Sulla stampa libera..

Ferdinando Longobardi

C’è una legge, credo, che riguarda non solo le vicende sociali, ma l’intera nostra esistenza: tutto ciò che non si viene a sapere, non esiste. È un po’ la vecchia disputa su chi ha scoperto per primo l’America: forse è vero che sono stati i vichinghi, ma non l’hanno fatto sapere a nessuno. E così l’ha scoperta Colombo. Una seconda cosa importante è che ciò che fa di un paese un’autentica democrazia non sono tanto e solamente le elezioni, quanto una stampa forte e intraprendente. Senza la stampa, infatti, un singolo cittadino che cosa potrebbe fare per difendersi da una legge secondo lui sbagliata? Aspettare la prossima chiamata alle urne, magari dopo qualche anno? E poi, che andrebbe a dire: non votate il partito X perché – ad esempio – il decreto sulla marmellata non ci piace? Con tanti altri problemi e questioni in apparenza più gravi? E se poi il partito Y, vinte a sua volta le elezioni, farà peggio? Dunque solo una stampa intraprendente e attenta permette ai cittadini di far sentire quotidianamente la loro voce. In una democrazia indiretta come la nostra, composta da oltre quaranta milioni di elettori (vale a dire in cui il voto del singolo equivale a una frazione prossima allo zero), ciò che ci rende in qualche modo più simili a cittadini che a sudditi sono solo i mezzi di informazione, e principalmente la stampa.Sì, lo so: è la stessa stampa che sbaglia, che ingigantisce, che deforma, che accusa e poi non assolve, che sbatte il mostro in prima pagina. Ma le cose grandi hanno difetti grandi. E la stampa italiana, ogni giorno, da una concreta dimostrazione di essere non solo grande, ma, sia pure con qualche eccezione, libera.