Nel 1967 anche il senatore democristiano Stefano Cavaliere si recò in visita dal “Santo del Gargano”. La sibillina profezia dello “stigmatizzato” al parlamentare foggiano. John Fitzgerald Kennedy nel 1963 scrisse una  lettera al frate. Voleva andare da lui a San Giovanni Rotondo. 
 Giuseppe Zingarelli
Attorno a Padre Pio da Pietrelcina non vi erano distinzioni di ceto e di professione. Tutti potevano avvicinarlo allo stesso modo: al confessionale o nei vari luoghi del convento. Padre Pio non mostrava mai preferenze. I più umili, i più semplici, i meno istruiti, anzi, potevano stare più liberamente vicino a lui. Il “Santo del Gargano” aveva il ‘potere’ di unire intorno a sè persone del tutto dissimili tra loro per cultura, professione e ricchezza. Umili e potenti, poveri e ricchi, disagiati e benestanti, personaggi noti e gente comune. Milioni di persone colpite dalla sofferenza fisica e spirituale, bisognose di aiuto, assetate di verità, si recarono nel cuore del Gargano, laddove  nel confessionale dello “stigmatizzato” trovarono conforto e speranza. Da ogni parte del mondo milioni di pellegrini giunsero nel convento di ‘Santa Maria delle Grazie’ per chiedere a Padre Pio di intercedere per una grazia, dissipare dubbi di fede, placare angosce e tormenti dell’anima. Grandi industriali, potenti esponenti della finanza internazionale, professionisti, attori, esponenti di nobili casate, letterati, uomini di sport e di cultura, umili contadini, semplici artigiani, operai, lavoratori, luminari della scienza e della medicina, teste coronate, politici, rappresentanti di Stato e di Governo. Il “Santo” di Pietrelcina affratellava gente di ogni estrazione sociale in una semplicità di rapporti, confidenza e amicizia. Tutti percepivano di essere sullo stesso piano al cospetto del più grande “mistico” del secolo scorso, primo sacerdote stigmatizzato nella storia del Ceistianesimo. Come Gesù Cristo, Padre Pio livellava ed annullava divari sociali, economici e culturali tra gli uomini, i quali, spesso, sono invece assai abili ad erigere tra loro incomprensibili barriere, frutto di elaborate e pericolose ideologie politiche. Nel mistero della sua prodigiosa e sofferta esistenza offerta a Dio per la salvezza delle anime, il “monaco” santo con la sua sconfinata umiltà abbatteva “barriere” e “divari” di ogni genere. Era il 4 settembre 1916 quando egli giunse stabilmente nel convento di San Giovanni Rotondo. Nello stesso mese di quello stesso anno, un bambino nasceva a Maglie, un paese del Salento nel profondo Sud della Puglia.
Era il 23 settembre 1916. Quel bambino era Aldo Moro. Diventerà da ‘grande’ uno dei politici più importanti della storia dell’Italia Repubblicana. Nel 1958 Aldo Moro, all’epoca era Ministro della Pubblica Istruzione nel Governo Fanfani, decise di recarsi a San Giovanni Rotondo. Molto religioso e fervente cattolico voleva conoscere di persona Padre Pio. Accompagnato dai suoi collaboratori si era recato di buon ora nel convento di “Santa Maria delle Grazie”. Il frate lo accolse con benevolenza e cordialità. In quel momento il religioso più conosciuto al mondo e il famoso statista dello “scudo crociato”, senza dubbio il politico italiano di maggior fama e prestigio internazionale, si trovarono l’uno al cospetto dell’altro. L’ umiltà e la ricchezza spirituale di Padre Pio impressionarono subito Aldo Moro. Le voci che lo statista aveva sentito raccontare sul conto del santo religioso erano tutt’altro che demotiche esagerazioni di popolo.
