Salerno: Comitato di cittadini contro Certificato verde Covid-19 e obbligo vaccinale

Salerno: Comitato di cittadini contro Certificato verde Covid-19 e obbligo vaccinale

Il Comitato del Presidio di Cittadini di Piazza Portanova in Salerno per il diritto di affermare “Aboliamo il Certificato verde Covid-19 e aboliamo l’obbligo vaccinale per tutti gli italiani” costituitosi per affermare i diritti umani naturali (previsti per gli uomini vivi e per le donne vive), i diritti umani fondamentali (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e Carta dei Diritti Fondamentali) e i diritti costituzionali (Carta Costituzionale) sostiene il Dottore Gerardo Torre, per il procedimento a suo carico previsto con l’udienza del 28/01/2022 ore 20.00, presso l’Ordine dei Medici di Salerno, in quanto portatore di un interesse diffuso alla “corretta pratica dell’arte medica”. Il Comitato di Piazza Portanova si unisce all’ Incontro Pubblico a sostegno del Dott. Gerardo Torre “Tachipirina e vigila attesa”, previsto in Piazza Dante in
Salerno alle ore 18.00, per venerdì 28/01/2022, per manifestare il dissenso contro le accuse ingiuste ed immotivate mosse a carico del Dottore Gerardo Torre.
Il Comitato di Piazza Portanova invita l’Ordine dei Medici di Salerno ad accogliere le giuste e motivate osservazioni fornite di seguito e della documentazione a supporto della difesa e per questo di archiviare il procedimento disciplinare a carico del Medico Dott. Gerardo Torre che si è adoperato a prestare la pregevole opera alla Comunità umana, in veste di privato cittadino portatore dell’interesse diffuso alla corretta pratica dell’arte medica, per:
1. CURE DELLA PATOLOGIA COVID-19
Il dottor Gerardo Torre viene ingiustamente accusato di non aver seguito linee guida promulgate da AIFA e pedissequamente mutuate con la Circolare del Ministero della Salute “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2” aggiornata al 26 aprile 2021, tuttavia, tale contestazione è destituita di fondamento alla luce della recentissima sentenza del Tar del Lazio n. 419 del 15.01.2022 che, di fatto, annulla le linee guida che prevedevano Tachipirina e vigile attesa statuendo che è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito. La prescrizione dell’AIFA, come mutuata dal Ministero della Salute, contrasta, pertanto, con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professione, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia COVID-19 come avviene per ogni attività terapeutica.
Sebbene tale provvedimento sia stato tempestivamente sospeso dal Consiglio di Stato con decreto del 19.01.2022, R.G. 411/2022, è doveroso far notare che il Consiglio di Stato con il decreto in questione, in verità, ha ribadito la posizione assunta dal TAR Lazio, evidenziando come il noto protocollo ministeriale non aveva e non ha alcun effetto vincolante, trattandosi di una semplice raccomandazione che, come tale, in alcun modo può impedire ai medici di curare la patologia Covid-19 secondo le loro autonome scelte terapeutiche.
Tanto è vero che il Consiglio di Stato testualmente dispone che non emerge alcun vincolo circa l’esercizio del diritto-dovere del MMG di scegliere in scienza e coscienza la terapia migliore, laddove i dati contenuti nella circolare sono semmai parametri di riferimento circa le esperienze in atto nei metodi terapeutici a livello anche internazionale.
D’altronde ciò appare perfettamente coerente con il disposto dell’art. 4 del Codice Deontologico dei Medici secondo cui: L’esercizio della medicina è fondato sulla libertà e sull’indipendenza della professione.
