Salerno: Palazzo Genovese
Maria Amendola
L’edificio sorge in via Pandolfina Fasanella adiacente alla piazza Sedile del Campo (Largo Campo), nel cuore del Centro storico e trae nome dal suo ultimo proprietario. In precedenza, su quell’area, era ubicato il palazzo abitato fin dal 1621 da un ramo della famiglia Pinto, ed ereditato da Fabrizio l’ultimo discendente, che lo donò al convento dei Padri Teresiani , ma essi non avendo abbastanza risorse per poterlo restaurare lo affidarono a terzi per tal fine. Nel 1744 Matteo Genovese, barone di Montecorvino, acquistò l’intera zona (denominata i “Cicari”) e il Palazzo non gli fu venduto, ma come si evince da un atto notarile di quell’anno ad egli fu dato per enfiteusi perpetuo. Il barone affidò i lavori di restauro del palazzo al “Vitruvio napoletano” ossia Mario Gioffredo (1718-1785), un giovane architetto allievo dell’architetto nobile Ferdinando Sanfelice (1675-1748) e di Francesco Solimena (1657-1747). Non sono del tutto lineari le fasi della costruzione del nuovo Palazzo, ma lo storico Luigi Avino attraverso la documentazione notarile ha ricostruito l’intera operazione immobiliare, grazie anche alla relazione di stima del tavolario Federici (corpo di tecnici, ingegneri e architetti). Nel 1724 si attesta che da pochi anni i Padri Teresiani avevano fatto ristrutturare e ampliare il Palazzo dei Pinto. In un atto notarile del 1744 si attesta che il Palazzo minacciava il crollo di alcune mura in quanto lesionate e il legno a sostegno del tetto era tutto marcio (“minaccia rovina, vedendosi in molte parti le muraglie lesionate e lo legname che sostiene il tetto quasi tutto marcito”). Questo problema statico postumo all’intervento dei religiosi potrebbe essere stato scatenato dal movimento tellurico del 1730. Ciò contrasta con la versione riportata nella “Platea” del 1788, dove si asserisce che dopo aver comperato le case il barone Matteo Genovese, ha fatto sistemare il suolo e poi fatto erigere il palazzo. Ma dai documenti di uno dei libri della fabbrica, contenuti in un fascicolo archivistico emerge che la costruzione non fu tutta demolita, ma solo una buona parte, come di consueto a quell’epoca, e la somma totale delle spese ammonta a 4969 ducati. Il libro è datato 21 agosto 1750 ed è firmato dal direttore dei lavori e progettista ossia dall’architetto Gioffredo. Dalla documentazione emerge che i lavori iniziarono effettivamente nel 1744 e che il portale nell’agosto del 1745 era in lavorazione. Durante l’Operazione Avalanche (lo sbarco alleato) nel settembre del 1943, quando era adibito a scuola media, il Palazzo subì notevoli danni, e in seguito sopraggiunse un lungo stato di abbandono. Dopo il restauro del 1994 parte dei locali sono stati adibiti all’esposizioni, mentre un’ala dell’edificio è gestita dall’Università degli Studi di Salerno. L’edificio è a pianta rettangolare, possiede un cortile interno, il portale con timpano spezzato si rifà ai lavori di Francesco Solimena. Sul portale d’ingresso troneggia lo stemma della famiglia Genovese. La monumentale e scenografica scalinata aperta richiama quelle di due palazzi costruiti dal Sanfelice presso il Rione Sanità a Napoli quelle di Palazzo Sanfelice (1724-1728) abitazione del maestro e quelle del Palazzo dello Spagnolo (1738-42).