Salerno: Sant’Anna al Porto
Maria Amendola
Nel 1584 fu istituito il culto di Sant’Anna da Papa Gregorio XIII (1502-1585) che lo inserì nel calendario liturgico romano il 26 luglio. Sant’Anna, secondo la tradizione cristiana era moglie di Gioacchino e la madre della Vergine Maria e nonché nonna di Gesù.
A Salerno il culto di questa Santa è molto sentito dai fedeli, infatti, a lei è stata dedicata la Chiesa di Sant’Anna al Porto e la sua effige viene portata in processione il 26 luglio, attualmente per le vie dei rioni Porto e Pioppi mentre in tempi remoti arrivava fino alla stazione ferroviaria. La sua paranza (i portatori) è formata da gente che viveva nei pressi del porto, ma in maggioranza è formata da pescatori. Anticamente le donne portavano in processione le “cente” (una cesto che contiene 100 candele) a forma di barca. La paranza di ritorno faceva tre giri su se stessa nello spazio antistante alla chiesa prima di entrarvi. La festa di Sant’Anna è associata alla “benedizione dell’uva” poiché tra le mani della statua vi sono alcuni grappoli di uva rossa e bianca, infatti a Sant’Anna si beve il primo vino (26 luglio). In quel giorno il sacerdote benedice le primizie della terra e i grappoli d’uva.
Il portone delle chiesa è incorniciato da due lesene sormontate da un timpano adornato da una conchiglia.
La chiesa è a pianta ottagonale con sette cappelle laterali, quattro sono semicircolari e tre quadrate, e cinque dispongono di un altare. La statua di sant’Anna svetta sull’altare maggiore, mentre sugli altri trovano alloggio le statue del Redentore, della Vergine, di santa Caterina e infine un quadro di piccola dimensioni raffigurante l’immagine della Madonna del Rosario. Le storie di sant’Anna e di Maria decorano le lunette al di sopra delle cappelle che furono dipinte fra il 1888 e il 1890 dal pittore salernitano Gaetano d’Agostino (1837-1914) che si occupò anche degli affreschi degli Evangelisti negli spicchi della cupola. Mentre la Madonna di Porto Salvo del 1841, dipinta dal maestro salernitano Luigi Montesano, è posta sull’architrave di ingrasso della sagrestia.
La chiesa è ubicata dove un tempo sorgeva un convento fuori dalle mura (“extra moenia”) in prossimità del porto. La chiesa deve ritenersi del XIII secolo poiché è sconosciuto l’esatto periodo della sua costruzione, ma essa è presente nell’elenco delle chiese di Salerno nel 1503 (regesto “Chartularium Ecclesiae Salernitanae”, XVI secolo). I primi atti per l’istituzione del monastero risalgono al dicembre 1679 quando il padre provinciale dei carmelitani scalzi chiese alla Santa Sede di poter istituire un monastero a Salerno, avendo già trovato il luogo adatto fuori le mura della città, verso la marina ad occidente, prossimità del monastero denominato San Giovanni a Mare (l’antico San Giovanni de Busanola, dove Matteo d’Aiello nel 1183, aveva istituito un ospedale). Tale suolo apparteneva ai Cavalieri Ospitalieri gerosolimitani (o giovanniti) di Malta. Il 25 gennaio del 1880 l’arcivescovo Alvarez approvò, anche lui era un carmelitano scalzo. Nel 1681 l’edificio divenne sede del convento dei Carmelitani di Santa Teresa fondato da Fra Nicolò Maria di San Giuseppe e dall’arcivescovo Alvarez, e nel 1682 fu denominato di “Santa Maria in Porto Salvo”. Sempre nel 1682 per volontà dell’Arcivescovo Alvarez, fu istituito solo in modo formale il monastero di Santa Maria di Porto Salvo ed affidato ai Padri Terenziani Scalzi di Santa Teresa, infatti il 14 gennaio 1682 fu redatto un atto notarile (istrumento del notar Giuseppe Pinto di Salerno). Il sito che i carmelitani scalzi avevano prescelto era di pertinenza dell’ordine di Malta, che nel 1683 dopo una stima degli stabili, chiese un canone annuo di venticinque ducati, somma che i religiosi ritennero esagerata, poiché gli immobili subirono ulteriori danni a causa di terremoti e di burrasche verificatesi nel 1688 e nel 1693. Soltanto nel 1698 si giunse ad un accordo con l’esecuzione della concessione effettuata dal gran priorato di Capua dell’ordine equestre il 28 febbraio 1699 e sancita formalmente con atto notarile da Nicolò Graziano di Napoli il giorno 11 marzo 1702. In un atto del 1700 si decise di sottoporre la chiesa ad un restauro barocco che la trasformerà in aula centrale a pianta ottagonale con 7 cappelle laterali.
Una nuova concessione del 14 luglio 1714 diede il diritto ai carmelitani di costruire, essi infatti sistemeranno quattro pilastri di sostegno di un muro esterno del monastero che stava quasi per crollare, ma i pilastri erano stati posti sul suolo di un giardino che apparteneva all’ordine di Malta. Questa nuova concessione diede luogo ad una lunga controversia, in quanto i carmelitani lamentano l’esosità del canone che avevano accettato di pagare,cioè venti ducati annui, e così il gran priore di Capua fu costretto a rivolgersi alla corte arcivescovile di Salerno e a farvi ricorso. Un nuovo atto notarile del 17 settembre 1723 chiude definitivamente ogni contrasto, ed impegna i carmelitani a pagare la quota stabilita. Il monastero fu soppresso con decreto napoleonico del 7 dicembre 1807 e il suolo fu ceduto insieme alla chiesa in custodia al padre Carmine De Angelis, dal parroco di Santa Trofimena. Con R.D. del 30 Dicembre 1807 il monastero soppresso venne occupato in parte dalla Gendarmeria Reale francese. Un decreto regio del 10 febbraio 1808 decreta che la sede parrocchiale di Santa Trofimena passi nella chiesa dei soppressi padri carmelitani scalzi. Nel tentativo di giungere alla cessione della chiesa al parroco di Santa Trofimena dal 22 febbraio 1808 al 14 luglio 1809 vi fu una intensa corrispondenza fra il sindaco, l’arcivescovo, l’intendente amministrativo e il comandante dei militari francesi che occupavano il monastero, ma tale cessione non avverrà mai. L’intendente amministrativo di Salerno dispone che la campana di Santa Teresa sia trasferita alla fonderia dell’arsenale di Napoli e il 13 marzo del 1815 consegna al capitano dell’artiglieria che dispose l’ordine il 15 aprile 1815. Il ministro delle Finanze il 26 novembre 1828 dispone la trasformazione dei locali del monastero dei carmelitani scalzi in “Officine finanziarie e direzioni”, e i lavori furono completati il 13 aprile 1831. Nel 1849 in concomitanza alla vendita del suolo alla Congrega di Sant’Anna e furono pianificati i lavori di restauro della chiesa. Attualmente l’edificio è diviso in due: la parte superiore è di proprietà dell’Amministrazione Provinciale ed è stata trasformata in uffici occupati dall’Arma dei Carabinieri, mentre la parte inferiore è amministrata dalla Congrega di Sant’Anna ed è rimasta luogo sacro.