Il processo

                                                       Fulvio Sguerso

 All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, in seguito allo scandalo di Tangentopoli, era  sembrato che prendesse corpo la profezia di Pier Paolo Pasolini  invocante un processo – penale, certo, ma anche storico ed etico- politico – che vedesse sul banco degli imputati, “lucidato dai calzoni di tanti poveri cristi”, l’intera classe dirigente della prima Repubblica.  Pasolini imputava al potere sostanzialmente oligarchico dei partiti di governo, e al sistema clientelare e corruttivo sul  quale si reggevano, il degrado ambientale (di cui  ravvisava un sintomo nella scomparsa delle lucciole  a causa dell’inquinamento delle rogge e degli stagni negli hinterland industrializzati), morale ed estetico del popolo italiano, della sua antica anima  cattolica e della sua cultura contadina e operaia, anima e coscienza che nemmeno il fascismo aveva potuto intaccare nel profondo, e che invece le nuove generazioni stavano perdendo, abbagliate dai nuovi miti del consumismo e della vita facilitata, propagandati e magnificati dai potenti mezzi di comunicazione di massa, in primo luogo dalla televisione, soprattutto da quella commerciale e giù giù da quella poi definita “tv spazzatura”. Ben presto le speranze palingenetiche suscitate da un’improbabile “rivoluzione  per via giudiziaria” si rivelarono ingenue e infondate, e le dimissioni  del magistrato simbolo di quella spettacolare ventata “giustizialista”, Antonio Di Pietro, ne segnarono pubblicamente l’archiviazione. Oggi la situazione di degrado delle istituzioni e dello spirito pubblico nel nostro smemorato e tragicomico Paese è ben più grave di allora, e non bastano certo le pur meritorie denunce di una élite di alcuni illuminati “moralisti” per risalire una china che, di compromesso in compromesso, di cedimento in cedimento, di legge ad personam a legge ad personam, di scandalo in scandalo, ci ha ridotto a questo marasma populistico-mediatico in cui si mescolano  vizi pubblici con vizi privati, politica, sesso e comparaggio, criminalità organizzata e organizzazione del consenso. Questa non è più una Repubblica democratica fondata sul lavoro, noi oggi siamo in una specie di “sultanato”  fondato sugli affari (e malaffari) privati contrabbandati come “bene comune”. Prova ne sia la privatizzazione e devastazione in atto di quel bene comune che si chiama patrimonio artistico e paesaggistico della nazione. Altro che scomparsa delle lucciole! Qui sta scomparendo il territorio sotto le colate di cemento e sotto i nostri occhi sbigottiti. E l’opposizione che cosa fa? Ahimè, sta litigando al solito sulle alleanze e sugli assetti di potere del dopo-Berlusconi con il Cav. ancora in sella, il quale punta proprio sulla confusione tattico-strategica della, anzi, delle minoranze parlamentari per ricompattare la sua già bulgara maggioranza – cercando anche di ricondurre all’ovile qualche smarrita pecorella finiana, naturalmente con argomenti del tutto ideali, come la fedeltà al mandato elettorale ( malgrado il particolare secondario che, secondo la vigente Costituzione, chi viene eletto sia “senza vincolo di mandato”) -. Ma queste sono sottigliezze formali, “quisquilie e pinzillacchere” (direbbe Totò). Non per niente questo centro-destra  di lotta e di governo  tutto per la “sostanza” e per il “fare” libero da impacci giuridici, aborre le procedure formali – definite “formalismi”- invocando le regole non scritte della costituzione “materiale” contro l’obsoleta costituzione “legale”. Ma i giuristi sanno che senza codici scritti e senza  garanzie procedurali, quindi formali, a prevalere sarebbe la legge della giungla, e la giustizia sarebbe sempre quella del più forte (o del più ricco). Nel nostro (bel?) Paese stiamo assistendo al tentativo di trasformare l’illegalità materiale in legalità “costituzionale” attraverso colpi di mano di una maggioranza parlamentare funzionale alle esigenze processuali del  Presidente del Consiglio; il quale  – non credo sia più un mistero per nessuno – mira al Quirinale    per concludere (si fa per dire) in bellezza (e nell’impunità) la sua brillante carriera di imprenditore  -politico , o politico-imprenditore che dir si voglia.  Sotto lo scudo, possibilmente, di una bella legge ad hoc. A che cos’altro mirava l’estensione al Presidente della Repubblica del  cosiddetto “lodo Alfano costituzionale” ? Ma il Presidente della Repubblica è già tutelato dalla vigente Costituzione “legale” e non ha bisogno di ulteriori scudi ad personam, come ha opportunamente voluto chiarire il presidente Napolitano. Spiazzando, oltre al ministro Alfano e ai tanti avvocati del Cav, anche il “compagno” Fini, che infatti ha riaperto il contenzioso sulla giustizia all’interno della (ancora) maggioranza.

