VERBI SWAHILI: KUSHEREKEA celebrare, felicitare

VERBI SWAHILI: KUSHEREKEA celebrare, felicitare

Padre Oliviero Ferro

La prima volta che il nuovo vescovo di Uvira venne in visita nella parrocchia di Baraka (Congo RDc), tutta la parrocchia si era mobilitata per riceverlo. I giovani avevano preparato i canti e anche delle scenette da fare nello stadio di calcio. Le corali già scaldavano i tamburi e altri strumenti. Insomma, tutti erano pronti. Quando sentiamo i rumori del clakson della landRover che portava il vescovo, che scendeva da Fizi, tutti si mettono per fare l’accoglienza. I giovani sono davanti a tutti con le loro bandiere. Sbucando nel viale che portava alla chiesa parrocchiale, tutti cominciano a cantare, a “kusherekea” (a celebrare). La gioia è al massimo. Il vescovo a piedi, con un cappello in testa (faceva molto caldo e il sole si dava da fare per farsi sentire), viene accompagnato, direi travolto, dai cristiani e da tanti curiosi (anche non cristiani) che si avvicinano. Tutti vogliono salutarlo, dargli il benvenuto. Lui sorride a tutti (conosceva l’italiano, perché era stato a studiare in Italia). Finalmente, a fatica, arriva nella rotonda vicino alla chiesa. Viene fatto accomodare su una sedia e cominciano i saluti ufficiali. Poi la grande messa, animata, come solo gli africani sanno fare, nello stadio (prima era andato a visitare la chiesa con le tombe dei due martiri saveriani e da lì poi era partita la lunga processione). La gioia era l’invitata principale e ognuno faceva la sua parte per condividerla con gli altri. Qualcuno si chiederà: quanto tempo è durata la messa? In Africa non si guarda il tempo, perché si sta bene insieme. Quindi? Due o tre ore, ma sembra che il tempo non passa mai. I canti, poi, con gli strumenti musicali, ci facevano danzare. Insomma tutto concorreva a condividere la gioia di stare insieme, uniti dall’unica fede in Cristo. Poi, dopo i doni per il vescovo (come si fa di solito), una pausa per mangiare, con l’impegno a ritrovarsi più tardi, nel medesimo stadio per continuare a stare insieme. Infatti i giovani avevano preparato la storia della vocazione del vescovo. Una gioia per gli occhi e il cuore. Il vescovo aveva anche imprestato qualcosa di se stesso per rendere più interessante le scene (non mi ricordo più, forse il cappello rosso). Tutti commentavano e anche il vescovo era molto divertito. Non solo si “kusherekea” (celebrare il vescovo), ma anche la fierezza di avere qualcuno che era venuto a trovare i suoi fratelli e ognuno si sentiva contento. Poi, piano piano, il sole scendeva nelle acque del lago e il vescovo, dopo averci benedetto e ringraziato, si ritira con la comunità dei missionari, nella casa. Domani ripartirà per l’altra missione di Mboko. Era la sua missione “andare, visitare e confermare i suoi fratelli” e lo faceva con gioia.