Il medico in 2 puntate

Il medico in 2 puntate

Dott. Carmine Paternostro

Vincere la prova del tempo, sentirsi importanti, riproporsi nuovamente all’attenzione, animò l’animo di vecchi colleghi, sconfitti dagli anni, non contenti di ristorarsi in pensione.

Che fare? “Scriviamo un libro sui nostri eroismi, che presenteremo al pubblico” proferì un primario. Fu approvato e acclamato dai suoi assistenti”. Lui e la corte erano ansiosi di ricevere gli ultimi applausi. Dimenticavano che le luci d’estate erano spente da tempo e che le ombre d’autunno incalzavano in fretta nell’oscurità dell’inverno.  In verità, io mai simpatizzai con lui. Mi abbandonai, piuttosto, all’arte di medico di famiglia e condotto. E, silenzioso, all’esordio nelle campagne lucane e poi calabre, feci anche qualche miracolo.

Stimolato da qualche collega stimabile, infine, accettai di scrivere. Ma non scrissi nelle pagine, a me riservate sul libro, giornate di merito. Preferii ricordare il giorno di laurea, le ultime lacrime di mio padre, avviato agli ultimi giorni di vita. Ritengo sia stato l’ultimo dono concessogli dal suo padre spirituale, per la storia S. Pio da Pietrelcina. Io fui il mezzo e timide lacrime di compiacimento sgorgarono nel gemellato tempo comune di quello storico giorno. Fu anche l’ultimo intenso regalo dovuto, da quel bimbo vivace, poi uomo, avviato alla missione di medico.

Tanti sono i ricordi che emergono dagli anfratti mnemonici nei momenti silenziosi, in compagnia di te stesso.

In proposito, in ore notturne, sulla corsia di un’autostrada monotona, che mi restituirà alla dimora, penso e ricordo. Mi soffermo su due episodi. Uno velato di commovente tristezza, l’altro, per consolarmi, evocante il sorriso.

Direi due puntate da condividere.

Prima puntata:

Sul fare dell’alba, fui svegliato, in un giorno d’estate, da un magistrato.

In autostrada, tra contrada Campotenese e Mormanno, avvenne un grave incidente.

Da medico dovevo, ispezionare e refertare sul decesso di due coniugi sventurati.

 

Dai documenti si evinceva che dalla Sicilia erano emigrati all’ombra alpestre di Torino. Dopo un anno di impegni lavorativi, finalmente, erano diretti alla terra natia, per godere giorni di meritate vacanze. Invece… destino crudele…un colpo di sonno e violento urto fatale su un guard rail impietoso.

Notai in un calzino dell’uomo del danaro cartaceo. Paura di furto o di smarrimento? Lessi sacrificio e risparmio. Ma fui colpito dal canto vivace del cardellino, prigioniero nella sua gabbia, sita sul sedile posteriore dell’auto. Per lui era l’alba di un giorno nascente, per i coniugi un eterno tramonto.

Rendiamo piacevole la seconda puntata:

Siamo d’inverno. Nottata di vento e nevischio, cose comuni in quei tempi di lontano passato, dove le stagioni mantenevano una precisa identità cronologica e i bimbi conoscevano le palle di neve.

Squilli incalzanti, nervosi al campanello di casa, sospettai qualche urgenza. In pigiama, avvolto in pesante coperta e cappello (altro che termosifoni!), aprii. Due addetti al servizio pubblico: “dottò dovete venire, c’è un morto sullo svincolo dell’autostrada. Dovete autorizzare la rimozione del cadavere”. Sollecito, replicai: “un attimo, mi vesto e vengo”, ma mentre mi avviavo a vestirmi, incuriosito e preoccupato, in retromarcia, chiesi: “ma chi è morto?”. Una macchina ha investito e ucciso un asino, per rimuoverlo, ci hanno detto rivolgerci ad un sanitario”. Di rimando, non so, se sorpreso o adirato, urlai: “che c’entra il medico? Tuttalpiù il veterinario”, aggiungendo: “ma non disturbatelo, perché ha avuto problemi cardiaci e potrebbe realmente scapparci il morto!”.

E così fui “l’eroico sanitario” d’estate e d’inverno.