Giulio Caso
Fino al 1900, la realtà veniva espressa con formule che si adattavano alle osservazioni.
Queste formule interpretavano, principalmente, la realtà visibile delle energie e degli effetti gravitazionali.
Quindi i cinque sensi degli uomini concordavano e confermavano gli effetti e la costruzione fondata su invenzioni e scoperte veniva innalzata verso il cielo dell’orgoglio umano.
Poi intervenne l’intuizione che sfugge ai sensi e iniziarono teorie difficili ad essere comprese perchè, appunto, sfuggivano ai sensi. Alcune esperienze su ecclissi solari ed altri fenomeni celesti le confermarono, in parte, e iniziò anche lo studio dell’infinitamente piccolo con sorprendenti risultati.
Certo c’era e c’è una parziale influenza antropomorfica nelle definizioni: particelle, colori, sensi di rotazione, traiettorie, origine, espansione etc.
Tutte cose che s’intravedono, ma per le quali l’interpretazione è limitata per mancata evoluzione della semantica. e non solo.
Arrivo al punto.
L’evoluzione del linguaggio ci permette di definire e comprendere concetti nuovi. Di aprire la mente a nuovi concetti. Di aprire nuovi orizzonti, anche, di libertà. Invece stanno aumentando le barriere sociali e d’imposizione comportamentale. Quasi una tecnocrazia apparente che vuol confinare la conoscenza limitando l’uso delle parole. Tutto si può fare, anche cose becere vengono giustificate, ma in ambiti definiti.
Se Fontana tagliò la tela, fu un gesto che indicava la possibilità di andare oltre, un imput che fece riflettere. Se ci limitiamo a questo gesto, tutto il seguito diviene una specie di tecnocrazia impositiva, ripetitiva e monotona per giunta. Tutti tagliano la tela e… nessuno guarda oltre.
Ecco che le cavolate pulcinellesche possono rappresentare novità artistiche, così come come nei grandi musei opere igieniche vengono osannate.
Anche nell’arte, come nelle scienze c’è bisogno di andare oltre i sensi, verso una grande intuizione che indichi aperture mentali e nuove visioni oltre l’antropomorfismo.