lo sterminio di circa 5000 bambini da parte di medici e infermieri con iniezioni letali o con pratiche di denutrizione direttamente nelle strutture in cui erano ricoverati,  per estendersi nel giro di breve tempo agli adulti, con la predisposizione delle citate cliniche della morte site nella diverse aree geografiche della Germania.

QUESTO OLOCAUSTO ANCORA PIÙ CRUENTO È INCANCELLABILE

Dr. Davide Sarno Segretario Generale Provinciale Sinlai Salerno e Ass.ne Naz. IncancellAbili