Sassano: ai confini della denuncia

Roberto De Luca

Da ultimo si è assistito a un a sana attività di denuncia ambientale, anche da parte delle pubbliche amministrazioni, in terra di nessuno, in altre parole ai confini tra vari paesi. In questo modo la responsabilità del reato ambientale è condivisa e l’eventuale autodenuncia, immediata e consequenziale, evitata. Da qualche tempo abbiamo cercato (invano!) di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla questione del boschetto paleo-palustre a Sassano, destinato, dall’amministrazione locale, ad una zona di insediamento industriale. Oggi possiamo dire che lo scempio è ultimato. Un “sito di pregio ambientale”, così come definito dalla delibera n. 3 del 13 febbraio 2003 della Comunità Montana, all’atto dell’approvazione della “Carta di destinazione d’uso del territorio”, è ormai una discarica abusiva, come questa ricca documentazione fotografica mostra. L’attacco al boschetto è completato e la classe dirigente (istituzioni tutte comprese) può adesso sentirsi soddisfatta: non solo il boschetto è stato tagliato in due da una strada di recente fattura e già fatiscente, ma esso è adesso compresso tra il cemento e materiale di ogni genere. Addirittura qualcuno, nel tentativo di recuperare più terreno calpestabile, sta invadendo la palude con materiale di ogni sorta. La natura saprà, lentamente prendersi la rivincita, ma l’insipienza dell’uomo è ormai tale che anche la nostra denuncia, che depositeremo alle autorità competenti, sarà vana, se non ci sarà una presa di coscienza collettiva, a cominciare dalle autorità preposte al controllo. Avevamo paventato quello che stava accadendo. Tuttavia, mai ci saremmo aspettati che un sito di pregio ambientale potesse essere tramutato in una discarica abusiva. La nostra proposta era quella di tramutare quest’area in un laboratorio didattico per le scolaresche che avessero voluto visitare l’ultima traccia della palude, quale era la vallata prima della bonifica. Si sarebbe costruito un laboratorio naturalistico per la preservazione della biodiveristà e per l’accoglienza degli studenti. Si è preferito costruire (si fa per dire) una zona industriale. Si è preferito cancellare anche l’ultima testimonianza della natura quale essa era nella vallata. Si è preferito lasciare che i nuovi barbari facessero il resto nell’indifferenza di tutti. Il vicolo cieco, alla fine della strada, sbarrata da materiale di risulta, è forse l’amaro destino di queste terre? So che arriveranno minacce, velate e non, anche sotto forma di benevoli consigli (il solito “chi te lo fa fare”, oppure il “pensa alla tua famiglia”). Tuttavia, la rabbia è tale che la mia gola non ce la fa a gridare l’amarezza che provo per quello che sta accadendo. Una persona che lotta da sola, senza il conforto della pubblica opinione, della stampa, delle istituzioni, tuttavia, è sempre una persona sola. Sarà per questo che, da domani, mi aspetto che tutti, dico tutti, si indignino per quello che abbiamo sotto i nostri occhi?