Alle summenzionate considerazioni occorre aggiungere il rischio di deriva democratica che sta emergendo dalla gestione politica del Covid, come evidenzia il Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB), che nel parere dello
scorso 20.01.2022 richiama l’attenzione dell’opinione pubblica sui seguenti punti:
– la disciplina della “vigile attesa e tachipirina” può avere contribuito alla propagazione del virus Sars-Cov-2 e del Covid, mantenendo soggetti infetti a contatto con soggetti sani in ambienti domestici, e quindi inadeguati;
– la disciplina in parola può avere altresì contribuito a causare la morte di soggetti che avevano contratto il virus Sars-Cov-2 e che avrebbero potuto essere salvati se sottoposti per tempo a terapie precoci e mirate contro il Covid;
– detta disciplina ha precluso – di fatto – ai medici di base la possibilità di individuare approcci terapeutici volti a contrastare efficacemente la diffusione del Covid, soddisfacendo così la condizione essenziale per autorizzare l’immissione in commercio dei cosiddetti vaccini anti-Covid in conformità a quanto stabilito dal regolamento della Commissione europea n. 507/2006;
– ai sensi di questo regolamento, i “vaccini” in questione sono «medicinali» per i quali «non siano stati forniti dati clinici completi in merito alla sicurezza e all’efficacia»: ciò che dimostra ipso iure, al di là di qualsivoglia controversia scientifica,
la loro natura sperimentale;
– nella misura in cui l’assunzione di detti «medicinali» sperimentali comporti un rischio per i soggetti riceventi, la campagna vaccinale si configura come una sperimentazione di massa condotta su soggetti inconsapevoli in spregio dei principi fondamentali di bioetica e di biodiritto posti a tutela dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della medicina, quali i principi di precauzione, di beneficenza e di non maleficenza;
– in particolare, la campagna vaccinale ha sistematicamente condotto alla violazione del principio del consenso libero e informato, codificato all’indomani del processo di Norimberga e da allora mai posto in discussione;
– la campagna vaccinale ha di fatto privilegiato l’immissione in commercio dei soli “vaccini” fondati sulla tecnica dell’mRNA, dagli effetti farmacologici e genetici non noti, privando il pubblico della possibilità di scelta tra questi e i vaccini tradizionali e proteici, rispetto ai quali si dispone di evidenze scientifiche più consolidate;
– tra gli effetti non inattesi della campagna vaccinale si colloca anche l’incitamento alla discriminazione e all’odio nei confronti dei soggetti che hanno scelto di non vaccinarsi, o non possono farlo, di cui si prospetta concretamente addirittura l’esclusione dalle cure mediche in spregio a un altro principio generale di bioetica e di biodiritto, il principio di equo accesso alle cure sanitarie;
– per quanto riguarda le conseguenze di lungo periodo della campagna vaccinale, stanno emergendo evidenze scientifiche in grado di prospettare reazioni avverse al cosiddetto vaccino anti-Covid ben più gravi di quanto finora previsto e comunicato al pubblico dal Governo e dai media, con particolare riferimento alle fasce d’età più giovani, come si evince ad esempio dall’Atto di sindacato ispettivo del Senato della Repubblica italiana del 16 giugno 2021 n. 1-00388;
– infine è sotto gli occhi dell’intera opinione pubblica che uno degli obiettivi principali della gestione politica dell’emergenza Covid e della stessa campagna vaccinale è costituito dall’introduzione, per scopi evidentemente diversi da quelli sanitari, di strumenti di controllo fondati sulla digitalizzazione della vita dei cittadini e degli stranieri residenti in Italia, che con ogni probabilità saranno mantenuti anche dopo la cessazione dello stato di emergenza: ed è in questo senso che deve essere colta la relazione funzionale tra obbligo vaccinale e accesso al Green Pass.
Quanto sopra evidenziato dimostra in modo inconfutabile la completa infondatezza delle accuse mosse al dottor Gerardo Torre in ordine alle esternazioni in materia di cure della patologia COVID-19. Non può essere considerato un comportamento passibile di procedimento disciplinare quello di un medico che cura a casa oltre 3.700 pazienti, senza alcuna ospedalizzazione e senza nessun decesso. La condotta specchiata di tale professionista oltre ad essere stata fondamentale per il territorio è stata anche lodevole per le casse regionali che hanno evitata l’esosa spesa del
ricovero in area Covid-19.
