Don Pierino Gelmini: martire o malfattore?

di Rita Occidente Lupo

Don Pietro Gelmini. In comunità “Don”. Per la cronaca, Don Gelmini. Per gli amici, don Pierino. Rinviato a giudizio, con vari capi d’accusa. Lui, il presbitero che nel ’79 aveva sottratto vittime al buco. Oggi, oltre 200 le sue comunità in tutto il mondo. Da Amelia, Terni, la terapia dell’accoglienza, dell’amore, dell’inserimento lavorativo. Incontro. Un nome, una promessa. Un programma, per venir fuori dalla droga. Uscendo dal tunnel della morte, per riprendersi la propria vita, in barba alla maledetta eroina. Tra difficoltà di sorta, lastricati d’incomprensioni, ma anche onorificenze. In tandem col francescano Padre Eligio, fratello di sangue e di vocazione,  fondatore di Mondo X. I due, sotto lo stesso cielo, per duellare contro quella famelica droga, che ancora dilania coscienze. Il boom negli anni in cui don Picchi, Muccioli ed altre realtà contro le tossicodipendenze, scrivevano la loro crociata nell’inquieto ’68. Don Pierino raccoglieva per strada corpi accartocciati. E lottava per far sì che i suoi ragazzi, potessero riappropriarsi dell’identità di figli di Dio. Senza imporre la fede. Solo sbriciolandola nella calendarizzata giornata. Negli anni, svariate denunce. Truffa, corruzione, abusi sessuali, pedofilia. Nell’occhio della Giustizia, pensò di chiedere al Vaticano d’essere restituito allo stato laicale, fino al termine delle querelle giudiziarie. Fidando nella Provvidenza. Poi nella giustizia terrena. Ben conscio che faccia più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce. Che gelosia, invidia e cattiveria scaturiscano dalla caducità. Anche sui suoi legami massonici, la bancarotta fraudolenta, la pedofilia, l’emissione di assegni a vuoto quand’era in Argentina.  Il carcere. E sugli agi che non gli mancavano prima di dar vita alle Comunità. Un’altra storia, che andrebbe chiarita, il suo sacerdozio: se romano o ortodosso. L’uso della mitra, dell’anello vescovile, della croce d’oro, insieme all’indebito titolo di Monsignore. Ora, don Gelmini attende. Ancora una volta. La giustizia divina o quella terrena? A giorni, il processo, rinviato solo per l’assenza del suo principale accusatore. Presunti abusi sessuali lo inchiodano.  Tirato in causa anche don Mazzi al quale, qualcuna delle vittime, ha aperto l’animo, da suo ex ospite in comunità. Vuotato il sacco, troppi crimini ascrivibili al don. Tranne quello d’essersi offerto come cavia nel ’90 per la lotta all’Aids! In quanto alle oltre 200 comunità terapeutiche, pullulanti in tutto il mondo, un affaire secondo molti. Con in passato anche la benedizione politica, sancita da un lauto assegno del cavaliere Berlusconi. Poco si menzionano le centinaia di ospiti, accolti in un momento collettivo da Papa Giovanni Paolo II. Come le oltre 300.000 vite in 44 anni del suo impegno, strappate alla droga. Restituite alla vita. Che abbia sposato la causa dell’umanità, restituendo a tante famiglie, i propri ragazzi, i suoi ragazzi, come ama chiamare i mille volti ai quali apre non solo le porte della Comunità, ma specialmente quelle del cuore, è palese. Da quando, quell’Alfredo della Provvidenza,  una sera gl’inciampò il cammino, tendendogli la mano, per stanare il degrado. Oggi la cronaca lo addita, malgrado le sue oltre 80 primavere, veglino il passo stanco. Di strada, ne ha fatta tanta! Indiziato ed incriminato, colpevole o innocente. La storia della Chiesa, con i suoi martiri in ogni tempo. Difesi dal silenzio del sinedrio! Verso il don, ancora mani tese da serrare! Un lestofante? Un maniaco sessuale?La sua coscienza gli porterà il conto. Prima o poi! Solo questione di tempo! Se fosse innocente, allora, gli onori degli altari, non potrebbero abiurarlo!