Nel corso del colloquio il santo pronunciò una frase che suscitò il sorriso dei presenti, al punto da indurre tutti a pensare si trattasse di una sua scherzosa ‘battuta’ o di un ironico gioco di parole: “Moro, Moro, ma tu sei onorevole o disonorevole? Sta attento che si muore!”. Nessuno poteva comprendere la drammaticità di quelle parole, nelle quali era contenuta una profezia: la futura sorte di un uomo e i destini dell’Italia.
Qualche tempo dopo, il 28 aprile 1963, il Paese votò per eleggere il Parlamento. Il Segretario della DC divenne Presidente del Consiglio. Per la prima volta, dal 1947, si formò un governo con la presenza di esponenti del Partito Socialista. Moro divenne il più giovane Presidente del Consiglio della storia repubblicana. Aveva 47 anni. Una mattina del febbraio 1964, nel convento di ‘Santa Maria delle Grazie’, un confratello di Padre Pio  indicandogli la fotografia di Moro  forse ritratta in un articolo di giornale, la mostrò al santo. Il suo viso impallidì immediatamente. Estremanente turbato, visibilmente scosso, come sconvolto dalla visione di quella foto, istintivamente si ritrasse all’indietro. Era come se la foto si fosse trasfornata in uno specchio nel quale il frate aveva visto un accadimento cruento, di inaudita ferocia che lo aveva terrorizzato. Portando le mani guantate al volto, si coprì gli occhi ed esclamò: “Dio mio. Dio mio. Quanto sangue! Quanto sangue!”. Padre Pio rimase turbato al punto che per tutto il resto della giornata si ritirò nella sua cella a pregare. Il 15 maggio 1968 Aldo Moro era Presidente del Consiglio. Per la seconda volta ritornò a San Giovanni Rotondo a far visita al religioso. Lo statista e il religioso discussero affabilmente. Il Santo non rivelò nulla di ciò che sapeva in cuor suo. Al termine di quel secondo incontro, stringendo la corona del rosario tra le mani, lo “stigmatizzato” si accomiatò dall’illustre “visitatore” con uno sguardo velato di mestizia. Conosceva da la sorte che attendeva Moro. Sarebbe stato il loro ultimo incontro. Il 16 marzo 1978, a Roma, verso le 9:03, un fiume di sangue si riversò in via Mario Fani. Il Presidente della DC fu rapito e fatto prigioniero da un commando delle Brigate Rosse mentre a bordo della sua auto si stava recando a Montecitorio per votare la fiducia al IV governo Andreotti. I cinque uomini della sua scorta vennero barbaramente trucidati. Il 9 maggio 1967 era scomparso a San Giovanni Rotondo il fratello di Padre Pio, Michele Forgione. Ciò aveva sucitato in paese ed in molti ambienti vivo cordoglio. Il Presidente del Consiglio inviò subito un telegramma al santo: “Apprendo scomparsa suo caro fratello, prego accogliere mie vivissime, commosse condoglianze”. Questo il testo del telegramma inviato da Moro.
Da quel giorno lo statista si era ripromesso di ritornare a far visita al Padre Pio. Ad undici anni esatti da quel telegramma il Segretario della DC, dopo 55 giorni di prigionia in cui subì un processo “politico” da parte delle Brigate Rosse che chiesero invano uno scambio di prigionieri con lo Stato italiano, fu assassinato con una raffica di proiettili sparati dal brigatista Mario Moretti. L’ arma, una pistola munita di silenziatore, stranamente, era la stessa data in dotazione agli agenti appartenenti ai “Servizi di Sicurezza” dello Stato. Era il 9 maggio 1978. Il  corpo esanime di Moro, coperto da un lenzuolo rosso, fu fatto trovare dalle BR nel bagagliaio di una vettura di colore rosso, una Renault4,  parcheggiata in Via Michelangelo Caetani, a Roma. Padre Pio, venti anni prima, aveva visto tutto: “Moro, Moro, tu sei onorevole o disonorevole? Sta’ attento che si muore!”.