Qualora questo Ordine voglia comunque procedere con l’applicazione delle sanzioni disciplinari ciò genererà un ulteriore logoramento tra la Comunità e le Istituzioni.
2. PRATICA VACCINALE
In riferimento alle presunte affermazioni critiche del dott. Gerardo Torre, in materia di pratica vaccinale per la prevenzione della diffusione della pandemia, bisogna evidenziare più punti e procedere con ordine.
Il dott. Gerardo Torre non ha mai sconsigliato in maniera apodittica la vaccinazione.
La sua condotta medica, anche in materia di vaccini, è stata sempre ispirata al massimo bene per il paziente, svolgendo a tal fine una precisa valutazione anamnestica pre-vaccinale. In conformità al dettato dell’art. 5 del Codice Deontologico dei Medici secondo cui: Il medico nell’esercizio della professione deve attenersi alle conoscenze scientifiche e ispirarsi ai valori etici fondamentali, assumendo come principio il rispetto della vita, della salute fisica e psichica, della libertà e della dignità della persona; non deve soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura.
Tale operato è, tra l’altro, perfettamente in linea con quanto dettato dal consenso informato redatto dal Ministero della Salute in cui il soggetto che si sottopone alla vaccinazione, con la sottoscrizione del modulo, asserisce quanto segue: Ho riferito al Medico le patologie, attuali e/o pregresse, e le terapie in corso di esecuzione. Ho avuto la possibilità di porre domande in merito al vaccino e al mio stato di salute ottenendo risposte esaurienti e da me comprese. Sono stato correttamente informato con parole a me chiare. Ho compreso i benefici ed i rischi della vaccinazione, le modalità e le alternative terapeutiche, nonché le conseguenze di un eventuale rifiuto o di una rinuncia al completamento della vaccinazione con la seconda dose, se prevista. La condotta del dott. Gerardo Torre è altresì conforme alle indicazioni fornite dal Presidente FNOMCeO, dott. Filippo Anelli, nella comunicazione n. 60 del 24.03.2021.
Detta nota evidenzia l’importanza della figura professionale del medico e richiama l’attenzione della Presidenza del Consiglio nonché del Ministro della Salute circa l’opportunità consentita dal decreto “Sostegni” di permettere, in via sperimentale per l’anno 2021, la somministrazione di vaccini nelle farmacie aperte al pubblico direttamente dal farmacista, il quale provvede anche alla raccolta del consenso informato.
Interessante osservare come il Presidente Anelli riporti pedissequamente la carrellata normativa a cui deve ispirarsi la condotta del medico nell’esercizio della sua professione.
Si rileva, infatti, che l’art. 1 (consenso informato) della legge 22 dicembre 2017, n. 219, dispone al comma 1 che: “La presente legge, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”. Il comma 2 prevede che è promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico. Il comma 3 stabilisce che: “Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai
rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi.
Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”. Il comma 6 dispone che: “Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può
esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali”.

Il comma 8 stabilisce che il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura.
L’art. 35 del Codice di deontologia medica (Consenso e dissenso informato) dispone che: “L’acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile. Il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato. Il medico acquisisce, in forma scritta e sottoscritta o con altre modalità di pari efficacia documentale, il consenso o il dissenso del paziente, nei casi previsti dall’ordinamento e dal Codice e in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull’integrità psico-fisica. Il medico tiene in adeguata considerazione le opinioni espresse dal minore in tutti i processi decisionali che lo riguardano”. Va precisato che il dovere di informare da parte del medico e il diritto di essere informato da parte del paziente è previsto anche dall’articolo 33 del Codice di deontologia medica (Informazione e comunicazione con la persona assistita) che al comma 1 stabilisce che: “Il medico garantisce alla persona assistita o al suo rappresentante legale un’informazione comprensibile ed esaustiva sulla prevenzione, sul percorso diagnostico, sulla diagnosi, sulla prognosi, sulla terapia e sulle eventuali alternative diagnostico-terapeutiche, sui prevedibili rischi e complicanze, nonché sui
comportamenti che il paziente dovrà osservare nel processo di cura”.
