Sei minuti all’alba
Da un decennio a questa parte la gran fanfara sul 25 aprile si è affievolita. I protagonisti della prima e dell’ultima ora sono “fisiologicamente” o deceduti con la loro coscienza o ormai non in grado di ricordare nemmeno con precisione la parte e il ruolo svolto. La parola “resistenza” viene sempre meno pronunciata dai politici, le vittime delle foibe hanno avuto una loro riabilitazione nella memoria di noi tutti e, chissà, gli storici di sinistra che scrivevano i nostri libri di Liceo hanno lasciato posto a nuovi Storici. Vedrò tra qualche anno se nei libri di Storia la guerriglia operata da civili contro i Tedeschi e contro Italiani che per ironia della sorte o per latitudine si trovarono sul treno sbagliato, subirà qualche variazione nella descrizione delle rappresaglie operate. Già, perché per quanto mi spiegava quel tremendo e amato prete mio Docente di Latino al Liceo, che la guerra l’ha conosciuta in prima persona sul Don, la “rappresaglia” è una delle “variabili” di cui si compone la guerra, per cui, “stricto iure”, la rappresaglia che seguì l’attentato di via Rasella è esecrabile per quelle 5 persone contate per sbaglio in più. Ricordo che questa sua conclusione mi lasciò allora di sasso e la comprendo solo oggi. Ricordo anche una frase di questo grande prete: “Chi dona la propria vita per salvare un altro è già presso Dio”. Mi domando allora: “sarà dedicata qualche via di Roma all’ideologo di via Rasella”? Per certo so che qualche via e qualche caserma d’Italia è stata dedicata a Salvo d’Acquisto che non esitò a donare la sua di vita, semplicemente perché una bomba a mano scoppiata per sbaglio, richiedeva un responsabile. La logica è lucida: una vita contro 22 vite e questo giovane Carabiniere non ebbe esitazione alcuna. Chissà cosa è passato nella coscienza di tanti, che dopo un’azione di guerriglia, hanno visto dall’alto rappresaglie feroci (ma pure obbedienti ad una logica del male) contro interi paesi di donne, vecchi e bambini inermi. Non mi risulta, nella Storia studiata che nessun partigiano abbia offerto la sua propria vita come fece Salvo d’Acquisto. Oggi, 25 aprile, vale la pena di ascoltare quella bella lirica per buona parte in dialetto milanese scritta e cantata da Enzo Jannacci: “sei minuti all’alba”, simbolo di una Italia contraddittoria che, dopo l’otto settembre, era allo sbando, simbolo di tanti giovani che non erano eroi, non erano fascisti, non erano antifascisti ma solo uomini stanchi di una guerra assurda e brutale e si sono trovati a scappare da un treno per finire in montagna e qui, ironia della sorte, essere presi e fucilati da altri Italiani come “ribelli” a sei minuti all’alba.”… Vutt setember sunt scapà / U finit de fa el suldà /Al pais mi sunt turnà / Disertore m’han ciamà / E sul treno caregà, / n’altra volta sunt scapà / in montagna sono andato, ma l’alt’er / cui ribelli m’han ciapà…”