Tutti sorrisero quando il santo proferì quella frase, pensando ad una sua scherzosa “battuta”. Purtroppo tale non si rivelò. Pronunciando quelle parole il santo dimostrò di essere in possesso di uno straordinario carisma: la chiaroveggenza. Vedeva in anticipo avvenimenti futuri ed eventi del passato. Aveva visto in anticipo non solo la tragica fine della vita del politico pugliese ma anche il fiume di sangue che sarebbe stato versato prima della sua uccisione. Nel dicembre 1974 Aldo Moro ricopriva la carica di Ministro degli Esteri. Si era recato a Washington per incontrare il Segretario di Stato americano, Henry Kissinger. Gli Stati Uniti attraversavano in quel periodo storico una fase inquieta e turbolenta. Tra il 1973 ed il 1974 si snodò e si interruppe il secondo mandato presidenziale di Richard Nixon, 37esimo Presidente USA, Repubblicano, il quale stava vivendo il lungo, tormentato finale della sua carriera politica, conclusasi amaramente il 9 agosto 1974. Dopo aver perso atto di aver ormai perso totalmente la fiducia degli americani, Nixon presentò irrevocabilmente le sue dimissioni in seguito allo scandalo del “Watergate”, il caso di spionaggio politico più famoso al mondo. Nel corso del suo mandato Nixon intraprese nuove iniziative politiche per stabilizzare i rapporti con la Cina e l’Unione Sovietica. La politica estera americana, in quel periodo era protesa nel rinsaldare i legami di alleanza con il mondo occidentale. Un eventò contribuì a scinvolgere la situazione: scoppiò la guerra in Medio Oriente. Gli USA per controllare gli eventi concepirono una politica estremamente prudenziale, la cosiddetta politica dei “piccoli passi”. Tuttavia, molte importanti programmazioni volte a riconfigurare e calibrare la politica estera statunitense vennero completamente soppiantate dal caso ‘Watergate’. Nel 1972, a Washington, agenti segreti ed ex collaboratori dell’FBI  sottrassero documenti riservati dalla sede del “quartier generale” del partito democratico, allora situato nel complesso residenziale ‘Watergate”, allo scopo di nascondere microspie in vista delle elezioni presidenziali americane. Lo stesso Presidente Nixon, prima di dimettersi, aveva posto una domanda a Kissinger: “Ritiene giusto piazzare i carri armati intorno alla Casa Bianca?”.
Ironica la risposta del Segretario di Stato: “Signor Presidente, mi creda, non occorre arrivare a tanto. È sufficiente che lei si dimetta al più presto!”. Al tempo dell’incontro Moro-Kissinger il Presidente USA era Gerald Ford. Successe a Nixon. Ford era uno dei membri scelti dal Presidente Lyndon Johnson facente parte della Commissione Warren, istituita per dar luce sull’ uccisione di JFKennedy. Ford suscitò negli USA un’ondata di entusiasmo che per qualche tempo mise a tacere le ansie sul futuro degli States. Il Presidente Ford di fatto rappresentava la quintessenza dell’americano medio. Nell’incontro prenatalizio con Moro, il dottor Kissinger, preoccupato per la perdita di credibilità degli Stati Uniti agli occhi del mondo a causa del “Watergate”, disse apertamente e senza mezzi termini al Presidente Moro tre cose. La prima. Moro doveva abbandonare le linee della sua politica europeista, volta a conferire un ruolo di primo piano all’Italia nel ‘Vecchio Continente’, in sostanza lo invitava a sfiduciarsi da solo, relegando l’Italia ad avere un ruolo marginale in Europa, come dire, un ruolo di sola presenza. La seconda.