Si sottolinea inoltre che la giurisprudenza consolidata ha chiarito che il consenso informato, ad oggi, si configura come un diritto del paziente ad essere informato riguardo le proprie condizioni di salute e a poter scegliere liberamente e
volontariamente se sottoporsi o meno ad un trattamento sanitario e si pone, altresì, come un obbligo informativo del medico di rendere edotto il proprio assistito, la cui violazione può essere foriera di una sua responsabilità civile. Il consenso all’atto medico da parte del paziente non può essere mai presunto o tacito, ma deve essere fornito espressamente dopo aver ricevuto una corretta informazione. Ricade in capo al medico l’onere della prova sulla effettiva acquisizione del consenso all’atto medico da parte del paziente. Pertanto l’acquisizione del consenso informato è per legge un atto di esclusiva competenza del medico. La ratio di tale previsione legislativa deve ritenersi finalizzata ad attribuire al medico, in quanto unico soggetto deputato all’anamnesi e alla valutazione dello stato di salute del paziente, la trasmissione di una corretta informazione finalizzata alla raccolta del consenso riguardo ai benefici e ai rischi di tale trattamento sanitario, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze di un rifiuto dello stesso. Tale legislazione deve ritenersi avanzata all’interno del quadro normativo comunitario, in quanto ha introdotto una maggiore
tutela del rispetto del diritto, costituzionalmente protetto, alla tutela della salute individuale e collettiva. Riteniamo, quindi, che anche in una fase emergenziale della pandemia non si possa abdicare ai principi introdotti con la legge 22 dicembre 2017, n. 219.
Come più volte affermato dalla Corte costituzionale la salute è un bene primario che assurge a diritto fondamentale della persona ed impone piena ed esaustiva tutela, tale da operare sia in ambito pubblicistico che nei rapporti di diritto privato. È stato anche ripetutamente affermato che la tutela della salute riguarda la generale e comune pretesa dell’individuo a condizioni di vita che non pongano a rischio questo suo bene essenziale. E tale tutela implica non solo situazioni attive di pretesa, ma comprende – oltre che misure di prevenzione – anche il dovere di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui. Ciò detto, nel comprendere e condividere la necessità di accelerare la campagna nazionale di vaccinazione, alla quale i medici e gli odontoiatri italiani stanno dando un contributo fondamentale, non
possiamo non rilevare questa sostanziale criticità della novella legislativa, che rischia di compromettere le procedure inerenti all’anamnesi prevaccinale e alla prevenzione di eventuali reazioni avverse. Si sottolinea infatti che anche nei riassunti delle caratteristiche di prodotto, approvati dalle autorità regolatorie, dei vaccini attualmente registrati, e pubblicati sul sito dell’AIFA, è raccomandato che devono essere sempre prontamente disponibili cure e supervisione mediche adeguate in caso di reazione anafilattica a seguito della somministrazione. La stessa decisione di sottoporre o meno a vaccinazione la persona, sulla base delle indicazioni riportate nelle caratteristiche del prodotto, non può prescindere dalla valutazione delle condizioni di salute del paziente, da effettuarsi da parte del medico nel momento
stesso della vaccinazione, anche per escludere potenziali situazioni patologiche intercorrenti. Inoltre, non possiamo non evidenziare come la mancata osservanza di quanto rappresentato nei suddetti riassunti delle caratteristiche del prodotto
