Verbi swahli: KUINGIA entrare
Padre Oliviero Ferro
“Hodi (permesso) dico, bussando alla porta di una vecchietta nel villaggio di Djingah, una succursale della parrocchia di Nefa a Bafoussam (Camerun). E dall’interno una voce dice. “Karibu, starehe (entra, mettiti comodo)” . Salgo il gradino di terra, circondato da una tavoletta di legno e entro. E’ difficile vedere dove andare, perché tutto buio e si sente l’odore del fumo (probabilmente in fondo c’era il focolare). Poi, quando gli occhi si abituano, vedo il sorriso della vecchietta. Dice al nipote di portare una sedia e di avvicinarmi al tavolo di legno. Poi fa portare una ciotola di arachidi bollite e gli dice di andare a comperare una bibita (una fanta) per il padre. Faccio accomodare anche chi mi ha fatto arrivare fino a quella casa e che mi aiuterà a capire meglio la conversazione. Comincia a ringraziarmi perché sono andato a trovarla, mi parla dei suoi problemi, delle malattie, della vecchiaia….Io ascolto, poi le chiedo se posso fare qualcosa. Mi sorride e vedo che le manca qualche dente, ma il suo modo di ridere mi fa piacere. Mi sento accolto come uno di casa. Mi dice solo di andarla a trovare ogni tanto, prima che se ne vada. Tra una parola e l’altra, sgranocchio le arachidi bollite (buonissime) e bevo un sorso di fanta che il nipotino era andato a comperare nel baretto vicino al campo di pallone dove, ogni tanto andavo ad arbitrare le partite. Era un campo in salita e quando pioveva (e ne ho presa tanta di acqua, oltre al fango), era facile la discesa (si scivolava che era una piacere…). Finalmente, non so dopo quanto tempo, le dico che ora devo andare a visitare altre persone. Si alza in piedi, mi stringe le mani e mi sorride “merci, mon père (grazie, padre)”. Anch’io la ringrazio e me ne vado salutandola e con il cuore pieno. Quelli che noi chiamiamo “i piccoli”, sono grandi perché il loro cuore è sempre aperto.