Moro doveva riflettere meglio sulle sue idee politiche. La terza. Lo statista democristiano doveva attenuare decisamente i toni del suo dialogo progressista con il  Partito Comunista Italiano, partito che in quel periodo, con la leadership del segretario generale Enrico Berlinguer, incarnava senza dubbio uno dei più forti partiti dell’Europa occidentale, unico partito irriducibile oppositore della “Balena bianca”, la DC. Kissinger fu fin troppo esplicito con Moro: “Presidente, la prego di riflettere attentamente su quello che le ho appena riferito, poichè qualora lei dovesse continuare  in questa sua direzione, rischierebbe di fare una brutta fine!”. Si disse che gli Stati Uniti non intervennero nel corso del rapimento Moro in quanto i Servizi Segreti italiani non informarono la CIA che le Brigate Rosse, nell’ambito della loro attività terroristica, erano collegate ad organizzazioni internazionali, evitando cosi un eventuale intervento USA nella liberazione del leader democristiano. Anche John Fitzgerald Kennedy, il più giovane presidente americano eletto e primo cattolico ad entrare alla “Casa Bianca”, sapeva di Padre Pio. Qualche mese prima di essere assassinato a Dallas, in Texas, il 22 novembre 1963, aveva scritto una lettera al santo, manifestando l’intenzione di volerlo incontrare.
Kennedy voleva rivoluzionare la politica interna e la politica estera degli Stati Uniti, dalla finanza alla sanità, dagli armamenti atomico-nucleari all’istruzione, ma lo attendeva al varco la “congiura” di Dallas. Dopo l’apice della guerra fredda USA-URSS, il famoso stallo Kennedy-Kruscev,  probabilmente il giovane presidente del partito democrarico stava per accordarsi con Fidel Castro per riprendere le relazioni diolomatiche con Cuba. Per impedire il riavvicinamento tra USA e Cuba fu ordito un complotto contro Castro. Quando esso fallì non restava che eliminare il 35esimo presidente americano. L’ ‘operazione Dallas’ fu un modello di organizzazione strategico-tattico sopraffine.  Una congiura che scattò impietosamente, non lasciando via di scampo a kennedy. Venne organizzato un fuoco incrociato ed un astuto piano per fare di Lee Oswald il capro espiatorio della situazione. Trascorsa circa un’ora dall’ uccisione di Kennedy seguì l’uccisione dell’agente Tippit, appartenente al dipartimento di polizia di Dallas. Negli Stati Uniti ed anche all’estero questi due eventi suscitarono universali richieste di spiegazioni.
Il 29 novembre 1963 il Presidente Lyndon Johnson nominò la Commissione investigativa per far luce sull’omicidio di Dallas. Nominò a capo della Commissione Earl Warren, Presidente della Corte Suprema degli Stati Uniti, precedentemente Governatore dello Stato della California. A meno di 48 ore dal suo arresto, Lee Harvey Oswald fu a sua volta assassinato nel seminterrato del dipartimento di polizia di Dallas con un colpo di pistola sparato da Jack Ruby. Si disse che non fu più possibile ricostruire la completa storia dell’omicidio di JFKennedy attraverso le normali procedure giuridiche durante il processo al presunto omicida. Probabilmente la CIA e l’FBI “confusero” le idee alla Commissione Warren, i cui atti furono resi pubblici a Washington il 27 settembre 1964. Si può certamente affermare che l’ assassinio del Presidente JFKennedy negli USA sta all’assassinio del Presidente Aldo Moro in Italia. Il caso Kennedy e il caso Moro hanno molto in comune. JFKennedy e Aldo Moro sono stati due grandi “rivoluzionari” della politica e della democrazia. Volevano cambiare con lucidità e fermezza molte cose nei loro rispettivi paesi. Volevano cambiare lo stile della politica estera   degli States e dell’Italia. Entrambi desideravano rafforzare libertà e democrazia. Credevano in un Occidente in grado di combattere per i suoi ideali e in una rete di solidarietà fra popoli liberi. Avevano però anche molti nemici, sia  in “casa” propria che in politica internazionale.