esponga i vaccinatori non medici alle inevitabili conseguenze medico-legali. La FNOMCeO ritiene imprescindibile riporre la massima attenzione alla tutela della salute dei pazienti nel caso di possibili complicazioni derivanti dallo svolgimento di tale attività di vaccinazione. Pertanto, si evidenzia che tale attività sanitaria, comportando un potenziale rischio per la sicurezza del paziente – tanto che il medicinale è soggetto a prescrizione medica limitativa (RRL) – dovrebbe essere
necessariamente svolta sotto la supervisione e alla presenza del medico. Si sottolinea inoltre che il Ministero della salute con Circolare del 9 febbraio 2021, recante “Aggiornamento vaccini disponibili contro SARS-CoV-2/COVID-19 e
chiarimenti sul consenso informato” ha specificato che: “Relativamente alla scheda anamnestica, la verifica dello stato di salute e/o di patologia anche in occasione della seconda somministrazione si pone quale elemento imprescindibile per la decisione di procedere alla vaccinazione da parte del personale sanitario. In ragione di ciò, è necessaria una verifica da parte del personale sanitario preposto alla vaccinazione in merito ad eventuali modificazioni dello stato di salute e/o di patologia intercorse dopo la somministrazione della prima dose, ivi compresi eventuali reazioni avverse e/o effetti collaterali, da annotarsi nella scheda anamnestica”. Ebbene tali valutazioni anamnestiche non possono che essere effettuate da un medico e rappresentano il presupposto dell’assenso del medico a quel determinato cittadino per effettuare il vaccino, così come previsto dall’AIFA nel vincolare la somministrazione alla prescrizione medica limitativa.
Il dott. Gerardo Torre si è attenuto pedissequamente a quanto sopra riportato, di conseguenza, al medesimo alcuna accusa può essere mossa, qualora, il paziente, opportunamente reso edotto, decida liberamente di non aderire all’attuale campagna vaccinale.
A ciò si aggiunga che, qualsiasi medico che ispirandosi al principio di precauzione, giunga a sconsigliare la vaccinazione alle donne incinte, ai bambini da 0 a 12 anni e ai soggetti guariti dalla malattia Covid-19, non inficia l’andamento della campagna vaccinale, ma si limita ad esercitare l’arte medica secondo scienza e coscienza, nel pieno rispetto delle norme deontologiche già sopra citate.
Il vaccino è un farmaco che viene somministrato ad un soggetto sano, e come tale è subordinato ad un’attenta analisi di rischi-benefici del trattamento.
Purtroppo, il cittadino comune non può fare a meno di notare la profonda discrasia su quanto riportato sui siti istituzionali e quanto si rinviene da altre autorevoli fonti.
Con riferimento alla vaccinazione della donna in gravidanza non può che notarsi con sconcerto che nonostante l’Istituto Superiore di Sanità consigli di procedere alla somministrazione della terza dose, dal medesimo studio, portato a supporto di tale posizione, si legge che Le evidenze sull’immunogenicità e la sicurezza di vaccini contro la Covid-19 in gravidanza, indisponibili nei trial clinici iniziali, sono crescenti anche se non ancora conclusive. Per il momento si è in attesa della pubblicazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco del report sugli effetti avversi del vaccino! Sperando di non dovere arrivare tra 5-6 anni e constatare un effetto avverso oggi sconosciuto. Tuttavia, da un recente studio pubblicato in MDPI, lo scorso 18.11.2021, dal titolo Vaccinazione materna contro il COVID-19 e suo potenziale impatto sullo sviluppo
fetale e neonatale, si apprende che I vaccini sono stati sviluppati a “velocità di curvatura” per combattere la pandemia di COVID-19 causata dal coronavirus SARSCoV-2. Sebbene siano considerati l’approccio migliore per prevenire la mortalità,
quando si valuta la sicurezza di questi vaccini, le donne in gravidanza non sono state incluse negli studi clinici. Pertanto, la sicurezza del vaccino per questo gruppo demografico, così come per il feto e il neonato in via di sviluppo, resta da determinare.
