Personaggi africani: gruppo san Nicodemo (capi tradizionali)
Padre Oliviero Ferro
Quando sono arrivato nella parrocchia di san Giovanni Battista a Nefa (periferia di Bafoussam-Camerun), ho incontrato tante realtà, tante espressioni di impegno nella comunità ecclesiale. E tra queste, c’era un gruppo di capi tradizionali cattolici che frequentavano la chiesa, ma non potevano ricevere i sacramenti perché dovevano seguire la tradizione, anche nell’ambito del matrimonio. Quando un diventava capo, doveva accettare di prendersi cura delle mogli(vedove) del capo defunto e poi non poteva averne solko una, anche se questa era la “regina”, la prima moglie. Il capo, si dice, che la notte deve dormire con una donna diversa. Quindi nel “castello” (luogo in cui c’erano le capanne o case che ospitavano le diverse mogli, ricevute in eredità o scelte da lui), c’erano un bel gruppo di persone a cui lui doveva dare attenzione e naturalmente ai figli. Insomma tutta la responsabilità ricadeva su di lui. In più doveva partecipare a tante riunioni, cerimonie del capo della tribù che spesso li riuniva (capi di prima, seconda e terza categoria). Ogni capo era tenuto a essere anche “sacerdote” della religione tradizionale e anche ai riti di passaggio per i giovani (l’iniziazione). Ma, oltre a questo, non si dimenticava che era stato battezzato come cristiano e diversi di loro chiedevano di essere accolti nella vita della parrocchia con uguale dignità e rispetto, come gli altri gruppi. Allora parlando con qualcuno di loro, ci siamo detti che sarebbe stato bello fare un gruppo e intitolarlo a San Nicodemo (colui che la notte andava a trovare di nascosto Gesù). L’idea è piaciuta, non solo a loro, ma anche alla comunità che li vedeva partecipare alla messa domenicale e cosa importante, in chiesa, si toglievano il cappello tradizionale (cosa che di solito il capo non fa mai). E così, per la festa del Ringraziamento, in cui tutti i cristiani e i gruppi e le comunità di base partecipano, portando il loro contributo in denaro e con i frutti della terra e del loro lavoro per qualche iniziativa parrocchiale (es: comperare le sedie di plastica per il salone parrocchiale), anche loro hanno accettato di partecipare. E così nella grande messa, all’offertorio, i gruppi le comunità di base sono venuti danzando, portando la busta dove c’era la loro partecipazione in denaro. Quando è stato il turno del gruppo san Nicodemo, è successo qualcosa di speciale (direi, di magico). Sono venuti danzando, preceduti dalla loro banda tradizionale 8flauti, tamburi…). Tutta la chiesa vibrava, tutti si sentivano coinvolti (e riconoscenti), perché vedevano che la chiesa, il Signore Gesù, apprezzava la loro cultura e chi la portava avanti. E’ stato qualcosa che jon dimenticherò mai. Tutti erano contenti. La messa poi è continuata con una seconda processione, dopo la comunione, in cui molti hanno portato all’altare u frutti della terra e del loro lavoro che poi sarebbero stati condivisi al termine della messa che non sembrava finire mai, ma nessuno guardava l’orologio. Un’ultima riflessione: entrando in amicizia con questi capi(e continua ancora a distanza di anni), ci hanno aiutato a capire meglio la cultura in cui siamo entrati e ci hanno fatto apprezzare il bello che c’è in loro. Me lo ha fatto capire il Capo della tribù, quando sono andato a salutarlo prima di rientrare in Italia. Era dispiaciuto della mia partenza, perché aveva visto che avevo incominciato a sentirmi a casa mia e questa è la cosa più importante.