 

6 pensieri su “Il processo

  1. A me capita di rimpiangerla la Prima Repubblica, dopo averne tanto pensato male. Se la confronto con quella dei giorni nostri, la prima cosa che mi viene in mente è Andreotti che alla fine si fa processare, oppure Leone che si dimise per una compravendita di aerei di stato. Certo allora avevamo la chiesa e le ideologie forti. La politica agiva in nome di esigenze collettive, del bene comune, e gli ospiti disdicevoli magari non li si faceva accomodare in salone. Allora c’era Pasolini, oggi ascoltiamo Sgarbi.

  2. Salve, Sig. Sguerso, contenta di ritrovarla! Complimenti per questo articolo di ampio respiro e di elevata competenza critica. Cominciavo a dubitare che questo giornale fosse un pò troppo di parte. Sottoscrivo ogni sua parola, sig. Sguerso, tranne un punto, che però, a quanto mi sembra di capire,lei stesso non condivide, comunque mi da l’occasione per dire la mia opinione in proposito: Di Pietro giustizialista.
    Io penso che sia ora di smetterla con certe definizioni allusivamente negative nei confronti di una persona, che, pur con tutti i suoi limiti “e quant’altro”, Di Pietro è l’unico che fa opposizione in questo Paese, che si batte per la Giusitzia e per la certezza della pena nei confronti di chi deve scontare un debito con la società.Credo che così si faccia in tutti i paesi cosiddetti civili . Ma questo non è giustizialismo è solo applicazione di una giustizia giusta! Inoltre, vorrei ricordare che Di Pietro è stato l’unico a dimettersi da ministro per andare a difendersi in tribunale, dove era stato trascinato con accuse infondate. Quanti possono vantarsi di aver fatto questo? Nessuno!!! E’ l’unico che si batte per i diritti di tutti e non solo di Uno o di pochi. E’ l’unico capace di chiamare le cose con il loro nome e che sa opporsi ai sig. dei privilegi personali (vd.infinite ,oramai, leggi ad personam) con il coraggio e la forza dell’onestà. Non c’è nessun altro capace di usare parole dirette e chiare e ciò non è poca cosa in un’epoca in cui uno dei grossi problemi che ci tocca risolvere è proprio la distruzione semantica del linguaggio e l’impegno di ricreare una lingua condivisa e comprensibile da tutti.Questo è basilare per la soluzione di qualunque altro problema, come afferma lo stesso Don Ciotti.Pertanto,diamo a Di Pietro quel che è di Di Pietro e non solo false etichette.Lei coosa ne pensa,sig. Sguerso? La saluto cordialmente sperando di leggerla più spesso.

  3. La ringrazio, gentile e ben “ritrovata” Civetta, per le sue gentilissime parole. Lei mi dà modo di fugare subito il suo dubbio: come ha notato ho usato il termine “giustizialista” mettendolo tra virgolette, per segnalare che citavo l’espressione usata dai tanti avvocati del Cav. per liquidare quella stagione che sembrava preludesse a un rinnovamento effettivo di una classe politica ormai ostaggio dei finanziatori occulti e priva dei necessari anticorpi per prevenire l’inevitabile, a quel punto, azione giudiziaria da parte di magistrati che non fossero “amici degli amici”. Purtroppo, come vede, al peggio non c’è mai fine.

    A panormo. Anch’io rimpiango, per certi aspetti, la Prima Repubblica, non fosse altro perché il clima e il “dibattito” cuturale era più intenso e civile; ma non posso dimenticare le trame golpiste e le stragi di Stato di cui ancora oggi non conosciamo i mandanti, e che proprio Pasolini, incautamente, aveva dichiarato, in un famoso articolo apparso in prima pagina sul Corriere della Sera, di conoscere, ma di non avere le prove. Di lì a poco il suo corpo straziato fu trovato all’Idroscalo di Ostia. Quanto a Vittorio Sgarbi, io né lo guardo né l’ascolto. Grazie per il suo commento.

  4. Il Dr Fulvio Sguerso? un’altro simpaticissimo intellettuale della vecchia guardia che mi onoro potergli dare il “ben tornato” su “dentro Salerno”. Saluto anche la bravissima “Civetta ” che ci offre sempre ottimi spunti da commentare. Con la Giovanna Rezzoagli, con Fulvio Sguerso e con Civetta, mi trovo ad imparare la sapienza all’infinito. Grazie.

  5. Anch’io sono contento, caro signor Alfredo, di ritrovarla su queste pagine che,le dico la verità, erano mancate anche a me. E poi, cosa vuol mai, sentire che una gentile persona come lei ha qualcosa da imparare dal sottoscritto – ormai “vecchio” prof. senza più allievi – mi commuove e mi conforta. Ma sappia che anch’io ho molto da imparare da lei, signor Alfredo, dalla sua sincerità, dalla sua esperienza e dalla sua gentilezza d’animo. Dunque, a rileggerci presto.
    Con stima,
    Fulvio Sguerso

  6. Troppo gentile Alfredo, come al solito. Ma tutti abbiamo qualcosa da imparare dagli altri. Anche tu sei fonte di sapienZa, quella che deriva da una vita vissuta intensamente in tutte le sue vibrazioni e in tutte le sue sfumature, direi in tutta la sua carica di umanita’, che ti contraddistingue ancora oggi.Un abbraccio cordiale.

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