È in corso uno sforzo globale per incoraggiare le donne incinte a vaccinarsi nonostante il rischio incerto che rappresenta per loro e per la loro prole. Detto questo, sarà necessaria la raccolta di dati post-hoc, potenzialmente per anni, per determinare gli esiti di COVID-19 e la vaccinazione sulla prossima generazione.
Dal sito del Ministero della Salute si apprende che In Italia, i vaccini Comirnaty (BionNtech/Pfizer) e Spikevax (Moderna) possono essere somministrati al di sotto dei 18 anni di età (a partire dai 12 anni di età). Il 1° dicembre l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha autorizzato la somministrazione del vaccino Comirnaty anche ai bambini tra 5 e 11 anni, in dose ridotta (un terzo del dosaggio autorizzato per adulti e adolescenti) e con formulazione specifica.
Nonostante, per quanto concerne i bambini si è evidenziato in uno studio pre-print, pubblicato il 22.07.2021, in MedRxiv, che nonostante il decorso frequentemente asintomatico dell’infezione, i bambini avevano livelli di anticorpi specifici più elevati e i loro anticorpi persistevano più a lungo rispetto agli adulti (96,22% contro 82,89% ancora sieropositivo 11-12 mesi dopo l’infezione). In sintesi, sebbene i bambini mostrino principalmente decorsi clinici lievi o addirittura asintomatici a seguito dell’infezione da SARS-CoV-2, hanno una risposta immunitaria umorale forte e duratura. Ciò sostiene fortemente una protezione prolungata dopo l’infezione.
Per quanto concerne il rapporto rischi-benefici lo studio pubblicato in data 13.07.2021, The British Medical Journal, dal titolo Vaccini Covid-19 per bambini:
ipotetici benefici per gli adulti non superano i rischi per i bambini, in cui si legge […] molti credono che la vaccinazione di massa dei bambini possa non solo proteggerli da una grave covid-19, ma anche prevenire la trasmissione successiva, proteggendo indirettamente gli adulti vulnerabili e aiutando a porre fine alla pandemia. In primo luogo, la malattia nei bambini è generalmente lieve e le conseguenze gravi rimangono rare. Anche supponendo una protezione contro la covid-19 grave, data la sua bassissima incidenza nei bambini, sarebbe necessario vaccinarne un numero estremamente elevato per prevenire un caso grave. Nel frattempo, un gran numero di bambini con un rischio molto basso di malattie gravi sarebbe esposto ai rischi del vaccino, noti e sconosciuti.
Secondo un altro studio , dal titolo I bambini sviluppano robuste e durature risposte immunitarie cross-reattive specifiche alla spike dell’infezione da SARS-CoV-2, pubblicato il 22.12.2021, su Nature, in cui si legge che L’infezione da SARS-CoV-2 è generalmente lieve o asintomatica nei bambini […] Confrontiamo gli anticorpi e l’immunità cellulare nei bambini (tra 3 e 11 anni) e negli adulti. Le risposte anticorpali contro la proteina spike erano elevate nei bambini […]. Le risposte delle cellule T specifiche alla spike erano più del doppio nei bambini e sono state rilevate anche in molti bambini sieronegativi, indicando risposte cross-reattive preesistenti ai coronavirus stagionali. […] i bambini hanno mantenuto le risposte anticorpali e cellulari 6 mesi dopo l’infezione […] Anche le risposte specifiche alla spike erano sostanzialmente stabili oltre i 12 mesi. Pertanto, i bambini generano risposte immunitarie robuste, cross-reattive e sostenute al SARS-CoV-2 con specificità focalizzata per la proteina spike.