Forse troppi e non se ne erano accorti. Nemici che non consentirono ai due eccezionali statisti di attuare significativi cambiamenti nella storia degli Stati Uniti e dell’Italia. Kennedy e Moro con la loro visione politica avrebbero potuto cambiare il corso della storia. Il Presidente della,Repubblica più amato dagli italiani, Sandro Pertini, riguardo a Moro disse: “Se non fosse stato assassinato, lui e non io, avrebbe parlato dal Quirinale al posto mio”. L’ esistenza terrena di Padre Pio da Pietrelcina attraversò eventi epocali. La Prima Guerra Mondiale, oltre 600mila morti, la Profezia della Madonna a Fatima, la Rivoluzione russa, il Fascismo e l’antifascismo, l’avvento del Nazismo e il nuovo imperialismo tedesco, la Seconda Guerra Mondiale, tra 70 e 100milioni di morti, il “Patto d’ Acciaio” tra Hitler e Mussolini, la Conferenza di Yalta, la disfatta del Fascismo e del Nazismo, il Secondo dopoguerra, la costituzione dell’ONU, il contrasto politico ed ideologico tra Stati Uniti e Russia, la stipula del Patto Atlantico e la nascita della NATO, il sorgere di vari Istituti ed Organizzazioni internazionali, l’istituzione nel 1957 della Comunità Europea – oggi UE -, la tensione della guerra fredda USA-URSS tra il 1961e il 1963, le prime forme di ribellione giovanili nei confronti dei sistemi politici e l’alleanza fra i movimenti operai e i movimenti studenteschi del 1968. Tutti eventi di portata mondiale. Il senatore democristiano Stefano Cavaliere, affermato avvocato penalista nativo di Sant’Agata di Puglia (Foggia), nel 1967 si recò anche lui in visita da Padre Pio.
Il parlamentare aveva ricoperto nel corso della sua lunga carriera politica ben sette legislature consecutive. Aveva gestito incarichi di particolare prestigio. Fu ‘Componente’ del Consiglio d’Europa, nonchè Presidente dell’Assemblea e della Commissione di Difesa ed Armamenti del UEO. L’ UEO (Unione Europea Occidentale) era una organizzazione internazionale istituita per la sicurezza militare e la cooperazione politica. Oggi non esiste più. Fu sciolta nel 2011. Il senatore foggiano prima di entrare nelle fila della Democrazia Cristiana aveva fatto parte per “Partito Nazionale Monarchico”, rappresentandolo alla Camera dei Deputati per due legislature. In seguito, per quattro legislature, venne eletto alla Camera dei Deputati nel collegio Bari-Foggia. Dal 12 luglio 1983 al 1°luglio 1987, Cavaliere fu eletto senatore della Repubblica nel Gruppo Parlamentare della DC, nel collegio Foggia-San Severo. Quando il senatore dauno, accompagnato da due confratelli di Padre Pio, giunse nel piccolo salottino del convento, trovò il santo cappuccino seduto su una poltroncina in vimini. Era assorto in preghiera. Appena lo vide, con la corona del rosario tra le mani, sollevando leggermente la testa, il frate si voltò verso il parlamentare e con gli occhi fissi su di lui pronunciò una frase sibillina: “Cavaliere, Cavaliere senza cavallo, chi la voterà più questa democrazia?”. Il politico per più di qualche istante rimase interdetto, non avendo il coraggio di chiedere spiegazioni al frate. A cosa voleva realmente alludere Padre Pio con quella affermazione?. Era una profezia?. Si riferiva semplicemente alla fine della democrazia, intesa come partito politico?. In effetti la DC, di fatto, si dissolse storicamente il 18 gennaio 1994.  Oppure il santo preannunciava eventi che potrebbero preludere all’avvento di pericolose e potenziali dittature in grado di soppiantare  le odierne democrazie che, sempre più traballanti e afflitte da crisi di identità, oggi stanno “deteriorandosi” a causa di crescenti scandali e dilaganti corruzioni?.