La Voce e la Vita della Chiesa: il Sabato Santo

Diacono Francesco Giglio

 “Sia lode e onore a te, pastore buono,

luce radiosa dell’eterna luce,
che vivi con il Padre e il Santo Spirito
nei secoli dei secoli glorioso. Amen.”

 Il Sabato Santo è il giorno in cui la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e Morte, la sua discesa agli inferi, astenendosi dal celebrare il sacrificio della Messa (la mensa eucaristica resta senza tovaglie e ornamenti) fino alla solenne Veglia o attesa notturna della Risurrezione (Messale Romano, p. 160).

Gesù Cristo, dopo che il suo corpo fu tolto dalla croce su cui è morto, il Venerdì Santo venne deposto nel sepolcro e,  per essere preservato dalla corruzione grazie alla virtù divina, discende agli inferi con la sua divinità e con la sua anima umana, ma non con il suo corpo. Secondo certe tradizioni cristiane resta negli inferi per un tempo corrispondente a circa quaranta ore compiendo la sua vittoria sulla morte e sul diavolo, libera le anime dei giusti morti prima di lui e apre loro le porte del Paradiso. Compiuta tale missione, la divinità e l’anima di Gesù si ricongiungono al corpo nel sepolcro: e ciò costituisce il mistero della “Resurrezione”, centro della fede di tutti i cristiani, che verrà celebrato nella seguente domenica di Pasqua. Se nel Giovedì Santo predomina la solennità dell’istituzione dell’Eucaristia e nel Venerdì Santo la mestizia, il dolore e la penitenza per la Passione e morte di Gesù, con la sua sepoltura; nel Sabato Santo invece predomina il silenzio, il raccoglimento, la meditazione, per Gesù che giace nel sepolcro prima della gioia della Domenica di Pasqua con l’annuncio della Risurrezione di Gesù che avverrà nella solenne Veglia pasquale. Che si svolgerà dopo il tramonto del sole ed è considerata parte della celebrazione della Domenica di Pasqua, per cui chi vi assiste compie il precetto di partecipare alla messa domenicale.

Nel tempo del non Coronavirus la Veglia Pasquale inizia con il lucernario, senza segno di croce e senza saluto; solo alla fine della Veglia si impartisce la benedizione finale e il congedo. Poiché celebra la vittoria sul peccato e sulla morte da parte di Gesù, è la celebrazione più importante dell’anno liturgico: per tali ragioni è nota come “madre di tutte le veglie“, secondo la definizione di sant’Agostinomater omnium sanctarum vigilia rum” È inoltre la terza celebrazione peculiare del Triduo pasquale e la più ricca e lunga liturgia di tutto l’anno. Essa rappresenta il cammino del Popolo di Dio, ben espresso nella Liturgia della Parola, fino al suo compimento: la Resurrezione del Salvatore. Secondo un’antichissima tradizione, questa è una notte di veglia in onore del Signore (cfr. Es 12,42). I fedeli, come raccomanda il vangelo (cfr. Lc 12,35-36), devono assomigliare ai servi che, con le lampade accese, aspettano il ritorno del loro Signore, perché quando arriva li trovi vigilanti e li inviti a sedersi a tavola. Il Messale stabilisce in maniera chiara che non si può incominciare la veglia prima che calino le tenebre. A sostegno di tale affermazione, pone due fatti:

  1. La Veglia è celebrazione propria della Pasqua. Il Messale non consente di celebrare l’eucaristia il Sabato Santo. Quindi, questa celebrazione fa già parte della Domenica di Pasqua e richiede pertanto di essere celebrata nella Notte di Pasqua (il giorno ebraico inizia dalla notte e non dal giorno).
  2. I simboli usati nella celebrazione, ad esempio il cero, sono fortemente simbolici nel contrasto con il buio della notte, perché la Pasqua è questo: passaggio dal buio alla luce, dalla morte alla vita.

La Veglia pasquale si articola in quattro parti:

1.  Liturgia del lucernario: La processione del clero esce dalla chiesa, lasciata completamente al buio, senza luci né candele accese, dal Venerdì santo. Una volta fuori dalla chiesa, i concelebranti raggiungono un braciere precedentemente preparato, e il celebrante svolge un breve saluto iniziale preceduto dal segno della croce seguita dalla  Benedizione del fuoco nuovo, la Preparazione del Cero pasquale, la Processione di entrata del con il Cero.

(Il diacono porta in chiesa il cero acceso, simbolo di Gesù Cristo, mentre si canta tre volte: Cristo, luce del mondo.  R/. Rendiamo grazie a Dio. Ad ogni sosta, si accendono al cero successivamente le candele del sacerdote, quelle dei ministri e poi quelle dei fedeli. In tal modo la chiesa è progressivamente illuminata, le tenebre sono vinte dalla luce).

* Annuncio Pasquale: (Il diacono o lo stesso sacerdote proclama il preconio pasquale: tutti i presenti stanno in piedi e tengono in mano la candela accesa).

2. Liturgia della Parola: nella Veglia di Pasqua è la più ricca di tutte le celebrazioni dell’anno; consta di sette letture e otto salmi dall’antico testamento, un’epistola di san Paolo apostolo ed il vangelo scelto tra i tre sinottici, a seconda dell’Anno liturgico allo scopo di ripercorrere la storia della redenzione dall’origine della vita in Dio. Dopo ogni lettura e ogni salmo vi è l’orazione del celebrante. Per motivi pastorali si può ridurre il numero di letture dell’antico testamento da sette a tre; la lettura dell’Esodo è sempre obbligatoria

3. Liturgia battesimale: è uso celebrare anche i battesimi la notte di Pasqua, in questo momento liturgico. Tutti i fedeli riaccendono la candela che avevano all’inizio. Dopo una breve introduzione si cantano le Litanie dei santi. Quindi il celebrante, pronunciata la preghiera, prende il cero pasquale e lo immerge parzialmente nell’acqua del battistero, benedicendo l’acqua, poi passa ad aspergere tutto il popolo. Nel caso in cui ci siano battesimi si compie in questo momento il rito, altrimenti si pronuncia la professione delle promesse battesimali. È possibile concludere la liturgia battesimale con le preghiere dei fedeli. Non si dice il Credo, perché è sostituito dal rinnovo delle promesse battesimali. A seguire la recita delle Litanie dei Santi, la benedizione dell’acqua battesimale e la rinnovazione delle Promesse battesimali

4. Liturgia eucaristica: articolata come in tutte le celebrazioni eucaristiche, al termine della quale, si conclude la grande celebrazione iniziata il Giovedì Santo con la Messa in Cena Domini, con la solenne benedizione e con l’invito:

 <Andate e portate a tutti la gioia del Signore risorto. Alleluia, alleluia >.