Inoltre, come si evince dallo studio pubblicato, in pre-print, su MedRxiv, lo scorso 30.11.2021, è stato riscontrato che i bambini senza comorbilità hanno una probabilità significativamente inferiore di soffrire di una malattia grave o [di avere un] decorso mortale della malattia. Il rischio più basso è stato osservato nei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni senza comorbidità. In questo gruppo, il tasso di ricovero in terapia intensiva era di 0,2 ogni 10.000 e non è stato possibile calcolare la mortalità, a causa dell’assenza di casi.
Di converso, bisogna considerare i rischi connessi alla vaccinazione, come si evince dallo studio pubblicato in data 10.08.2021, su Journal of the American Medical Assosiation – Cardiology, in cui viene riportato una serie di casi di bambini di età inferiore a 19 anni ricoverati in ospedale con miocardite entro 30 giorni dal vaccino mRNA COVID-19 [Pfizer-BioNTech]. In particolare, si riscontra che 15 pazienti (14 pazienti di sesso maschile; età media 15 anni) sono stati ricoverati in ospedale per gestire la miocardite dopo aver ricevuto il vaccino BNT162b2 (Pfizer). I sintomi sono iniziati da 1 a 6 giorni dopo aver ricevuto il vaccino e hanno incluso dolore toracico in 15 pazienti (100%), febbre in 10 pazienti (67%), mialgia in 8 pazienti (53%) e cefalea in 6 pazienti (40%). I livelli di troponina erano elevati in tutti i pazienti al momento del ricovero. Da non trascurare che è il seguente inciso: I rischi a lungo termine associati alla miocardite post-vaccinazione rimangono sconosciuti.
Per quanto la vaccinazione dei guariti, bisogna dare conto di quello che è stata la costante scienza medica che ha sempre previsto l’esclusione dalla vaccinazione per chi si fosse immunizzando essendo guarito dalla malattia, come si legge, tra l’altro, nella Legge c.d. Lorenzin.
Dalla lettura delle FAQ del Ministero della Salute, aggiornate al 20.07.2021, si apprende che: Non ci sono evidenze scientifiche che i vaccini anti Covid-19 inneschino l’ADE, cioè l’“Antibody Dependent Enhancement”, reazione per cui alcuni anticorpi anziché bloccare un virus ne facilitano il suo ingresso nelle cellule. I vaccini autorizzati dalle autorità competenti – EMA e AIFA –, che sono attualmente in corso di somministrazione, fanno produrre anticorpi in modo selettivo contro la proteina “Spike” presente sul coronavirus e la loro azione è volta a bloccare l’ingresso del virus
nelle cellule. I vaccini, quindi, non possono determinare l’ADE né in coloro che si vaccinano senza aver contratto l’infezione da nuovo coronavirus, né nelle persone che si vaccinano dopo aver contratto l’infezione.
Purtroppo, dalla lettura di un giornale online del 27.05.2021, si apprende che la morte del giovane sottoufficiale, Stefano Paternò, deceduto 15 ore dopo la prima dose di Astrazeneca, è ascrivibile – spiega sempre la Procura di Siracusa – “alla sua risposta individuale al vaccino, in virtù della concomitanza con la pregressa infezione da SARSCov2, decorsa del tutto asintomatica (come testimoniato dalla debole positività ai tamponi molecolari e dalla presenza di IgG a titolo significativo, ma non di IgM) e ciò ha comportato una risposta anticorpale che si è aggiunta alla risposta immunitaria del
vaccino, comportando una risposta infiammatoria esagerata”. “I risultati degli esami istologici – sottolinea ancora la Procura siracusana – hanno accertato la “presenza di elevati livelli di IL-6, una citochina espressione dell’attivazione di un processo infiammatorio intenso che appartiene alla manifestazione clinica della malattia, nel periodo della cosiddetta “tempesta citochinica”, ma che può appartenere alla sindrome post-vaccinica denominata ADE (Antibody-dependent enhancement)”.
Pertanto, presupponendo l’ADE una eccessiva attivazione immunitaria, si è attivato un meccanismo tale da condurre ad un danno tissutale polmonare con l’evoluzione verso un quadro di sindrome da distress respiratorio acuto, cd. ARDS”.
