Proverbi africani: protezione degli stranieri

Proverbi africani: protezione degli stranieri

Padre Oliviero Ferro  

La Condizione dello straniero è un fenomeno molto interessante nell’etica africana. Lo straniero può essere un porta-fortuna, lo straniero può essere un porta-disgrazia. Dello straniero ci si deve fidare, ma non tanto. D’altra parte, lo straniero, l’ospite è una persona da onorare, da accogliere nel migliore dei modi. Perché il bene o il male che egli riceve da voi, farà il vostro onore o il vostro disonore nella sua terra di origine (oggi in Italia non si pensa più così). Lo stesso si richiede a colui che si ritrova straniero in una terra, di avere un comportamento che porti onore alla propria terra di origine. Quando si è straniero, occorre sapere adattarsi agli usi e costumi della società accogliente (cosa che viene chiesta a noi missionari; e a quest’ultima, si richiede di tollerare gli usi e costumi dello straniero e di rispettare i suoi diritti fondamentali. Ecco i proverbi.

“All’estero, uno è come una gazzella; nel suo paese, egli invece è un leopardo” (Bakuba, Congo RDC) (l’etica insegna a non minimizzare un ospite apparentemente umile, perché potrebbe rivestire di alta dignità sociale nel paese d’origine). “Essere in una terra straniera è come se uno fosse lassù all’apice dell’albero” (Baluba, Congo RDC) (si insegna che vivere all’estero è vivere l’esperienza la più terribile, di essere debole, impotente e soggetto a ogni prevaricazione. Quindi, all’estero, occorre essere umile e saggio, perchè c’è il rischio di cadere e ferirsi come se si cadesse dall’alto di un albero). “La persona che va all’estero vi passa la notte senza mangiare, ma non sarà esente di dolori” (Tutsi, Burundi) (si insegna che le difficoltà incontrate in terra straniera vanno dalle più banali alle più gravi. Quando devi andare all’estero, devi essere preparato ad affrontare ogni difficoltà).

“In un villaggio straniero, il cane abbassa la sua coda” (Zulu, SudAfrica) (è bene vivere nella discrezione e nella prudenza, quando si va all’estero). “In visita all’estero, apri gli occhi e non la bocca” (Bahaya, Tanzania) (bisogna evitare ogni arroganza ed esagerata curiosità, quando si è in una terra straniera, proprio perché si è in una condizione di debolezza). “Quando vai dai Bakuba, non cominciare subito a mettere le trappole per acchiappare i topi; osserva prima e vedi come i Bakuba mettono le trappole” (Luluwa, Congo RDC) (saper osservare gli usi e i consuetudini del paese ospitante, per adattarsi a vivere come i cittadini; oppure per sapere quale contributo dare loro. A Roma, bisogna vivere come i Romani). “Dove c’è un capo, c’è da mangiare” (Bateke, Congo Brazzaville) (l’accoglienza di un ospite è spesso una occasione di mangiare e bere, anche per gli accoglienti. Quando visiti una famiglia africana, a qualunque ora della giornata, devi essere disponibile a consumare il cibo.

Rifiutare il cibo implica un’offesa alla famiglia ospitante, soprattutto per chi lo ha preparato). “Attento: una vacca straniera non ha corni” (Tutsi, Rwanda) (uno straniero è sempre una persona strana). “Il rospo non può salire dove sale una lucertola”(Fante, Ghana) (uno straniero deve essere capito e perdonato, quando non segue certe regole del codice sociale!). “Il pappagallo non genera nela schiavitù” (Mongo, Congo RDC). “Lo straniero è come una gallina bianca, lo si riconosce subito” (Tumbuka, Zambia). “Lo straniero è un bambino” (Bassar, Togo). “Lo straniero giochi con un bambù e non con un coltello” (Fante, Ghana). “Lo straniero non sa ciò che riguarda la raccolta dell’arachide” (Malinkè, Senegal). “Nessuno ha mai saputo se sotto l’acqua il pesce suda” (Malinkè, Senegal). “Non si canta al tam tam sotto l’acqua” (Ngbaka, Centro Africa).