Quando il lavoro non paga
Prima ci è stato detto che c’è la crisi, poi che ne stiamo uscendo. Ci è stato detto persino che la crisi economica avrebbe eziologia psicologica, peccato che per molti il faticare a vivere sia un fatto dannatamente tangibile. Oggi la Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia ha affermato che la recessione è finita, domani chissà. Certo è che tante persone hanno perso il posto di lavoro e tante altre devono accettare ciò che viene loro offerto, bello o brutto che sia. Il caso dello stabilimento FIAT di Pomigliano D’Arco tiene giustamente alta l’attenzione di tutto il nostro Paese per gli alti numeri in gioco. Ma non c’è solo la FIAT. Sono tanti i lavoratori che, pur di non perdere il posto, accettano e subiscono ignobili ricatti nel silenzio e nell’indifferenza di tutti. Desidero raccontare, attraverso le sue parole, la storia di una giovane donna. Per tutelare non solo la sua privacy, ma soprattutto per evitarle possibili ritorsioni la chiameremo Rosa. Rosa è seduta proprio accanto a me mentre sto scrivendo, e ride con la freschezza tipica dei giovani di fronte allo pseudonimo che le ho attribuito. E’ solo un attimo, i suoi occhi, gli occhi di Rosa non ridono per molto, perché, seppur tanto giovane, Rosa ha già provato sulla sua pelle che il mondo non è fatto solo di persone oneste. Sono occhi saggi quelli di Rosa, sono occhi che hanno visto tanto. Rosa non è italiana, ma ciò, al fine della nostra storia vedremo che non è poi tanto rilevante. Viene da un Paese lontano la nostra Rosa, e sicuramente qualche spiacevole accadimento per il suo essere straniera lo avrà pure vissuto, ma in questo momento la sua storia è quella di tanti italiani che vivono sulla loro pelle la crisi, quella economica certo, ma soprattutto quella dei valori che legano, meglio dovrebbero legare, le persone tra di loro. Allora conosciamo attraverso questa intervista Rosa e la sua storia. D: “Rosa, tu sei in Italia da qualche anno, cosa ti ha portato nel nostro Paese?” R: “Il lavoro. La speranza di trovare un lavoro meglio retribuito rispetto a ciò che avrei potuto guadagnare nel mio Paese di origine.”D: “Hai potuto realizzare le tue aspettative?” R: “No, assolutamente. Credevo che la situazione che avrei trovato sarebbe stata molto diversa. Pensavo che sarebbe stata migliore.”D: “Puoi spiegare cosa immaginavi di trovare in Italia, e cosa ti ha maggiormente deluso?” R: “Pensavo di trovare subito un lavoro, ciò che mi ha deluso è vedere che il razzismo c’è, soprattutto tra le persone più anziane. Non tutte certo, ma ricordo i primi tempi dopo il mio arrivo, quando per spostarmi usavo l’autobus. Mi è capitato di sentirmi dire persino di alzarmi dal mio posto e lasciar sedere gli italiani. Ora, dopo anni, va meglio, però mi capita di osservare che una mia collega di colore viene sovente maltrattata per il colore della sua pelle.” D: “Puoi spiegare che lavoro svolgi, e a quali condizioni?” R: “Lavoro come Operatore Socio Assistenziale per una Società Cooperativa. Ho un contratto di lavoro a tempo determinato in prossima scadenza. In passato ho lavorato come cameriera a tempo indeterminato presso un locale, sono stata costretta a licenziarmi perché non mi veniva pagato lo stipendio. Il datore di lavoro mi aveva assunto con uno stipendio di circa 600 euro al mese per 40 ore di lavoro a settimana. Mi era stato detto che avrei avuto in nero un’integrazione di circa 200 euro, ma non ho visto nulla, solo qualche ricarica telefonica e basta. Dopo un anno ho detto basta. Poi ho iniziato a lavorare per questa Cooperativa e ho sempre avuto contratti a tempo determinato. Sei mesi rinnovabili. Vado avanti così da circa due anni.”D: “Lavori da due anni con contratto a tempo determinato?” R: “Si è così, quando scade il contratto lo prorogano, poi mi costringono a fermarmi venti giorni e poi mi riassumono. Se voglio lavorare è così, altrimenti niente lavoro. Più volte ho chiesto un contratto a tempo indeterminato, mi è stato risposto che non se ne parla perché se assumono qualcuno a tempo indeterminato poi questa persona va in malattia o non va a lavorare, oppure non lavora bene.” D: “Come ti regoli col permesso di soggiorno? Lo ottieni senza problemi con contratto a termine?”R: “No, ho molti problemi. A volte rischia di scadere il permesso di soggiorno dopo che mi è scaduto il contratto di lavoro. Devo correre tra Questura e datore di lavoro. Mi capita che in Questura non credano che io continui a lavorare con contratti a tempo determinato e proroghe.”D: “Almeno ti pagano regolarmente?” R: “Si, questo si. Però adesso che mi scade il contratto mi hanno detto che non hanno soldi per pagarmi il TFR. E spesso pagano lo stipendio in ritardo.” D: “Hai pensato di cambiare lavoro?” R: “Il mio lavoro mi piace, non è questo il mio problema. Vorrei cambiare datore di lavoro, ma non è facile. Vorrei potermi ammalare tranquillamente, senza aver paura di non vedermi rinnovare il contratto se vado in malattia. E’ successo, ad alcune colleghe. Vorrei poter fare le ferie, almeno ogni tanto, quando voglio io, non quando scade il contratto.”D: “Queste condizioni di lavoro sono uguali anche per le tue colleghe italiane?” R: “Si, è così per tutte.”D: “Pensi mai di lasciare l’Italia?” R: “Solo quando sono triste.” E’ doveroso da parte mia specificare a chi legge che le risposte di Rosa non sono testuali in quanto ella non possiede una padronanza così approfondita della lingua italiana, ma sono riportate il più fedelmente possibile. Ho voluto raccontare questa storia perché conosco bene Rosa da tempo, lavora duramente per mantenersi e mantenere la sua famiglia in Italia, si sacrifica e desidera solo un poco di stabilità, di sicurezza. E’ vero, c’è la crisi. In Liguria però le case di cura per la terza età crescono come funghi, i servizi per le persone anziane si moltiplicano. Chissà come mai però i diritti di chi lavora sono sempre più spesso calpestati. Certo che la crisi c’è, ma dove c’è tanta richiesta di servizi si dovrebbe sentire meno. Quando c’è la crisi della dignità umana, nulla vale più. Rosa ha imparato presto che non sempre il lavoro paga.