Assenteismo: peggio degli anni ’70
Aldo Bianchini
C’era una moda, quasi uno status simbol, per i magistrati (PM) degli anni ’70 e ’80: quella di irrompere negli uffici pubblici per acciuffare chi non si trovava impegnato sul proprio posto di lavoro. Si cingevano d’assedio gli uffici, si faceva irruzione negli stessi, si chiedevano le liste di presenza e poi si passava alla conta dei presenti e degli assenti. Insomma, in quegli anni, i PM d’assalto diedero vita ad un periodo storicamente definito “la stagione della caccia alle streghe”. Una stagione che, fortunatamente, durò pochissimo tempo, ma sufficiente a dare a quei PM la notorietà necessaria per imporsi prepontemente all’attenzione dell’opinione pubblica. Sul piano squisitamente giudiziario quei blitz, quelle perquisizioni ed anche quei pochi arresti non diedero i risultati sperati, ma alla gente comune questo è un dato che poco importa, e pochissimi furono i condannati. Mediaticamente quella stagione diede, però, la stura a provvedimenti più restrittivi nel pubblico impiego che venne pervaso dall’incalzante tecnologia con i famosi cartellini orari magnetici e quant’altro di innovativo dal punto di vista telematico. Ma nè i blitz nè i cartellini sono mai serviti a far aumentare la produzione e, dunque, il lavoro del pubblico dipendente che, da quegli anni, ancor più di prima è andato verosimilmente alla ricerca di meccanismi utili a combattere l’invadente tecnologia. Bene avrebbero fatto quei PM ad entrare nella p.a. al fine di moralizzarla dal punto di vista del lavoro e non per la sola presenza e/o assenza. I casi del dirigente della ASL, dott. Trotta (che non conosco assolutamente), e quello del Vigile Urbano che ha manomesso il computer del comando per nascondere le presunte manchevolezze della sua amante-vigile, ripropongono quella stagione in maniera abbastanza confusa ed antistorica; la voglia dei PM di notorietà è diversa e più inquietante di quella palesemente evidenziata negli anni ’70. Di questo vorrei che tenesse conto il PM di oggi dott. Roberto Penna che sembra quello più aggressivo e più disponibile a moralizzare la vita lavorativa, comunque distorta, all’interno del pubblico impiego. Non è con la colpevolizzazione di un solo soggetto (probabilmente innocente!!) che si raggiunge lo scopo, bisognerà tutti impegnarsi attraverso un messaggio culturale serio e coinvolgente. Solo così potremo risalire la china del baratro in cui siamo un po tutti, anche i magistrati, precipitati.
Aldo ha centrato in pieno il problema: innanzitutto non si può – in nessun campo – “far di tutt’erba un fascio”; in secondo luogo la mania di protagonismo e la sete di visibilità di certi magistrati fanno molti più danni – spesso irreparabili – dei “peccati” di latitanza di alcuni pubblici dipendenti; infine, il contrasto all’assenteismo è legittimo, ma serve poco al progetto di rendere la pubblica amministrazione più snella e meno burocratica e, soprattutto, più produttiva e funzionale per la collettività. Il sistema meritocratico – con il monitoraggio costante di produzione e qualità – è la soluzione più efficace, ma per farlo decollare è necessario si verifichi ciò che scrive l’autore dell’articolo: cioè che cambino anche la nostra cultura e la nostra mentalità.