Pertanto, nonostante ci sia un’informazione tranquillizzante da parte dal Ministero della Salute, ogni paziente si augura che il proprio Medico operi con prudenza e cautela, tenendo conto anche di quella bibliografia non considerata dal Ministero e dagli altri Enti.
Lo studio pubblicato in data 28.10.2020, su International Journal of Clinical Practise,
I vaccini COVID-19 progettati per suscitare anticorpi neutralizzanti possono sensibilizzare i destinatari del vaccino a malattie più gravi che se non fossero stati vaccinati. I vaccini per SARS, MERS e RSV non sono mai stati approvati, i dati generati  nello sviluppo e nei test di questi vaccini suggeriscono una seria preoccupazione meccanicistica: che i vaccini progettati empiricamente utilizzando l’approccio tradizionale […] possono peggiorare la malattia COVID-19 tramite il potenziamento anticorpo-dipendente (ADE). Questo rischio è sufficientemente oscurato nei protocolli degli studi clinici e nei moduli di consenso per gli studi sui vaccini COVID-19 in corso.
A parere di uno studio pubblicato in data 28.04.2021, su Plos One, dispone che se l’evoluzione del SARS-CoV-2 all’interno dell’ospite contribuisce all’evasione immunitaria nella popolazione, il meccanismo […] descritto in questo documento potrebbe accelerare l’emergere di ceppi resistenti al vaccino nei mesi successivi alla distribuzione del vaccino. […] ciò può anche portare ad un aumento del rischio del potenziamento anticorpo-dipendente (ADE) […].[…] vaccini che non forniscono un’immunità sterilizzante (e che quindi continuano a consentire la trasmissione) porteranno all’accumulo di grandi popolazioni di virus, aumentando notevolmente il rischio di una fuga immunitaria.
Il dott. Gerardo Torre ha ispirato il suo operato alla tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e al sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni alcuna, anche durante i periodi più bui della pandemia. Impendendo col suo agire l’ulteriore intasamento degli
ospedali.
Qualora questo procedimento disciplinare si concludesse con una sanzione a carico del dott. Gerardo Torre acclarerebbe i timori espressi dal Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB), nel parere del 20.12.2021 in cui si legge che appare singolare al CIEB il fatto che i vaccini basati su acidi nucleici costituiscano a tutt’oggi l’unico risultato degli sforzi compiuti, nell’arco di ben due anni, dalle politiche locali e internazionali di ricerca scientifica nella lotta contro il virus Sars-Cov-2 e la malattia Covid.

Ciò, agli occhi dell’opinione pubblica e di una sostanziale parte della comunità scientifica, ha escluso dal novero degli strumenti a disposizione della medicina contemporanea ogni altro approccio, tanto di natura preventiva – dall’igiene e
profilassi, all’analisi scientifica delle cause della malattia e della sua diffusione, allo sviluppo di vaccini tradizionali (a base proteica o da patogeno attenuato) – quanto di natura clinico-terapeutica.
Sulla base delle considerazioni svolte, il CIEB auspica anzitutto che il Governo italiano riveda le modalità e gli obiettivi della gestione dell’emergenza Covid, con particolare riferimento all’eventuale, ulteriore estensione della campagna vaccinale in atto, al fine specifico di salvaguardare il diritto alla salute dei cittadini mediante la valorizzazione di un approccio precauzionale che prenda adeguatamente in considerazione le documentate incertezze scientifiche relative all’efficacia, alla sicurezza e alla reale capacità dei vaccini medesimi di contrastare la diffusione del virus Sars-Cov-2. In questa prospettiva, l’obbligo vaccinale dovrebbe essere utilmente sostituito da strumenti non invasivi volti a monitorare la diffusione dei contagi e a contrastare efficacemente la malattia fin dalle prime fasi dell’insorgenza.