Salerno: gli angeli resuscitati della Cattedrale
Prof. Antonio Adinolfi
Il ritrovamento delle reliquie di san Matteo murate dai Longobardi, per evitarne furti e profanazioni, in un punto segreto della loro cattedrale, avvenne proprio mentre Salerno passava dal governo longobardo a quello normanno. Roberto il Guiscardo internamente gioì. Dopo aver vinto i longobardi egli doveva trasformare la città di Salerno in una città che amasse i normanni. La cosa non sembrava difficile perché il loro ultimo principe Gisulfo II non si era comportato bene coi salernitani, ma bisognava stare attenti lo stesso. I normanni dovevano visti assolutamente come liberatori, come amici della città. Era necessario poi che lui si manifestasse devoto al papa e al vescovo di Salerno. Gisulfo aveva depredato le chiese? Bene, ora lui doveva mostrarne gran cura. Egli doveva fare qualcosa di bello per i salernitani e Dio con il ritrovamento delle reliquie di san Matteo sembrava dargli un’ inaspettata opportunità. Se pure l’idea di costruire per tali reliquie una nuova cattedrale più grande della prima non fu sua ma dell’ arcivescovo di Salerno Alfano quando gli fu comunicata certamente non gli arrecò dispiacere. Anzi.
La approvò e si offrì come finanziatore dei lavori lasciando ad Alfano I la progettazione degli stessi. Tutto ciò che potesse dar portar gloria e simpatia ai normanni valeva la pena che si facesse. Roberto tuttavia non poteva manifestare esplicitamente esagerato gaudio perché sua moglie, sorella di Gisulfo, pur essendo molto diversa dal fratello era pur sempre una longobarda, molto amica di Alfano I, un buon ed intelligente vescovo, ma anche lui, purtroppo, longobardo. La nuova cattedrale da dedicare a san Matteo fu stabilito che sorgesse su un suolo che comprendeva il suolo dov’era la piccola cattedrale normanna e quello dove sorgeva, poco lontano. la chiesa di san Giovanni Battista. Bisognava distruggere allora sia la cattedrale longobarda sia la chiesa di san Giovanni. E così avvenne. La nuova cattedrale normanna sarebbe stata dedicata all’apostolo ed evangelista Matteo. Il titolo della cattedrale longobarda di edificio sacro dedicato alla Madonna degli Angeli se proprio ufficialmente non sparì nel titolo della cattedrale normanna, ma fu unito a quello di san Matteo, in pratica fu poco o niente considerato.
Quasi tre secoli dopo, nella seconda metà del Trecento l’arcivescovo di Salerno Guglielmo Sanseverino commissionò ad artisti del legno una grande statua della Madonna degli angeli da porre nella cattedrale. Voleva farne rivivere il culto? Probabilmente sì. Appena la statua giunse a lui la fece porre presso l’altare maggiore e lì è stata fino agli inizi del terzo decennio del Settecento. Se si guarda bene questa statua si comprende che non ha alcun attributo che possa farci pensare che sia una Regina angelorum. Se un qualche attributo deve avere avuto fino al Settecento dev’essere stato esterno ad essa. Dal 1730 ( anno più, anno meno) fino ai primi anni dell’Ottocento quando l’arcivescovo di Salerno Fortunato Pinto la fece porre nella nicchia di una cappella nella navata sinistra dove ancor oggi è, non sappiamo dove fu conservata. La nicchia è dipinta con angeli. E’ un attributo esterno alla statua che fa identificare questa statua come una Madonna degli angeli. Non ci è proprio facile al momento trovare dei documenti in cui ci siano risposte a tre domande che ci siamo continuamente posto in questi giorni. La prima di esse è: la nicchia la fece dipingere Fortunato Pinto o qualche arcivescovo suo successore? La seconda è: chi è l’autore delle pitture nella nicchia? Considerando che ora che la Madonna è in restauro si possono vedere tutti gli angeli dipinti nella nicchia la terza domanda a cui non sappiamo dare ancora una risposta è: se un artista sapeva che nella nicchia sarebbe stata posta una statua che avrebbe coperto una parte di ciò che lui dipingeva con tanta cura e non avrebbe fatto ben comprendere e gustare la parte che non sarebbe stata coperta, perché non si è rifiutato di dipingere la nicchia?