Solo una bimba

Giovanna Rezzoagli

Avere otto anni, nascere in un luogo dove la vita di uno non vale la vita di molti. Nascere femmina, in un luogo in cui ciò equivale ad essere inferiore. Nascere e crescere in una cultura per la quale la tua vita è preziosa, sì, ma solo perché nelle tue vene scorre un liquido rosso che può propiziare la benevolenza delle divinità superiori. Nascere, crescere per poi morire perché mani assassine decidono che il tuo sangue non deve più scorrere nelle tue vene, ma lasciato colare da un altare improvvisato. Non è una macabra rievocazione di una cerimonia tribale lontana nel tempo, ma di un fatto avvenuto solo da due giorni, lontano solo geograficamente. Precisamente in Nepal, ove la polizia ha arrestato quattro persone con l’accusa atroce di aver ucciso una bimba di soli otto anni durante un rito religioso. Non occorre essere etnocentristi per configurare un simile episodio come tra i più abietti che si possano concepire. Non vi è senso religioso che tenga di fronte alla vita di una bambina, non vi può essere giustificazione alcuna per simili accadimenti. E’ solo l’ennesima violenza contro chi non può difendersi, perché piccolo, probabilmente solo, in un mondo di lupi famelici, sadici assassini pseudoreligiosi. Misogini all’inverosimile, dimentichi dell’esser vivi proprio perché generati in un corpo femminile. Mostri senza armadi in cui nascondersi. Per loro, infine, era solo una bimba.